Il fact-checking sulle accise: leggende metropolitane, aumenti e promesse non mantenute

Facciamo un po’ di chiarezza su uno dei temi che da settimane è al centro del dibattito politico
ANSA
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Il prezzo dei carburanti e le imposte su benzina e gasolio sono uno degli argomenti che, periodicamente, accendono di più il dibattito politico in Italia. Lo stiamo vedendo in questi giorni: dal 1° gennaio 2023, infatti, i consumatori alla pompa di benzina si sono accorti di un aumento dei prezzi, causato dalla fine del taglio temporaneo delle accise introdotto dal governo Draghi a marzo 2022 e poi prorogato varie volte, da ultimo anche dal governo Meloni, fino alla fine di dicembre.

Vista la confusione sul tema, che in alcuni casi genera disinformazione, abbiamo raccolto in questo articolo alcune risposte alle domande che stanno circolando di più in questi giorni.

Che cosa paghiamo con un litro di benzina?

Il prezzo dei carburanti che paghiamo quando andiamo a fare rifornimento è composto da tre componenti. In primo luogo, c’è il prezzo al netto delle imposte, che è quello deciso da chi vende il combustibile. In questa voce rientrano, tra le altre cose, il costo della materia prima, i guadagni di chi gestisce la pompa e il costo del trasporto logistico. In secondo luogo, c’è l’accisa: questa è un’imposta con un valore fisso, che colpisce determinati beni (in questo caso il carburante) al momento della produzione o del consumo. Infine, sulla somma tra il prezzo netto e l’accisa si applica l’Iva, ossia l’imposta sul valore aggiunto, che ha un valore in percentuale.

Facciamo un esempio concreto. Nella settimana tra il 1° gennaio e l’8 gennaio 2023, un litro di benzina nei distributori self-service in Italia costava in media 1,81 euro: il prezzo netto era pari a 76 centesimi, l’accisa a 73 centesimi e l’Iva (pari al 22 per cento sulla somma tra prezzo netto e accisa) a 32 centesimi. L’accisa su un litro di gasolio vale un po’ meno, circa 62 centesimi di euro. Dunque, circa il 58 per cento del prezzo di un litro di benzina finisce in imposte (una delle percentuali più alte di tutta l’Unione europea, come abbiamo spiegato più nel dettaglio qui).
Grafico 1. Andamento del prezzo medio settimanale fino alla rilevazione del 9 gennaio 2023 – Fonte: Ministero delle Imprese e del Made in Italy
Grafico 1. Andamento del prezzo medio settimanale fino alla rilevazione del 9 gennaio 2023 – Fonte: Ministero delle Imprese e del Made in Italy

Con le accise paghiamo ancora guerre e disastri naturali?

Da anni è diffusa la credenza che l’accisa sulla benzina e quella sul gasolio siano la somma di aumenti bizzarri e anacronistici, per finanziare ancora oggi la ricostruzione dopo disastri come quello del Vajont del 1963 o l’alluvione di Firenze del 1966. In realtà questa versione è imprecisa e fuorviante. 

La natura dell’accisa sui carburanti è regolamentata da una disciplina complessa e stratificata, contenuta principalmente nel Testo unico, definito dal decreto legislativo del 1995. È vero che nei decenni passati i governi hanno fatto uso delle accise per fare cassa e fronteggiare emergenze, naturali e non. Ma da oltre vent’anni, non esistono più le singole accise sul costo della benzina, che da aumenti straordinari sono stati resi ordinari e strutturali.

Dal 1995 l’accisa sul carburante è infatti definita in modo unitario e il gettito che ne deriva non finanzia il bilancio statale in specifiche attività, ma nel suo complesso. Detta altrimenti, oggi c’è una sola imposta che non distingue tra le diverse componenti. Dagli inizi degli anni Novanta, come vedremo meglio tra poco, il valore di questa imposta è stato cambiato dai governi in diverse occasioni.

E la guerra in Etiopia?

È falso dire che gli italiani, anche solo in teoria, contribuiscono ancora per il finanziamento della guerra in Etiopia attraverso le accise sui carburanti.

Il 12 settembre 1936, a quattro mesi dalla fine del conflitto, il quotidiano La Stampa ha infatti pubblicato un articolo che parlava della cancellazione dell’aumento del costo della benzina introdotto per far fronte alle spese belliche. È vero che prima dell’inizio della guerra il prezzo della benzina era quasi raddoppiato per l’aggiunta di imposte. Ma queste accise sono poi state tolte l’anno seguente.

Il governo Meloni ha aumentato le accise?

