Conte esagera i “costi” del nuovo Patto di stabilità

Il presidente del Movimento 5 Stelle parla di un aggiustamento da 30 miliardi di euro e di «tagli» per 12 miliardi per i prossimi anni. Al momento questi numeri sono una sovrastima
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
L’8 gennaio, in un’intervista con La Stampa, il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha detto che come conseguenza del nuovo Patto di stabilità l’Italia dovrà fare ogni anno «12 miliardi di tagli». «Se consideriamo solo il finanziamento del taglio del cuneo fiscale arriviamo a una manovra correttiva per il solo 2024 che si aggira intorno a 30 miliardi», ha aggiunto Conte. Lo stesso giorno l’ex presidente del Consiglio ha ribadito (min. 22:06) il concetto, ospite a Prima di domani su Rete 4. «Attenzione, non voglio spaventare i telespettatori. Patto di stabilità: è prevista una manovra correttiva per l’anno prossimo di 30 miliardi. Taglio alla spesa sociale. Negli anni a venire 12 miliardi all’anno».

Da dove vengono i numeri citati da Conte? E quanto sono affidabili? Abbiamo controllato e il presidente del Movimento 5 Stelle esagera.

A che punto è il nuovo Patto di stabilità

Lo scorso 20 dicembre i 27 Paesi dell’Unione europea hanno trovato un accordo per riformare il Patto di stabilità, che fissa le regole di bilancio che tutti gli Stati membri devono rispettare. Tra queste, ci sono le regole sul livello del debito pubblico in rapporto al Pil e quelle sul deficit, ossia la differenza negativa tra quanto lo Stato incassa e quanto spende.

Questo patto era stato sospeso dal 2020, a causa della pandemia di Covid-19, e negli scorsi mesi si sono intensificate le trattative per raggiungere un’intesa e renderlo di nuovo operativo, adattandolo al rinnovato contesto economico. L’accordo è stato trovato all’interno dell’Ecofin, l’organismo del Consiglio dell’Ue composto dai ministri dell’Economia e delle Finanze di tutti gli Stati membri. 

La riforma del Patto di stabilità non è ancora entrata in vigore: il Consiglio dell’Ue deve infatti avviare i negoziati con il Parlamento europeo, che dovrà esprimersi sul nuovo testo.

Senza entrare nei dettagli tecnici dell’accordo raggiunto tra i Paesi Ue, perché Conte parla di una «manovra correttiva» da 30 miliardi di euro per il 2025 e «tagli» da 12 miliardi di euro per gli anni a seguire? Per rispondere a questa domanda, partiamo dal secondo numero.

Da dove vengono i 12 miliardi

Con tutta probabilità i «12 miliardi» citati dal presidente del Movimento 5 Stelle fanno riferimento a un’analisi pubblicata il 21 dicembre da Bruegel, uno dei principali think-tank europei in ambito economico e finanziario. 

Nella sua analisi Bruegel ha elencato quali sono, a detta sua, i vantaggi e gli svantaggi della riforma del Patto di stabilità e ha stimato quali saranno le possibili conseguenze per i conti pubblici degli Stati membri. Nei prossimi sette anni Bruegel ha stimato per l’Italia un «aggiustamento» annuo per un valore pari allo 0,61 per cento del Pil, ossia circa 12 miliardi di euro, la cifra citata da Conte. Ma questo non significa necessariamente che, per rispettare le eventuali nuove regole europee, l’Italia sarà costretta ogni anno a tagliare la spesa pubblica, in particolare la parte destinata alle politiche sociali, per un valore di 12 miliardi di euro. 

Innanzitutto va chiarito che cosa sia questo «aggiustamento», ossia il “costo” del nuovo Patto di stabilità. Non si tratta di tributi o risorse da versare all’Unione europea, ma di una stima di riduzione del deficit da parte dei Paesi per raggiungere i nuovi obiettivi del Patto di stabilità. Tra le altre cose, l’intesa raggiunta a dicembre prevede un progressivo abbassamento del deficit. Insomma, il nostro Paese dovrà ridurre le spese, ma è fuorviante presentare questa riduzione come veri e propri tagli: è più corretto parlare di minori risorse prese a prestito. Per rientrare nei nuovi parametri si dovranno sottrarre risorse ad alcune misure che oggi sono finanziate, ma queste spese già in passato l’Italia non poteva permettersele, per così dire, visti i precedenti parametri e per il loro finanziamento ha comunque dovuto prendere risorse a prestito.  Soprattutto, non è specificato da nessuna parte che questi “tagli” debbano interessare la spesa sociale.

