Aggiornamento 2 agosto, ore 14.30 – Il 2 agosto i vertici del Partito democratico, di Azione e di Più Europa hanno raggiunto un accordo per un’alleanza di centrosinistra in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Tra le varie cose, i tre partiti hanno stabilito che i candidati nei collegi uninominali saranno decisi per il 70 per cento dal Partito democratico, e per il 30 per cento da Azione o Più Europa, al netto di altri eventuali partiti che dovessero entrare a far parte della coalizione.
Negli ultimi giorni ha fatto discutere la possibilità per Azione, il partito centrista fondato da Carlo Calenda, di allearsi con il Partito democratico alle prossime elezioni del 25 settembre. Nel corso di lunghe discussioni, Calenda ha criticato il fatto che il Pd possa candidare in collegi uninominali in cui è relativamente sicuro di vincere – spesso detti «blindati» nel linguaggio giornalistico – esponenti politici critici del governo Draghi, come il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni o il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, oppure l’ex leader del Movimento 5 stelle, ora leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio.
«Chiediamo di non candidare Fratoianni, Bonelli e Di Maio nei collegi uninominali», ha detto chiaramente Calenda in un video pubblicato su Twitter il 1° agosto e indirizzato al Pd, aggiungendo: «Non chiedeteci di usare il simbolo di Azione e Più Europa per eleggere queste persone». Calenda ha anche precisato che, in cambio, Azione si impegna a non candidare nei propri seggi uninominali «personalità divisive», riferendosi per esempio alla ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, e alla ministra per il Sud, Mara Carfagna, entrambe uscite da Forza Italia ed entrate in Azione la scorsa settimana.
Il leader di Azione ha poi precisato che un’eventuale candidatura di Fratoianni, Bonelli o Di Maio sarebbe accettata per i collegi plurinominali, ossia dove i seggi sono attribuiti tramite il sistema proporzionale, perché «se sono candidati nel proporzionale non un voto di Azione e Più Europa contribuirà ad eleggerli».
Ma come funziona realmente la spartizione dei voti tra i vari candidati?
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Negli ultimi giorni ha fatto discutere la possibilità per Azione, il partito centrista fondato da Carlo Calenda, di allearsi con il Partito democratico alle prossime elezioni del 25 settembre. Nel corso di lunghe discussioni, Calenda ha criticato il fatto che il Pd possa candidare in collegi uninominali in cui è relativamente sicuro di vincere – spesso detti «blindati» nel linguaggio giornalistico – esponenti politici critici del governo Draghi, come il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni o il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, oppure l’ex leader del Movimento 5 stelle, ora leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio.
«Chiediamo di non candidare Fratoianni, Bonelli e Di Maio nei collegi uninominali», ha detto chiaramente Calenda in un video pubblicato su Twitter il 1° agosto e indirizzato al Pd, aggiungendo: «Non chiedeteci di usare il simbolo di Azione e Più Europa per eleggere queste persone». Calenda ha anche precisato che, in cambio, Azione si impegna a non candidare nei propri seggi uninominali «personalità divisive», riferendosi per esempio alla ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, e alla ministra per il Sud, Mara Carfagna, entrambe uscite da Forza Italia ed entrate in Azione la scorsa settimana.
Il leader di Azione ha poi precisato che un’eventuale candidatura di Fratoianni, Bonelli o Di Maio sarebbe accettata per i collegi plurinominali, ossia dove i seggi sono attribuiti tramite il sistema proporzionale, perché «se sono candidati nel proporzionale non un voto di Azione e Più Europa contribuirà ad eleggerli».
Ma come funziona realmente la spartizione dei voti tra i vari candidati?