Gli errori di Mantovano sulla legalizzazione della cannabis

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha spiegato perché il governo Meloni è contrario, con una dichiarazione che contiene alcune imprecisioni e omissioni
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Durante la Giornata contro l’abuso di droga e il traffico illecito, celebrata lo scorso 26 giugno, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha motivato (min. 15:55) la contrarietà del governo Meloni alla legalizzazione della cannabis in un’intervista con il Tg1 su Rai 1. «Gli esperti venuti al convegno dagli Stati Uniti ci hanno attestato quanto gli esperimenti di legalizzazione in corso già da qualche anno all’interno degli Stati Uniti abbiano prodotto aumento dell’uso di droga e non abbiano minimamente scalfito gli affari delle organizzazioni criminali», ha dichiarato Mantovano. 

Ma è davvero così? Abbiamo verificato e, al di là della legittima posizione politica sulla legalizzazione della cannabis, il sottosegretario ha commesso alcuni errori.

Diversi Stati, diverse leggi

La cosiddetta “legalizzazione della cannabis” è il processo con cui uno Stato elimina i divieti e i reati connessi alla produzione, alla distribuzione e al consumo di questa sostanza, regolandone l’utilizzo. Le modalità in cui viene consentito il commercio di cannabis variano per ogni singolo Stato, a seconda delle differenti legislazioni. Negli ultimi anni vari Paesi nel mondo hanno legalizzato la cannabis, adottando soluzioni differenti tra loro. Tra questi ci sono l’Uruguay, il Canada e diversi Stati degli Stati Uniti, come il Colorado e la California. Secondo la National Conference of State Legislatures, un’associazione indipendente composta da funzionari pubblici e legislatori statali, ad aprile 2023 23 Stati degli Stati Uniti consentivano l’uso della cannabis per scopi non medici.

Come si legge nel World Drug Report 2022 delle Nazioni unite, uno dei report più completi e autorevoli sulle tendenze del mercato della droga, ci sono differenze sistematiche e di contesto tra i vari Paesi che hanno legalizzato l’uso della cannabis. «Pertanto il confronto dei risultati tra giurisdizioni non informa sull’impatto della legalizzazione della cannabis», sottolinea il report. Il concetto di “legalizzazione” non va poi confuso con quelli di “depenalizzazione” e “liberalizzazione”. Con la “depenalizzazione” si elimina la sanzione penale e si punisce chi viene trovato in possesso di cannabis solo con una multa, mentre con la “liberalizzazione” si elimina qualsiasi vincolo e si affida al libero mercato l’intero commercio.

Gli effetti sul consumo

Nella sua dichiarazione in tv Mantovano ha citato come fonte alcuni «esperti venuti al convegno dagli Stati Uniti», riferendosi all’evento organizzato alla Camera il 26 giugno. Questi esperti sono Kevin Sabet e Luke Niforatos, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione statunitense Smart Approaches to Marijuana, che si batte per contrastare la legalizzazione della cannabis. Nei loro interventi alla Camera, Sabet e Niforatos non hanno parlato degli effetti della legalizzazione della cannabis sul suo consumo, ma dell’abuso della sostanza e dei suoi effetti negativi per la salute. Ad aprile di quest’anno l’associazione guidata da Sabet e Niforatos ha pubblicato un report sull’impatto della legalizzazione della cannabis negli Stati Uniti, in cui si legge che «uno studio del 2022 ha scoperto che l’uso della cannabis aumenta di circa il 20 per cento dopo la sua legalizzazione».

È vero che lo studio in questione parla di un aumento del 20 per cento, ma si riferisce alla frequenza del consumo di cannabis da parte di chi già la usava in passato. Lo stesso studio precisa che «è improbabile che la legalizzazione della cannabis spinga a farne uso persone che prima non lo facevano». La ricerca presenta comunque alcuni limiti: si basa su autodichiarazioni raccolte da un campione limitato di persone e l’aumento di frequenza dell’uso di cannabis potrebbe essere anche dovuto al fatto che, dove la sostanza è diventata legale, può risultare più facile per i cittadini ammetterne l’uso.

