Perché si parla tanto dei candidati ai seggi uninominali

Mentre il centrodestra si spartisce i seggi, la possibile alleanza tra Pd e Azione è complicata da alcune «figure divisive» che, secondo Calenda, non dovrebbero rappresentare l’intera coalizione di centrosinistra
ANSA/GIUSEPPE LAMI
ANSA/GIUSEPPE LAMI
Aggiornamento 2 agosto, ore 14.30 – Il 2 agosto i vertici del Partito democratico, di Azione e di Più Europa hanno raggiunto un accordo per un’alleanza di centrosinistra in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Tra le varie cose, i tre partiti hanno stabilito che i candidati nei collegi uninominali saranno decisi per il 70 per cento dal Partito democratico, e per il 30 per cento da Azione o Più Europa, al netto di altri eventuali partiti che dovessero entrare a far parte della coalizione. 

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Negli ultimi giorni ha fatto discutere la possibilità per Azione, il partito centrista fondato da Carlo Calenda, di allearsi con il Partito democratico alle prossime elezioni del 25 settembre. Nel corso di lunghe discussioni, Calenda ha criticato il fatto che il Pd possa candidare in collegi uninominali in cui è relativamente sicuro di vincere – spesso detti «blindati» nel linguaggio giornalistico – esponenti politici critici del governo Draghi, come il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni o il portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, oppure l’ex leader del Movimento 5 stelle, ora leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio. 

«Chiediamo di non candidare Fratoianni, Bonelli e Di Maio nei collegi uninominali», ha detto chiaramente Calenda in un video pubblicato su Twitter il 1° agosto e indirizzato al Pd, aggiungendo: «Non chiedeteci di usare il simbolo di Azione e Più Europa per eleggere queste persone». Calenda ha anche precisato che, in cambio, Azione si impegna a non candidare nei propri seggi uninominali «personalità divisive», riferendosi per esempio alla ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, e alla ministra per il Sud, Mara Carfagna, entrambe uscite da Forza Italia ed entrate in Azione la scorsa settimana. 

Il leader di Azione ha poi precisato che un’eventuale candidatura di Fratoianni, Bonelli o Di Maio sarebbe accettata per i collegi plurinominali, ossia dove i seggi sono attribuiti tramite il sistema proporzionale, perché «se sono candidati nel proporzionale non un voto di Azione e Più Europa contribuirà ad eleggerli». 

Ma come funziona realmente la spartizione dei voti tra i vari candidati? 

Un ripasso sul sistema elettorale

Il voto del 25 settembre seguirà le procedure stabilite dalla legge elettorale comunemente nota come Rosatellum, che è stata utilizzata per la prima volta nelle elezioni del 2018. Questa prevede un sistema misto tra proporzionale e maggioritario: in seguito al taglio dei parlamentari, circa il 61 per cento dei posti in Parlamento (366) sarà assegnato con un sistema proporzionale, e il 37 per cento (222) con il sistema maggioritario. Il rimanente 2 per cento dei seggi (12) verrà assegnato con un sistema proporzionale, con le preferenze.

I seggi assegnati con il sistema proporzionale sono legati ai collegi plurinominali, mentre i seggi assegnati con il sistema maggioritario sono quelli relativi ai collegi uninominali. Nel primo caso, i partiti presentano una lista di candidati e ricevono un numero di seggi in Parlamento in proporzione al numero di voti ricevuti. In questo caso, gli elettori non possono indicare preferenze sui nomi dei candidati, che sono eletti in base all’ordine dei nomi sulle liste presentate dai partiti. Nel caso dei collegi uninominali, invece, ogni coalizione deve presentare un singolo candidato e vince chi prende anche un solo voto in più rispetto agli avversari. 

