La retromarcia di Meloni sui “diritti speciali di prelievo” del Fondo monetario internazionale

Diceva di usarli per aiutare l’economia italiana, ora la legge di Bilancio li presta ai Paesi in via di sviluppo
EPA/STEPHANIE LECOCQ
EPA/STEPHANIE LECOCQ
Chi ha seguito con particolare attenzione l’ultima campagna elettorale forse si ricorderà di uno specifico passaggio nell’unico confronto tra il segretario del Partito democratico Enrico Letta e la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, organizzato il 12 settembre dal Corriere della Sera. In quell’occasione, Letta aveva rinfacciato a Meloni di aver proposto, a maggio 2020, di sfruttare le risorse del Fondo monetario internazionale (Fmi), e non quelle dell’Unione europea, per rispondere all’inizio della pandemia di Covid-19. Poco dopo il primo lockdown, a essere precisi, la leader di Fratelli d’Italia aveva bocciato la possibilità di chiedere aiuto al Meccanismo europeo di stabilità (Mes), proponendo comunque di sfruttare i cosiddetti “diritti speciali di prelievo” del Fmi per far fronte alla nascente crisi economica.

Ora che Meloni è diventata presidente del Consiglio sembra aver cambiato idea sul suo piano iniziale, come ha evidenziato anche il giornalista Luciano Capone su Il Foglio.

La proposta di Meloni sui “diritti speciali di prelievo”

Facciamo un passo indietro di quasi tre anni. Il 27 maggio 2020 il Corriere della Sera ha pubblicato una lettera di Meloni, in cui chiedeva al governo di convincere la maggioranza degli Stati membri del Fondo monetario internazionale a «generare liquidità internazionale» a costo zero, attraverso i “diritti speciali di prelievo”, da utilizzare nel contrasto della pandemia. All’epoca avevamo analizzato più nel dettaglio la proposta di Meloni, che qui riassumiamo in estrema sintesi. 

I “diritti speciali di prelievo” non sono una valuta vera e propria, come lo sono il dollaro e l’euro, ma, semplificando un po’, sono risorse che permettono di essere scambiate per ottenere valute forti. Sono creati «dal nulla» dal Fondo monetario internazionale, ma non nello stesso senso con cui una banca centrale, per esempio, stampa moneta. I “diritti speciali di prelievo” infatti sono nati alla fine degli anni Sessanta come risorsa di valore complementare all’oro o altre valute. In passato, il loro utilizzo è stato proposto da più parti soprattutto per aiutare Paesi con economie emergenti, che non hanno valute forti e possono trovarsi in difficoltà sul piano finanziario. 

A poche settimane dall’inizio della pandemia di Covid-19, era stata avanzata una proposta a livello internazionale, sostenuta anche da Meloni, per creare circa 1.250 miliardi di euro in diritti speciali di prelievo, che sarebbero stati suddivisi tra i Paesi membri del Fondo monetario internazionale in base alle loro quote. All’Italia sarebbero spettati diritti speciali di prelievo per un valore pari a 40 miliardi di euro.

Ad agosto 2021, il Fondo monetario internazionale ha deciso di emettere 456,6 miliardi di diritti speciali di prelievo, con un valore pari a 650 miliardi di dollari, distribuiti tra i vari Paesi dell’organizzazione. «Mi auguro che questa volta governo e presunti esperti mettano da parte la loro immotivata spocchia e prendano seriamente in considerazione la proposta» di usare queste risorse contro la crisi, «così come è abituato a fare Fratelli d’Italia: senza preclusioni ideologiche, sempre e solo nell’interesse dell’Italia», aveva scritto il 10 agosto 2021 Meloni in una lettera al Corriere della Sera.

La proposta del governo Meloni

Una volta arrivati al governo, Meloni e Fratelli d’Italia sembrano però aver cambiato idea rispetto al loro piano iniziale, o perlomeno lo hanno accantonato. Durante l’esame del disegno di legge di Bilancio, in Commissione Bilancio alla Camera è stato approvato un emendamento, presentato dal governo, che riguarda la «partecipazione dell’Italia ai programmi del Fondo monetario internazionale». 

L’emendamento stabilisce che la Banca d’Italia «è autorizzata a concedere al Fondo monetario internazionale un prestito da erogare a tassi di mercato nei limiti di 1,89 miliardi di “diritti speciali di prelievo”» per favorire l’avvio del Resilience and sustainability trust. Quest’ultimo è uno strumento pensato dal Fondo monetario internazionale per redistribuire l’ultima allocazione dei diritti speciali di prelievo tra i Paesi più poveri, per aiutarli a contrastare la crisi economica causata dalla pandemia. 

Dunque, tra il 2020 e il 2021, Meloni ha più volte proposto di utilizzare i “diritti speciali di prelievo”, storicamente usati a favore dei Paesi più poveri, come risorse per sostenere e rilanciare l’economia italiana. Una volta diventata presidente del Consiglio, il suo governo ha abbandonato questa idea, tant’è che con la legge di Bilancio per il 2023 ha proposto di concedere in prestito una parte dei “diritti speciali di prelievo” dell’Italia per aiutare gli Stati in via di sviluppo maggiormente colpiti dalla crisi.

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