Sembrava l’occasione giusta per riformare regole vecchie e da tempo criticate da istituzioni internazionali e autorità di controllo italiane. Invece, il disegno di legge delega per la riforma delle norme sui conflitti di interesse di chi ricopre incarichi di governo è fermo da oltre un anno in Parlamento, senza alcuna prospettiva di approvazione definitiva.
Un conflitto di interesse si verifica quando un politico o un funzionario pubblico, nel ricoprire un determinato ruolo istituzionale, può trarre un vantaggio personale dalle decisioni che prende, perché ha un interesse diretto in quell’ambito. Un esempio è quello di un ministro che mantenga incarichi dirigenziali in un’azienda privata o pubblica, una condizione vietata dalle norme oggi in vigore in Italia.
Come vedremo, proprio queste leggi sono state più volte contestate da istituzioni come il Consiglio d’Europa e l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), che hanno invitato Parlamento e governo a rafforzare una normativa giudicata troppo debole. Nonostante ciò, la politica ha fatto poco per intervenire.
Durante questa legislatura, a fine maggio 2024 la Camera ha approvato un disegno di legge delega al governo per riordinare e aggiornare la normativa sui conflitti di interessi. La proposta nasceva da un’iniziativa del Movimento 5 Stelle, che puntava a introdurre regole più stringenti, ma nel corso dell’esame parlamentare il centrodestra ha di fatto riscritto il testo, trasformandolo in una delega al governo.
Come suggerisce il nome, una legge delega consente al Parlamento di trasferire al governo il potere legislativo su un tema specifico, entro limiti e tempi stabiliti. Il governo può così emanare decreti legislativi, da non confondere con i decreti-legge. Nella pratica, però, le leggi delega vengono spesso attuate con grande ritardo. E infatti quella sui conflitti di interesse è oggi ferma al Senato: fonti interne al governo hanno spiegato a Pagella Politica che non è tra le priorità da portare a termine.
Un conflitto di interesse si verifica quando un politico o un funzionario pubblico, nel ricoprire un determinato ruolo istituzionale, può trarre un vantaggio personale dalle decisioni che prende, perché ha un interesse diretto in quell’ambito. Un esempio è quello di un ministro che mantenga incarichi dirigenziali in un’azienda privata o pubblica, una condizione vietata dalle norme oggi in vigore in Italia.
Come vedremo, proprio queste leggi sono state più volte contestate da istituzioni come il Consiglio d’Europa e l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), che hanno invitato Parlamento e governo a rafforzare una normativa giudicata troppo debole. Nonostante ciò, la politica ha fatto poco per intervenire.
Durante questa legislatura, a fine maggio 2024 la Camera ha approvato un disegno di legge delega al governo per riordinare e aggiornare la normativa sui conflitti di interessi. La proposta nasceva da un’iniziativa del Movimento 5 Stelle, che puntava a introdurre regole più stringenti, ma nel corso dell’esame parlamentare il centrodestra ha di fatto riscritto il testo, trasformandolo in una delega al governo.
Come suggerisce il nome, una legge delega consente al Parlamento di trasferire al governo il potere legislativo su un tema specifico, entro limiti e tempi stabiliti. Il governo può così emanare decreti legislativi, da non confondere con i decreti-legge. Nella pratica, però, le leggi delega vengono spesso attuate con grande ritardo. E infatti quella sui conflitti di interesse è oggi ferma al Senato: fonti interne al governo hanno spiegato a Pagella Politica che non è tra le priorità da portare a termine.