E veniamo ai giorni nostri. A differenza di quello che sostengono alcuni politici dei partiti di opposizione, non è vero che il governo Meloni ha aumentato il valore delle accise sui carburanti. L’esecutivo ha deciso di non stanziare nuove risorse per finanziare il taglio temporaneo delle accise introdotto dal governo Draghi. Secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il taglio delle accise costa troppo (in base ai nostri calcoli, circa 750 milioni di euro al mese) e non avvantaggia solo i cittadini meno abbienti. 

Il taglio delle accise sui carburanti è stato introdotto per la prima volta a marzo 2022. In quell’occasione, il governo Draghi aveva ridotto, inizialmente solo dal 22 marzo al 21 aprile, l’accisa sulla benzina da 73 centesimi di euro al litro a 48 centesimi e quella sul gasolio da 62 centesimi a 37 centesimi al litro. In concreto, un taglio di 25 centesimi al litro. 

Questo taglio è stato poi ripetutamente confermato dal governo Draghi fino al 18 novembre 2022, attraverso sette decreti-legge o decreti del Ministero dell’Economia. In seguito il governo Meloni, da poco entrato in carica, ha prima confermato il taglio fino al termine dell’anno, salvo poi ridurlo pochi giorni dopo a 15 centesimi per il solo mese di dicembre. 

Dal 1° gennaio 2023 il valore delle accise su benzina e gasolio è tornato al livello precedente a quello del taglio.

Quali governi hanno aumentato le accise?

Dal 1995 in poi vari governi hanno aumentato il valore delle accise sui carburanti. Prendiamo l’accisa sulla benzina: questa è stata aumentata sei volte durante i governi di centrodestra, due volte durante i governi di centrosinistra e tre volte durante il governo tecnico guidato da Mario Monti, tra il 2011 e il 2013. 

I motivi dell’aumento sono stati tra i più vari. Nel 2003, per esempio, durante il secondo governo di Silvio Berlusconi, l’accisa è stata aumentata per finanziare il rinnovo del contratto di lavoro collettivo degli autoferrotranvieri. Nel 2011, invece, durante il quarto governo Berlusconi, l’accisa è stata aumentata per recuperare fondi per fronteggiare l’aumento degli sbarchi di migranti in seguito alla crisi in Libia. 

Per quanto riguarda il centrosinistra, nel 1996, durante il primo governo di Romano Prodi, l’imposta sui carburanti è stata aumentata per finanziare la missione delle Nazioni unite in Bosnia, mentre nel 2013 è stata alzata temporaneamente per finanziare il cosiddetto “decreto del Fare” varato dal governo di Enrico Letta

Secondo alcuni esperti, le risorse prelevate attraverso le accise raramente sono state poi utilizzate per l’obiettivo per il quale erano state introdotte. «Nella maggior parte dei casi non c’è alcuna allocazione degli aumenti di accisa in fondi dedicati e nessun vincolo sul gettito, se non l’indicazione nominale e generica di una finalità», ha per esempio spiegato Francesco Crovato, professore ordinario di Diritto tributario all’Università di Ferrara, in un articolo pubblicato sulla Rivista di Diritto Tributario.

Chi non ha mantenuto le promesse sulle accise?

Negli anni diversi politici e partiti hanno promesso di voler eliminare, o perlomeno ridurre, le accise sui carburanti, senza però tener fede alla parola data. Tre dei casi più famosi riguardano il leader di Italia viva Matteo Renzi, il segretario della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. 

A maggio 2014, a circa due mesi dalla sua nomina a presidente del Consiglio, Matteo Renzi aveva detto ospite a Porta a Porta su Rai 1: «Io qui prendo l’impegno: entro l’anno noi andiamo a razionalizzare, che vuol dire pulire, decurtare, eliminare, tutte queste voci ridicole», facendo riferimento alla tesi scorretta, come abbiamo visto, secondo cui, tra le altre cose, con le accise staremmo ancora pagando la guerra d’Etiopia. 

Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche di marzo 2018, Salvini, in un video pubblicato sui social, aveva mostrato un cartellone in cui comparivano, secondo lui, gli aumenti all’accisa decisi dai governi precedenti per fronteggiare eventi imprevisti, come il terremoto in Irpinia del 1980 o il disastro del Vajont nel 1963. In quell’occasione, Salvini aveva promesso che, una volta al governo, il suo partito avrebbe eliminato le tasse sulla benzina legate a «Etiopia, Suez, Vajont, Firenze, Belice, Friuli e Irpinia, tanto per cominciare».

In passato, anche Meloni ha in varie occasioni ribadito la necessità di ridurre o eliminare le accise sui carburanti. Più di recente, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022, il programma elettorale di Fratelli d’Italia conteneva la seguente proposta nel capitolo dedicato all’energia: «Sterilizzazione delle entrate dello Stato da imposte su energia e carburanti e automatica riduzione di Iva e accise».

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