Nella pratica, le schede elettorali sono quindi formate da varie sezioni. Ogni coalizione presenta un candidato uninominale, e sotto al suo nome compaiono tutti i partiti che fanno parte di quella coalizione (e quindi sostengono lo stesso candidato uninominale). Accanto ai simboli, poi, ci sono i nomi che ogni partito ha selezionato per i parlamentari da eleggere con il sistema proporzionale. Più voti il partito ottiene, maggiore sarà il numero di candidati eletti con il sistema proporzionale: le possibilità di essere eletti calano quindi in base alla posizione occupata nella lista. 
Figura 1. Fac-simile di una scheda elettorale
Figura 1. Fac-simile di una scheda elettorale

Come funziona il voto

Nelle schede elettorali, gli elettori possono barrare il simbolo del partito che intendono votare. In questo modo, il voto andrà al candidato sostenuto da quel partito per il seggio uninominale, anche se di appartenenza politica diversa, e poi ai candidati del partito selezionato per quanto riguarda la parte proporzionale. Per esempio, un elettore che barra il simbolo della Lega voterebbe effettivamente per la lista della Lega nella parte proporzionale, mentre è possibile che sostenga allo stesso tempo un candidato di Forza Italia o di Fratelli d’Italia alla parte uninominale, in quanto candidato dell’intera coalizione di centrodestra. Lo stesso discorso vale ovviamente per tutte le altre coalizioni.

Un’altra opzione possibile consiste nel barrare non il simbolo di un partito, ma il nome di uno specifico candidato all’uninominale. In questo caso, i voti espressi in favore dei soli candidati uninominali saranno ripartiti tra le liste della coalizione, in proporzione al numero di voti ottenuti nella circoscrizione.

Il Rosatellum vieta il voto disgiunto: non è possibile, quindi, scegliere un candidato per l’uninominale e poi votare un partito di coalizione diversa al proporzionale. Nella pratica, gli elettori non possono quindi votare un candidato della coalizione di centrosinistra all’uninominale, e poi un partito di centrodestra al proporzionale, o viceversa.

La richiesta di Calenda

La situazione che Calenda vorrebbe evitare è quella in cui, in alcune circoscrizioni, Fratoianni, Bonelli, Di Maio o altre personalità considerate divisive siano i candidati uninominali di tutta la coalizione di centrosinistra, che includerebbe anche Azione. In quel caso – che ricordiamo, è un’ipotesi e non è detto che si concretizzerà – gli elettori che sceglieranno il simbolo di Azione voterebbero effettivamente per la lista di Azione al proporzionale, ma anche per Di Maio, Bonelli o Fratoianni per l’uninominale, in quanto candidati della coalizione di cui il partito di Calenda farebbe parte. Gli elettori che non vogliono sostenere queste figure non potrebbero dunque votare allo stesso tempo per Azione, ma dovrebbero per forza scegliere un’altra coalizione che sostiene un candidato uninominale diverso. 

Se invece Fratoianni, Di Maio o Bonelli fossero candidati con i rispettivi partiti nelle liste per i seggi proporzionali, i voti degli elettori di Azione farebbero eleggere il candidato uninominale concordato dalla coalizione, e poi i candidati di Azione per quanto riguarda i seggi assegnati con il proporzionale. In questo caso, per esempio, per sostenere Fratoianni o Bonelli sarebbe necessario barrare il simbolo della lista associata a Sinistra Italiana ed Europa Verde.

Come sta andando la spartizione, per ora

Come abbiamo visto, i seggi uninominali sono 222, più di un terzo del totale. In queste settimane, i partiti stanno quindi discutendo sul modo migliore per spartirsi questi seggi, e su che nomi candidare nei vari collegi. Per ora, soltanto il centrodestra sembra aver trovato un accordo. Il 28 luglio, i leader dei tre partiti della coalizione hanno infatti pubblicato una nota congiunta in cui viene indicato il numero di seggi uninominali che spetteranno a ogni forza politica. Secondo questo accordo, Fratelli d’Italia – per ora favorito nei sondaggi – potrà nominare il candidato uninominale in 98 seggi su 222, la Lega in 70, Forza Italia in 42, e i restanti 11 seggi saranno divisi tra i partiti minori della coalizione, come per esempio Noi con l’Italia di Maurizio Lupi. Non si conoscono ancora i nomi dei vari candidati. 

Le altre forze politiche non hanno per ora deciso come spartirsi le candidature ai vari seggi uninominali, anche perché di fatto i confini della coalizione di centrosinistra non sono ancora definiti. 

In ogni caso, tutti i partiti dovranno presentare le liste dei candidati scelti per i collegi uninominali e plurinominali tra il 21 e il 22 agosto.

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