La rivolta
Il paesino si ribella. Dopo ripetuti solleciti ignorati, scatta l’accertamento patrimoniale per oltre 19 mila euro di canoni arretrati. INWIT fa ricorso al Tribunale di Ivrea. A quel punto, scoppia la vera battaglia.
A rappresentare il comune c’è l’avvocata Patrizia Bugnano, che imposta la causa su un principio chiave: il terreno in oggetto non è un bene pubblico a uso collettivo – come possono essere una piazza, una strada, un lampione – è un bene del patrimonio disponibile. In altre parole, è un immobile che l’amministrazione può gestire come un privato, anche affittandolo a condizioni di mercato al miglior offerente. E per quei beni, spiega in aula, il canone calmierato non si applica.
Il Tribunale di Ivrea le dà ragione, respingendo integralmente l’opposizione del gigante della telefonia. La sentenza chiarisce che la norma invocata dalla società non può derogare a un contratto privatistico, specie quando si tratta di beni che servono all’ente per generare reddito e mantenere gli equilibri di bilancio.
Non basta: per ottenere i canoni degli anni precedenti, il comune, con il supporto dei legali, mette in piedi anche una procedura di «sfratto per morosità» nei confronti dell’azienda. Per non rischiare di dover smontare tutto INWIT paga conto e arretrati per circa 20 mila euro e mantiene l’antenna in funzione.