Queste regole andrebbero applicate ai Paesi che hanno un deficit inferiore al 3 per cento, limite già imposto dal precedente Patto di stabilità, ma l’Italia è oggi al di sopra di questo livello.

Il trattamento speciale per l’Italia

Secondo la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), nel 2023 il deficit era pari al 5,3 per cento del Pil, mentre nel 2024 è previsto scendere al 4,3 per cento. Per i Paesi che hanno sforato la soglia del deficit, si applicano regole diverse, con un “costo” diverso da quello stimato da Bruegel. È infatti probabile che il nostro Paese subirà una procedura d’infrazione per il deficit troppo alto, dato che è previsto scendere sotto il 3 per cento solo a partire dal 2026, con conseguente richiesta da parte della Commissione europea di ridurlo, probabilmente con un programma triennale. Questo programma dovrà imporre una riduzione del deficit di 0,5 punti percentuali ogni anno, ossia circa 10 miliardi di euro, già meno dei 12 miliardi di cui parla Conte. 

Va considerato che, allo stato attuale della proposta, il nuovo Patto di stabilità prevede uno sconto nel calcolo del deficit. Per il triennio 2025-2027, infatti, sarà possibile scorporare dal deficit una parte della spesa per interessi sul debito. Il motivo è l’aumento del costo dell’indebitamento dopo la pandemia di Covid-19, con la crescita dei tassi di interesse stabilita dalla Banca centrale europea (Bce). Per esempio nel 2021 l’Italia ha speso una cifra pari al 3,5 per cento del Pil per gli interessi sul debito pubblico (circa 64 miliardi), mentre nel 2025 si prevede un costo del 4,3 per cento (oltre 94 miliardi). Questo sconto comporterebbe un’ulteriore riduzione del “costo” da pagare per il nuovo Patto di stabilità.

Infine non va dimenticato che i parametri sul deficit e sul debito esistono già da prima di questa riforma: il Patto di stabilità era stato semplicemente sospeso durante la pandemia per permettere ai Paesi di affrontare la crisi senza precedenti. Anche in assenza di una riforma, il nostro Paese sarebbe stato prima o poi costretto a ridurre il proprio deficit e il rapporto tra il debito pubblico e il Pil.

E i 30 miliardi?

Chiarita la questione dei 12 miliardi, vediamo adesso perché Conte parla di una «manovra correttiva» di 30 miliardi. A La Stampa il presidente del Movimento 5 Stelle ha detto che questa manovra andrà fatta nel 2024, mentre in televisione ha parlato dell’anno prossimo, ossia del 2025. 

Una manovra correttiva è un intervento con cui, nel corso dell’anno, si aggiungono risorse a quelle che si sono stanziate inizialmente con la legge di Bilancio. In questi giorni se ne sta parlando dato che le previsioni economiche sono meno ottimistiche rispetto a quelle annunciate dal governo Meloni.

Al momento, comunque, nonostante le prospettive economiche non siano particolarmente buone, è improbabile che il governo decida di varare una manovra correttiva, dato che le principali misure annunciate dal governo nella legge di Bilancio sembrano essere coperte. Più che a una «manovra correttiva», con tutta probabilità Conte ha voluto fare riferimento alle forti modifiche nella spesa che saranno necessarie dal 2025 nel caso in cui si debbano davvero trovare risorse pari a 30 miliardi di euro. Da dove viene questa cifra?

Il rinnovo temporaneo per il 2024 del taglio del cuneo fiscale, stabilito dalla nuova legge di Bilancio, costerà quest’anno quasi 10 miliardi di euro. Il governo ha anche introdotto temporaneamente per il 2024 una revisione dell’Irpef, con la riduzione da quattro a tre del numero degli scaglioni a cui si applicano altrettante aliquote per determinare l’imposta da versare allo Stato. Questa revisione temporanea, che attua una prima parte della riforma fiscale del governo, costerà solo per il 2024 poco più di 4 miliardi di euro. Se sommiamo i 10 miliardi con i 4 miliardi, otteniamo 14 miliardi di euro, che serviranno nel 2025 per rinnovare ancora le due misure. Se sommiamo questa cifra ai 12 miliardi visti sopra, otteniamo 26 miliardi di euro. Con tutta probabilità sono questi i soldi a cui fa riferimento Conte, che però ha arrotondato la cifra a 30 miliardi.

In ogni caso, è ancora presto per stabilire quali saranno le conseguenze economiche del nuovo Patto di Stabilità, visto che ancora non è stato approvato definitivamente. Sulla base di quanto abbiamo visto, le cifre sul “costo” degli aggiustamenti usate da Conte sono quindi sovrastimate. 

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