L’intervento del rapper Fedez al Concertone del Primo Maggio ha lasciato un lungo strascico di polemiche. Il cantante ha accompagnato la propria esibizione con un monologo a favore della legge Zan contro l’omotransfobia, riportando anche frasi di alcuni esponenti locali della Lega sugli omosessuali.

Dal palco, Fedez ha denunciato il tentativo da parte della Rai di censurare il suo discorso e in particolare nomi e cognomi dei politici leghisti. Dopo la smentita dell’azienda, nella notte fra il 1° e il 2 maggio il rapper ha pubblicato una versione tagliata della telefonata, nella quale l’organizzatore della manifestazione Massimo Bonelli e la vicedirettrice di Rai 3 Ilaria Capitani hanno cercato di convincerlo a omettere i riferimenti ai politici leghisti perché «inopportuni» senza contradditorio.

Al di là dello scontro fra l’artista e la Rai, torniamo al tema a cui era dedicato il monologo di Fedez: il ddl Zan. Il cantante ha attaccato il presidente della commissione Giustizia al Senato, il leghista Andrea Ostellari, accusandolo di voler bloccare il provvedimento.

Vediamo insieme che cosa prevede la legge Zan contro l’omotransfobia e a che punto è l’iter parlamentare.

Il percorso accidentato del ddl Zan

Il 4 novembre 2020 la Camera ha approvato per la prima volta con 265 sì e 193 no la proposta di legge contro l’omotransfobia, nota come legge Zan dal nome del relatore, il deputato Pd Alessandro Zan.

Subito dopo il provvedimento è stato trasmesso al Senato, dove però è rimasto bloccato per mesi, fondamentalmente per due motivi. Il primo è stato il cambio di governo: alla fine del 2020 il governo Pd-M5s è entrato in una lunga crisi sotterranea che è poi esplosa a gennaio 2021 e ha portato alla formazione di un nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi a febbraio. Il secondo: il nuovo governo è nato con l’appoggio di una maggioranza molto larga, che include tutti i partiti in Parlamento tranne Fratelli d’Italia e qualche gruppo minore.

La legge Zan contro l’omotransfobia, quindi, è rimasta incastrata in questo imprevisto cambio di scenario politico che ha portato i partiti a favore del testo (Pd-M5s-Leu-Iv) a governare con le forze politiche che vi si oppongono, ovvero Forza Italia e Lega.

Da marzo, i senatori che sostengono il testo hanno cominciato a chiederne la calendarizzazione – in altri termini, a spingere perché proseguisse l’iter parlamentare – in commissione Giustizia. La commissione in questione, però, è presieduta dal leghista Andrea Ostellari, il quale è riuscito a ottenere numerosi rinvii senza inserire il testo in calendario. Ciò è avvenuto per lo più nel rispetto del regolamento, ma in almeno un caso andando contro alle regole del Senato.

Il 28 aprile, alla fine, la decisione sulla calendarizzazione del provvedimento è stata messa al voto dell’intera commissione Giustizia (che conta 25 membri). Il risultato è stato determinato da uno scarto minimo. Tredici senatori si sono espressi a favore – Pd, M5s, Leu e Italia viva – e undici, del centrodestra, hanno votato contro.

Le forze politiche che sostengono il ddl hanno salutato la notizia con soddisfazione. Solo in pochi hanno messo in luce che – per quanto sia importante l’inserimento nel calendario – il ddl Zan ha davanti un percorso potenzialmente ancora molto travagliato.

Il presidente della commissione Giustizia Andrea Ostellari, nonostante faccia parte di un partito, la Lega, ostile al provvedimento, ricoprirà personalmente il ruolo di relatore. Come abbiamo spiegato di recente, un relatore ha a disposizione diversi modi per fare ostruzionismo al testo di cui si deve occupare.

Certo, i poteri del relatore non sono illimitati. Su tutti i passaggi fondamentali, la commissione può accogliere o respingere le sue proposte. Tuttavia, il relatore ha la responsabilità di dare impulso ai lavori della commissione sul “suo” disegno di legge. Se questo impulso non arriva, se tutti i passaggi vengono ritardati, l’iter può diventare molto faticoso.

Ciò che accadrà al ddl Zan nelle prossime settimane – in particolare i tempi – dipenderà quindi da come Ostellari eserciterà il suo ruolo di relatore: se si dimostrerà super partes o lo utilizzerà per fare opposizione alla legge.

Che cosa prevede il ddl Zan

L’argomentazione principale dei partiti di centrodestra contro la legge Zan si concentra sul rischio che il provvedimento possa rendere perseguibili penalmente coloro che esprimono opinioni differenti.

In realtà, come vedremo, la «la libera espressione di convincimenti od opinioni» è espressamente tutelata dal ddl Zan. Il cuore del testo prevede essenzialmente due novità: all’articolo 2 modifica il Codice penale (604-bis e 604-ter) e all’articolo 5 estende la legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993) aggiungendo alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» (quest’ultima inserita dalla maggioranza con le modifiche alla Camera).

Che cosa cambia con questi due interventi? L’omofobia entra fra i reati d’odio e verrà punita con pene più severe in alcune circostanze. La norma prevederà infatti la reclusione fino ad un anno e 6 mesi o una multa fino a 6mila euro per chiunque «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» per motivi di sesso, di genere, di orientamento sessuale e di identità di genere.

La pena si inasprisce ulteriormente, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chiunque «istiga a commettere o commette violenza» o atti di provocazione alla violenza con gli stessi motivi. Inoltre, la discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità si aggiungerà anche alle aggravanti che, sulla base l’articolo 604-ter del codice penale, prescrivono che la pena prevista per i reati commessi con questa finalità possa essere aumentata fino alla metà.

La nuova normativa riguarda nella forma più grave veri e propri atti di violenza, nella forma più leggera «l’istigazione» a commettere atti discriminatori e non la manifestazione di semplici opinioni. Specifichiamo che l’istigazione, secondo la definizione contenuta nel dizionario giuridico del sito di settore Brocardi.it, «è la condotta consistente nell’indurre un soggetto ad un’azione delittuosa con consigli e incitamenti».

Per evitare qualsiasi ambiguità, la maggioranza ha introdotto nel testo della proposta di legge Zan una “clausola salva-idee”, ovvero l’articolo 4: «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».

Il provvedimento prevede dunque che le opinioni sanzionate siano solo quelle di tipo “istigatorio”. Chiunque si limitasse ad esprimere – secondo l’esempio classico del centrodestra – i valori della “famiglia naturale” verrebbe tutelato dall’articolo 4 della legge e, soprattutto, dall’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero.

Un altro punto della legge Zan accende le polemiche: l’introduzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare il 17 maggio. È questo che, secondo il senatore Malan, corrisponderebbe a «imporre l’ideologia gender fin dagli asili nido».

Il provvedimento prevede che, in occasione della Giornata, le scuole organizzino attività di sensibilizzazione per «contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere» (articolo 7), ma difficilmente può essere definita un’imposizione.

Nel testo viene infatti specificato (art.7, co.3) che queste iniziative debbano essere promosse nel rispetto del «piano triennale dell’offerta formativa» e «del patto educativo di corresponsabilità», un documento in cui genitori, studenti e istituzioni scolastiche definiscono insieme i principi e i comportamenti che si impegnano a rispettare. In altri termini, anche la decisione di organizzare attività di sensibilizzazione per la Giornata nazionale contro l’omotransfobia sarebbe subordinata alla volontà di genitori e dirigenti scolastici.