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Meloni ha ragione: la cannabis è sempre più potente

| 29 giugno 2023
La dichiarazione
«In uno spinello di oggi c’è una percentuale di THC enormemente più grande della quantità di principio attivo che c’era nello stesso spinello di 20, 30, 40 anni fa»
Fonte: Camera | 26 giugno 2023
ANSA
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Verdetto sintetico
La presidente del Consiglio ha sostanzialmente ragione.
In breve
  • Studi condotti in vari Paesi, tra cui Stati Uniti e Italia, hanno mostrato che c’è stato un aumento della percentuale di THC nella cannabis rispetto al passato. TWEET
  • Alla base di questo aumento ci sarebbero soprattutto i progressi nelle tecniche di coltivazione. TWEET
Il 26 giugno, durante un evento organizzato alla Camera in occasione della Giornata contro l’abuso di droga e il traffico illecito, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto un discorso dove ha illustrato le posizioni del governo sulle sostanze stupefacenti. Tra le altre cose Meloni ha ribadito che il suo governo è contrario alla legalizzazione della cannabis, aggiungendo che la percentuale di THC nella cannabis utilizzata «in uno spinello di oggi» è aumentata «enormemente» rispetto a «20, 30, 40 anni fa».

Al di là della posizione politica sulla legalizzazione e di alcune osservazioni, la presidente del Consiglio ha sostanzialmente ragione.

Che cos’è il THC

La cannabis è una pianta che può essere usata come sostanza stupefacente. Il suo principio attivo principale è il delta-9-tetraidrocannabinolo, noto anche come THC. Il THC si trova, insieme a migliaia di altre sostanze, all’interno dei tricomi, che sono escrescenze resinose presenti nei fiori e nelle foglie della pianta di cannabis.

Un’altra sostanza presente nella cannabis è il cannabidiolo (CBD), i cui effetti psicoattivi sono però più bassi rispetto a quelli causati dal THC. Per questo motivo il CBD è il principale ingrediente della cosiddetta “cannabis light”, quella con un THC sotto lo 0,5 per cento, la cui vendita è attualmente legale in Italia e su cui il governo sta valutando di apporre il monopolio di Stato.   

La quantità di THC presente nella cannabis è espressa in percentuale rispetto alle altre sostanze presenti nei tricomi. Gli studi sulla cannabis tendono a definire la percentuale di THC nella cannabis con l’espressione cannabis potency, traducibile in italiano con “potenza”. In farmacologia questo termine definisce la concentrazione richiesta di una sostanza per provocare una risposta di una certa intensità sul corpo umano. Si può quindi affermare che a una percentuale più alta di THC corrisponda una cannabis con maggiori effetti psicotropi, anche se di recente alcuni studi hanno messo in discussione questo collegamento. La percentuale di THC rimane a oggi il principale fattore per valutare la potenza della cannabis e negli ultimi anni vari studi hanno confrontato la percentuale di THC presente nella cannabis attualmente in circolazione con quella disponibile in passato.

Che cosa dicono gli studi

Negli scorsi anni studi sulla potenza della cannabis sono stati compiuti in Francia, in Australia, in Inghilterra, negli Stati Uniti e anche in Italia. Tutti hanno mostrato che la percentuale di THC presente in media nella cannabis analizzata è aumentata considerevolmente nel tempo. Nel caso dell’Italia uno studio condotto da quattro ricercatori, pubblicato nel 2020 sulla rivista Forensic Science International, ha analizzato circa 12 mila campioni di cannabis (tra cui fiori, resina, intere piante e singoli “spinelli”) sequestrati nell’Italia nord-orientrale tra il 2010 e il 2019. Secondo i risultati, nei dieci anni esaminati si è verificato un «aumento della potenza» di questi prodotti. I ricercatori hanno spiegato che in base ai vari studi disponibili a livello internazionale in dieci anni le concentrazioni medie di THC sono aumentate «dal 6 per cento all’11 per cento circa». 

Per i singoli “spinelli”, chiamati dallo studio hand-made cigarettes, la variazione della percentuale di THC è stata di quasi quattro punti percentuali, passando da una percentuale del 2,4 per cento per gli spinelli sequestrati nel 2010 al 6,1 per cento nel 2019. Il motivo per cui la concentrazione di THC presente nelle sigarette a base di cannabis è così bassa è perché spesso questi prodotti sono realizzati mischiando cannabis e tabacco, e quindi «raramente contengono percentuali di Thc che arrivano al 17 per cento». Per questo motivo lo studio non considera gli spinelli nei database relativi alle variazioni annuali di THC nella cannabis, anche se «i dati relativi alle hand-made cigarettes possono essere utili a definire le modalità di uso della cannabis e possono essere importanti in studi sociologici e medici». Al tempo stesso i prodotti a base di resine derivate dalla cannabis (tra cui l’hashish, noto più comunemente con il nome di “fumo”) hanno registrato aumenti maggiori, dal momento che la loro percentuale di THC si è attestata «in media al 17 per cento».

