Favorevoli e contrari al salario minimo in Italia

Pd e Movimento 5 stelle sono i principali sostenitori della misura, mentre i partiti di centrodestra, Confindustria e alcuni sindacati frenano
MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA
MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA
Negli ultimi giorni è tornato al centro del dibattito politico l’introduzione in Italia del cosiddetto “salario minimo”, ossia di una soglia di retribuzione sotto la quale un datore di lavoro non potrebbe andare per legge. Il 6 giugno il Consiglio dell’Unione europea e i negoziatori del Parlamento europeo hanno infatti raggiunto un accordo provvisorio sulla direttiva che regolerebbe l’applicazione del salario minimo o di altre forme di protezione contrattuale nei 27 Paesi dell’Unione europea. Come ha sottolineato (min. 21:00) il commissario europeo per l’occupazione, Nicolas Schmitt, l’Ue però «non imporrà il salario minimo all’Italia», ma la decisione dipenderà comunque «dal governo italiano e dalle parti sociali».

Al momento l’Italia è uno dei sei Paesi dell’Unione europea a non avere una legge nazionale sul salario minimo: alcuni partiti sono da tempo favorevoli alla sua introduzione, mentre altri no, con alcune proposte di legge che sono state presentate in Parlamento.

Chi sono i favorevoli al salario minimo

Il Movimento 5 stelle e il Partito democratico sono i principali partiti in Parlamento a favore dell’introduzione di un salario minimo legale, che a settembre 2019 era stata inserita nell’accordo a sostegno del secondo governo Conte, promessa poi non mantenuta. 

Il 6 giugno, in un’intervista con l’Ansa, il leader del M5s Giuseppe Conte ha ribadito che l’introduzione del salario minimo nel nostro Paese è «una battaglia da raggiungere e da completare subito», prima dunque della fine dell’attuale legislatura, prevista per il 2023. Conte ha anche invitato i partiti a proseguire l’esame al Senato del disegno di legge per l’introduzione di un salario minimo a prima firma dell’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. 

Alcuni giorni prima, il 31 maggio, il segretario del Pd Enrico Letta aveva detto che «da tempo» la questione salariale «fa parte del cuore delle priorità» del partito, che sarebbe «pronto a un accordo sul salario minimo in Parlamento», dove, come vedremo meglio tra poco, è stata avanzata una proposta di legge proprio dal Pd.

Tra i favorevoli al salario minimo ci sono anche il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni e il leader di Azione Carlo Calenda, secondo cui i dettagli di un eventuale soglia salariale dovrebbero essere determinati «da tecnici indipendenti, e non dalla politica». Al momento il leader di Italia Viva Matteo Renzi non ha commentato la questione, ma in un’intervista a La Repubblica del settembre 2021 si era detto «ovviamente» favorevole all’introduzione di un salario minimo. 

Commenti a favore della misura sono arrivati poi sia da alcuni esponenti dei sindacati sia da alcuni esponenti tecnici del governo guidato da Mario Draghi, come il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini, che il 4 giugno ha definito la misura come «un modo per assicurare un salario dignitoso a tanti lavoratori». Ospite a Radio Anch’io il 1° giugno, il segretario della Cgil Maurizio Landini ha per esempio detto (min. 5:25) che il salario minimo servirebbe «assolutamente», sottolineando allo stesso tempo che è importante garantire anche «tutti gli altri diritti che i contratti prevedono», come le ferie o i permessi per malattia. 

Al Festival internazionale dell’economia di Torino, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha affermato che, se ben studiato, il salario minimo può avere «vari effetti positivi». Il presidente del Consiglio Mario Draghi non ha per ora pubblicamente commentato direttamente la questione, ma secondo fonti stampa sarebbe disponibile a convocare un incontro tra governo, sindacati e imprese per affrontare, in generale, il problema della perdita di potere d’acquisto dei lavoratori. 

Chi sono i contrari al salario minimo

I partiti di centrodestra sono invece quelli più diffidenti sull’introduzione di un salario minimo nel nostro Paese, perché, a detta loro, danneggerebbe troppo le imprese.

Il 6 giugno, ospite a Quarta Repubblica su Rete4, il segretario della Lega Matteo Salvini ha dichiarato (min. 12:35) che la priorità del partito è di «abbassare le tasse a chi crea lavoro», aggiungendo: «Il salario minimo lo pagano gli imprenditori, se questo Paese non abbassa le tasse che pagano gli imprenditori, il salario non c’è per nessuno».

Contraria al salario minimo è anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che il 6 giugno, durante un incontro elettorale in Toscana, ha definito il salario minimo come «la classica arma di distrazione di massa rispetto ai problemi del lavoro in Italia», ricordando poi che la misura riguarderebbe «una fetta di lavoratori già garantiti dal contratto nazionale di lavoro».

Tra le fila di Forza Italia, il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha criticato il salario minimo, affermando che questo va contro alla «nostra storia culturale di relazione industriali». Secondo il ministro, «il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività».

Tra i contrari ci sono poi alcune tra le principali sigle sindacali e Confindustria. Il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, ha infatti commentato che «la via per innalzare i salari, le tutele e i diritti dei lavoratori è la contrattazione», mentre il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ha detto che il salario minimo dovrebbe coincidere con i minimi contrattuali già stabiliti dai contratti collettivi nazionali. 

Il 5 giugno il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha criticato l’idea di un salario minimo e proposto invece di abbassare il costo del lavoro per «mettere i soldi in tasca agli italiani».

Le proposte per il salario minimo in Parlamento

Come abbiamo visto, in Parlamento esiste un ampio sostegno all’introduzione di un salario minimo in Italia: il problema principale è che esistono anche ampie divergenze su come vada introdotto questo salario minimo, ossia con quale soglia e con quali criteri.

Dal 2018 a oggi, sono state presentate almeno dieci proposte di legge in Parlamento sul salario minimo, firmate da parlamentari di schieramenti politici anche molto diversi, da Nicola Fratoianni di Sinistra italiana a Walter Rizzetto di Fratelli d’Italia (in passato membro del Movimento 5 stelle). 

Nel novembre 2021 è iniziato alla Commissione Lavoro del Senato l’esame congiunto di sei proposte di legge, presentate da Nunzia Catalfo (M5s), Mauro Antonio Donato Laus e Tommaso Nannicini (Pd), Francesco Laforgia (Leu), e un disegno di legge d’iniziativa del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel). Come testo base è stato scelto quello presentato da Catalfo nel luglio 2018, prima di diventare ministra del Lavoro con il primo governo Conte. 

Il testo prevede che tutti i lavoratori debbano guadagnare almeno quanto previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il proprio settore, e comunque non meno di 9 euro all’ora, al lordo degli oneri contributivi e previdenziali. Dopo alcuni mesi di stallo, l’esame del testo è ripreso il 10 maggio scorso.

Uno studio dell’Inps del 2020 ha stimato che un salario minimo di 9 euro all’ora si tradurrebbe in un aumento di stipendio per circa il 30 per cento dei lavoratori, percentuale che però scende al 13 per cento se nei 9 euro orari si fanno rientrare anche la tredicesima e il trattamento di fine rapporto (Tfr).

Il percorso della proposta di legge è ancora lungo. Al momento la Commissione Lavoro del Senato sta aspettando il parere della Commissione Bilancio, per poi procedere alla votazione interna. Il testo passerebbe quindi all’esame dell’aula del Senato, per essere poi trasmesso alla Camera, quando mancano ormai pochi mesi alla fine della legislatura. 

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