No, il governo non ha eliminato il numero chiuso a medicina

I ministri Tajani e Bernini hanno parlato di «riforma storica» e di «obiettivo raggiunto», ma il testo approvato in commissione prevede un’altra cosa
Ansa
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Il 16 ottobre alcuni ministri del governo Meloni hanno esultato per l’approvazione in Commissione Cultura al Senato di un disegno di legge che, secondo loro, elimina il numero chiuso per i corsi di laurea in medicina, odontoiatria e veterinaria. «Finalmente diciamo basta al numero chiuso. Una riforma storica che darà nuova linfa al sistema sanitario nazionale e non costringerà più alcune regioni a chiamare medici stranieri. Avanti!», ha scritto su X il ministro degli Esteri Antonio Tajani, segretario di Forza Italia. «Obiettivo raggiunto: superiamo il numero chiuso», ha commentato la compagna di partito e ministra dell’Università Anna Maria Bernini.
In realtà le cose non stanno proprio così: il disegno di legge approvato in commissione al Senato – che ora dovrà ottenere il via libera dell’aula e poi passare alla Camera – non elimina il numero chiuso per la facoltà di medicina, ma interviene in maniera diversa sull’accesso a questi corsi di laurea.

I testi sulla riforma del numero chiuso

Il 16 ottobre la Commissione Cultura del Senato, presieduta dal senatore della Lega Roberto Marti, ha concluso l’esame di un disegno di legge di riforma del sistema di accesso ai corsi di laurea di medicina, odontoiatria e veterinaria.

Il testo approvato in commissione è frutto dell’unione di cinque disegni di legge, che chiedevano di modificare le modalità di accesso a queste facoltà. Tra questi, un disegno di legge dell’Assemblea regionale siciliana (ARS), guidata da una giunta di centrodestra, chiedeva di abolire il numero chiuso alle facoltà di «medicina e chirurgia, di medicina veterinaria, di odontoiatria e protesi dentaria e per i corsi di laurea specialistica delle professioni sanitarie». Il disegno di legge presentato dallo stesso Marti prevedeva l’abolizione del numero chiuso a medicina e una «delega al governo per quanto riguarda la revisione e il riordino del sistema di svolgimento delle attività formative universitarie di questa facoltà». Anche il testo del senatore di Forza Italia Claudio Fazzone conteneva al suo interno la trasformazione della facoltà di medicina e chirurgia in un corso di laurea a numero aperto, mentre un disegno di legge della senatrice Carmela Bucalo (Fratelli d’Italia) introduceva al posto dei test d’ingresso un semestre iniziale di lezioni aperte a tutti, al termine del quale gli studenti avrebbero sostenuto dei test per validare il loro livello di preparazione e stabilire una graduatoria degli studenti ammessi alla facoltà di medicina. 

Infine un testo presentato dalla senatrice Ylenia Zambito (Partito Democratico), unica tra i partiti del centrosinistra, chiedeva al governo di potenziare il numero di posti disponibili ai corsi universitari in medicina e chirurgia.

Che cosa prevede il testo approvato in commissione

Lo scorso aprile, durante l’esame in commissione, i cinque disegni di legge sono stati accorpati in un unico testo (un “testo base”) intitolato “Delega al governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia, in odontoiatria e protesi dentaria e in medicina veterinaria”. 

Il testo unificato è una sintesi dei disegni di legge delle senatrici del Partito Democratico e di Fratelli d’Italia: il disegno di legge è infatti una legge delega — come quella di Zambito — che chiede al governo di intervenire con una serie di decreti legislativi per rendere libero l’accesso al primo semestre delle facoltà sanitarie — come la proposta di Bucalo — superato il quale gli studenti da ammettere al secondo semestre saranno valutati attraverso una graduatoria che tiene conto in particolare degli esami sostenuti durante l’anno accademico di riferimento.

In parole semplici, il testo approvato dalla Commissione Cultura del Senato non prevede un’abolizione del numero chiuso per la facoltà di medicina, ma solo l’eliminazione dei test d’ingresso come strumento di selezione, che verrà sostituito da una graduatoria basata sui risultati degli esami previsti nel primo semestre di università. Se dopo il primo semestre gli iscritti non avranno conseguito tutti i crediti formativi previsti per quel periodo, non saranno ammessi al semestre successivo.

Proprio per questo motivo, la legge delega stabilisce che i crediti formativi universitari (CFU) conseguiti durante il primo semestre di studi aperto possano essere riconosciuti anche negli altri corsi universitari dell’area biomedica, sanitaria, farmaceutica e veterinaria, in modo che gli studenti non ammessi al secondo semestre a numero chiuso possano proseguire il loro percorso in un’altra facoltà senza dover ripetere due volte gli stessi esami. 

Durante l’esame del testo in commissione, è stato approvato un emendamento dei senatori del PD, di Italia Viva e del gruppo Misto per consentire agli studenti di medicina, odontoiatria e veterinaria l’iscrizione a un altro corso di laurea limitatamente al primo semestre universitario. 

Dopo il via libera della Commissione Cultura, il testo unificato passa all’esame dell’aula del Senato, che potrà modificarlo a sua volta. Una volta approvato dal Senato, il testo passerà alla Camera per il via libera definitivo. Secondo fonti stampa, il governo vorrebbe introdurre queste novità a partire dall’anno accademico 2025/2026, ma tutto dipende da quanto tempo impiegherà il Parlamento ad approvare la norma in via definitiva e il governo a pubblicare i decreti legislativi necessari per attuarla.

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