I limiti degli studi

Al netto dei dati presentati dallo studio, va comunque ricordato che l’analisi presenta alcuni limiti, evidenziati dagli stessi autori. In primo luogo lo studio si basa sul solo materiale sequestrato dalle forze dell’ordine e non è quindi necessariamente rappresentativo di tutti i prodotti a base di cannabis disponibili per i consumatori. Allo stesso modo l’area geografica analizzata non rappresenta tutta l’Italia ma solo il Nord-Est, dove i consumi di cannabis potrebbero essere diversi rispetto ad altre aree del Paese. Nonostante queste precisazioni, il fatto che diversi studi fatti negli ultimi anni, italiani e non solo, arrivino tutti alle stesse conclusioni sembra avallare la tesi secondo cui la percentuale di THC nella cannabis sia aumentata nel tempo. 

Alla base dell’aumento della “potenza” della cannabis ci sarebbero i progressi nelle tecniche di coltivazione, come per esempio «l’uso di condizioni di crescita controllate e ceppi geneticamente selezionati», che hanno agevolato la coltivazione domestica (indoor) e aumentato il contenuto di THC complessivo negli ultimi due decenni. 

Non esistono dati sulle percentuali di THC nella cannabis di 30 o addirittura 40 anni fa, l’intervallo temporale indicato da Meloni. Ma al di là del considerevole aumento di THC medio nella cannabis sequestrata in Italia dal 2010 al 2019, i miglioramenti nelle tecniche di coltivazione degli ultimi vent’anni lasciano pensare che la presidente del Consiglio abbia ragione quando dice, semplificando, che gli spinelli di oggi contengono più THC rispetto a quelli del passato.

Gli effetti

Il THC è il principale fattore che determina gli effetti psicotropi legati al consumo di cannabis. In breve questo principio attivo agisce sui recettori presenti nel sistema nervoso centrale, causando nella persona gli stati di alterazione tipici della cannabis. Di conseguenza consumare cannabis con una maggiore percentuale di THC dovrebbe automaticamente indurre effetti psicotropi accentuati. Ma secondo alcuni studi recenti le due cose non sono per forza collegate

Al contrario lo studio italiano afferma che «le persone che consumano cannabis ad alta potenza su base giornaliera hanno una probabilità cinque volte maggiore rispetto ai non utilizzatori di soffrire di un disturbo psicotico e i prodotti ad alto contenuto di THC sono stati associati con una maggiore gravità della dipendenza dalla cannabis». Questi fenomeni sono stati evidenziati di recente in altri studi autorevoli, come quello pubblicato nel 2019 sulla rivista scientifica The Lancet o quello svolto lo stesso anno dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, il centro di informazione e studio sulle droghe dell’Unione europea. 

Ricordiamo che negli ultimi anni in Italia è stato autorizzato il consumo di cannabis a uso medico, in particolare per contrastare i dolori cronici causati da alcune patologie.

I prodotti ad alto Thc

Nel suo discorso alla Camera Meloni si è poi chiesta se «si può davvero definire leggero qualcosa che ha al suo interno il 25, il 37, fino al 78 per cento di principio attivo». La domanda di Meloni era evidentemente retorica, viste le posizioni del governo in materia di legalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”. Ma al di là dell’opinione su quali sostanze definire o meno “leggere”, è vero che alcuni prodotti a base di cannabis possono raggiungere il 78 per cento di THC. Se la concentrazione di principio attivo della cannabis sequestrata in Italia nel 2019 era intorno all’11 per cento, questo non significa che non esistano prodotti con percentuali di THC superiori.

Gli studi scientifici e il miglioramento delle tecniche di coltivazione hanno permesso la creazione di numerose varietà di cannabis, ciascuna con le sue caratteristiche e con percentuali di THC che possono superare il 30 per cento. Per esempio negli Stati Uniti, nelle zone in cui la cannabis è legale come la California, i cannabis dispensary (in italiano “dispensari di cannabis”) vendono prodotti a scopi ricreativi il cui contenuto di THC si attesta intorno al 30 per cento e tocca punte del 34 per cento. Sulla “potenza” della sostanza influisce comunque la quantità che se ne assume, così come bere un litro di vino da 12 gradi può causare effetti maggiori rispetto a un bicchierino di vodka da 40 gradi. 

Al netto di queste considerazioni è vero, come dice Meloni, che esistono prodotti a base di cannabis che arrivano fino al 78 per cento di principio attivo, come alcuni particolari tipi di resina sviluppati da aziende statunitensi a scopi medici, che possono contenere anche il 79 per cento di THC. Questo tipo di prodotti non può comunque essere usato per confezionare uno “spinello”, come lascia intendere la presidente del Consiglio. In ogni caso il dibattito sul considerare o meno la cannabis e i suoi derivati una “droga leggera” è molto ampio.

Il verdetto

Secondo Giorgia Meloni la percentuale di THC nella cannabis utilizzata «in uno spinello di oggi» è aumentata «enormemente» rispetto a «20, 30, 40 anni fa». Al di là della posizione politica sulla legalizzazione e di alcune osservazioni, la presidente del Consiglio ha sostanzialmente ragione.

Studi condotti in vari Paesi, tra cui Stati Uniti e Italia, hanno mostrato che rispetto al passato c’è stato un aumento della percentuale di THC nella cannabis in circolazione. Alla base di questo aumento ci sarebbero soprattutto i progressi nelle tecniche di coltivazione.

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