Il 20 luglio è iniziata la raccolta firme per organizzare un referendum contro la legge sulla autonomia differenziata, approvata definitivamente dalla Camera il 19 giugno e pubblicata in Gazzetta Ufficiale una settimana dopo. Questa iniziativa è promossa da tutti i partiti di opposizione, tranne Azione, insieme alle principali sigle sindacali e a diverse associazioni nazionali.
Il quesito referendario è stato depositato il 5 luglio presso la Corte di Cassazione di Roma e recita: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?». In concreto, il quesito chiede di cancellare la nuova legge sull’autonomia differenziata, voluta dal governo Meloni, che stabilisce le regole e il percorso con cui alcune regioni potranno chiedere allo Stato maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie.
Dunque, stiamo parlando di un referendum abrogativo: chi vota “Sì” al quesito referendario è favorevole alla cancellazione della legge sull’autonomia differenziata, mentre chi vota “No” è contrario vuole che la legge rimanga in vigore. La Costituzione prevede che per essere valido un referendum abrogativo deve raggiungere il quorum: al voto deve partecipare almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. In più, vanno rispettate altre condizioni, di cui parleremo più avanti in questo articolo.
Il referendum in questione, quindi, non toccherà l’articolo 116 della Costituzione, quello che dal 2001 dà la possibilità alle regioni che ne fanno richiesta di ottenere maggiore autonomia dallo Stato. Per modificare questo articolo servirebbe una nuova riforma costituzionale, che poi potrebbe essere sottoposta a referendum costituzionale, dove – lo ricordiamo – non è previsto il quorum a differenza dei referendum abrogativi.
Al momento non è ancora disponibile una piattaforma comune che raggruppi tutti promotori del referendum contro la legge sull’autonomia differenziata. Il quesito referendario depositato in Corte di Cassazione è stato sottoscritto da 34 persone e, tra i promotori, ci sono il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva, +Europa e il Partito della Rifondazione Comunista, tra i sindacati la Cgil e la Uil, e alcune associazioni nazionali come l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), l’Associazione ricreativa e culturale italiana (Arci), Libera, il WWF e il Forum diseguaglianze e diversità.
Il leader di Azione Carlo Calenda, pur essendo contrario alla legge sull’autonomia voluta dal governo Meloni, si è detto contrario al referendum perché, a detta sua, un eventuale mancato raggiungimento del quorum rafforzerebbe le posizioni del governo sull’autonomia.
Il quesito referendario è stato depositato il 5 luglio presso la Corte di Cassazione di Roma e recita: «Volete voi che sia abrogata la legge 26 giugno 2024, n. 86, “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”?». In concreto, il quesito chiede di cancellare la nuova legge sull’autonomia differenziata, voluta dal governo Meloni, che stabilisce le regole e il percorso con cui alcune regioni potranno chiedere allo Stato maggiore autonomia nella gestione di specifiche materie.
Dunque, stiamo parlando di un referendum abrogativo: chi vota “Sì” al quesito referendario è favorevole alla cancellazione della legge sull’autonomia differenziata, mentre chi vota “No” è contrario vuole che la legge rimanga in vigore. La Costituzione prevede che per essere valido un referendum abrogativo deve raggiungere il quorum: al voto deve partecipare almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. In più, vanno rispettate altre condizioni, di cui parleremo più avanti in questo articolo.
Il referendum in questione, quindi, non toccherà l’articolo 116 della Costituzione, quello che dal 2001 dà la possibilità alle regioni che ne fanno richiesta di ottenere maggiore autonomia dallo Stato. Per modificare questo articolo servirebbe una nuova riforma costituzionale, che poi potrebbe essere sottoposta a referendum costituzionale, dove – lo ricordiamo – non è previsto il quorum a differenza dei referendum abrogativi.
Al momento non è ancora disponibile una piattaforma comune che raggruppi tutti promotori del referendum contro la legge sull’autonomia differenziata. Il quesito referendario depositato in Corte di Cassazione è stato sottoscritto da 34 persone e, tra i promotori, ci sono il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi-Sinistra, Italia Viva, +Europa e il Partito della Rifondazione Comunista, tra i sindacati la Cgil e la Uil, e alcune associazioni nazionali come l’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), l’Associazione ricreativa e culturale italiana (Arci), Libera, il WWF e il Forum diseguaglianze e diversità.
Il leader di Azione Carlo Calenda, pur essendo contrario alla legge sull’autonomia voluta dal governo Meloni, si è detto contrario al referendum perché, a detta sua, un eventuale mancato raggiungimento del quorum rafforzerebbe le posizioni del governo sull’autonomia.