Che cosa dicono le Nazioni unite

Secondo il già citato report dell’Onu, tra il 2002 e il 2020 il consumo di cannabis è aumentato nei Paesi che hanno avviato il processo di legalizzazione. Stabilire però se e in che misura l’aumento sia dovuto alla legalizzazione non è facile. Per esempio, si legge nel report, «negli Stati Uniti e in Canada l’uso di cannabis ha iniziato ad aumentare prima della legalizzazione, quando l’approvazione di leggi sull’utilizzo per scopi medici ne ha accresciuto la disponibilità anche per uso ricreativo». In altre parole l’aumento del consumo di cannabis sarebbe dovuto solo in parte alla legalizzazione, che potrebbe aver contribuito ad accelerare dinamiche già in corso. Anzi, spiega il testo, «la regolamentazione potrebbe essere in parte il risultato, piuttosto che la causa, dell’espansione del mercato, dovuta a una minore percezione del rischio e maggiore uso regolare». 

Sempre nel caso degli Stati Uniti l’Onu ha rilevato che tra il 2002 e il 2020 l’aumento del consumo di cannabis si è verificato sia negli Stati che hanno mantenuto proibita la sostanza sia in quelli che l’hanno legalizzata, nonostante in questi ultimi la crescita sia più pronunciata.
Immagine 1. Uso della cannabis negli Stati degli Stati Uniti che l’hanno legalizzata e in quelli dove è ancora proibita – Fonte: World Drug Report 2022
Immagine 1. Uso della cannabis negli Stati degli Stati Uniti che l’hanno legalizzata e in quelli dove è ancora proibita – Fonte: World Drug Report 2022
L’Onu ha poi spiegato che negli Stati Uniti, così come in Canada, il consumo di cannabis tra gli adolescenti, seppur sia elevato se paragonato a quello in altri Paesi, è rimasto pressoché stabile dopo la legalizzazione avvenuta in vari Stati. Uno studio pubblicato a marzo 2023 ha analizzato gli effetti della legalizzazione della cannabis per gli adulti sui livelli di consumo tra i ragazzi dai 13 ai 18 anni di età. Lo studio ha preso in esame gli Stati di Washington e Oregon, che hanno legalizzato la cannabis, e lo Stato di New York, dove non c’era stata la legalizzazione. I risultati non hanno rilevato una correlazione significativa, e quindi un legame diretto, tra la legalizzazione della cannabis per gli adulti e l’aumento del consumo della sostanza tra i ragazzi. I dati sul consumo di cannabis rimangono comunque abbastanza incerti perché ricavati da autodichiarazioni in sondaggi condotti tra la popolazione. 

Gli effetti sul mercato nero

Allo stesso modo non è semplice stimare l’impatto della legalizzazione della cannabis sugli affari delle organizzazioni criminali, soprattutto per il fatto che si tratta di affari illegali su cui non esistono dati certi.

All’evento organizzato alla Camera Sabet ha detto: «I sostenitori della legalizzazione dicono che così ci “sbarazzeremo della mafia”. In realtà le organizzazioni criminali restano nel mercato. In California sono responsabili dell’80 per cento del mercato nonostante la cannabis legale già da cinque anni». Il dato citato da Sabet sulla California è sostanzialmente confermato dal report dell’Onu. Secondo le Nazioni unite, in California il 75 per cento del mercato della cannabis è illegale. I dati sul mercato illegale della cannabis variano però da Paese a Paese. Per esempio in Uruguay, dove la cannabis è stata legalizzata, il mercato illegale della sostanza è circa il 50 per cento del totale, mentre in Canada è attorno al 40 per cento. Dunque, benché il mercato legale non abbia soppiantato quello clandestino, in alcuni Stati dove la cannabis è stata legalizzata il peso del mercato illegale è diminuito

Al momento non è possibile comunque stabilire quali modelli di legalizzazione siano più efficaci nel ridurre l’acquisto dal narcotraffico. In più l’Onu ha precisato che le dinamiche rilevate nei Paesi oggetto dello studio, in cui la cannabis è stata legalizzata, non possono essere applicate ad altri Stati, per le differenze di regole e contesto da uno Stato all’altro. «Ed è importante notare – si legge nel rapporto – che queste regolamentazioni impiegheranno decenni per mostrare gli effetti reali che avranno avuto su salute pubblica, sicurezza e giustizia», visto che «nella maggior parte dei casi, le catene di produzione e approvvigionamento di cannabis sono in fase di sviluppo».

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