I codici di condotta per i parlamentari contano poco

Alla Camera le regole esistono dal 2016, al Senato dal 2022, ma non sono un granché rispettate, per vari motivi
Ansa
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Aggiornamento 2 agosto, ore 13:00 – Il 31 luglio il Comitato consultivo sulla condotta dei deputati ha approvato le linee guida proposte nella scorsa legislatura dal deputato Luca Pastorino. Il testo è ora passato all’esame dell’Ufficio di presidenza della Camera per l’eventuale via libera definitivo.

 

In teoria, in Italia i deputati e i senatori sono tenuti a rispettare due codici di condotta, introdotti rispettivamente nel 2016 alla Camera e nel 2022 al Senato. Questi codici stabiliscono, tra gli altri, i principi di trasparenza da osservare sugli incarichi ricoperti durante il mandato dai parlamentari, sulla rendicontazione delle spese sostenute e sugli eventuali doni ricevuti. 

Nella pratica, però, i codici di condotta della Camera e del Senato contano fino a un certo punto: entrambi hanno alcuni problemi e contengono norme mai applicate, nonostante i richiami e le raccomandazioni fatte negli anni da alcune organizzazioni internazionali.  

I codici di condotta di Camera e Senato

Alla Camera il codice di condotta è stato introdotto il 12 aprile 2016, durante il governo Renzi, quando l’assemblea era presieduta da Laura Boldrini (Partito Democratico). Il codice di condotta del Senato è stato approvato invece sei anni dopo, il 27 aprile 2022, durante il governo Draghi e con l’aula presieduta da Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia). 

Il codice di condotta dei deputati prevede che «nell’esercizio delle loro funzioni, i deputati agiscono con disciplina e onore», senza «ottenere alcun vantaggio finanziario diretto o indiretto o altre gratifiche». La stessa formula è prevista dal codice del Senato. I due codici di condotta stabiliscono poi una serie di obblighi per deputati e senatori, tra cui uno già previsto dalla legge, ossia l’obbligo per i parlamentari di presentare entro tre mesi dalla loro elezione una dichiarazione sul proprio patrimonio, che contiene per esempio le ultime dichiarazioni dei redditi, i beni immobili posseduti e il dettaglio delle spese elettorali. 

In più, i due codici di condotta stabiliscono altri obblighi non previsti dalla legge. Tra questi, c’è l’obbligo per i deputati di presentare entro 30 giorni dall’elezione un documento, con tutti gli eventuali ruoli ricoperti all’interno di società private o pubbliche al momento della loro elezione. Questo documento, insieme alla dichiarazione patrimoniale, è pubblicato nella pagina personale di ciascun deputato e senatore sui siti ufficiali di Camera e Senato. Qui c’è un primo problema, che riguarda il formato di questi documenti: sia alla Camera sia al Senato le dichiarazioni patrimoniali e sugli incarichi ricoperti sono spesso scritte a mano dai parlamentari, e sono poi scansionate e pubblicate sui siti istituzionali in formato Pdf. Questo, spesso, non consente una facile lettura di questi documenti (Immagine 1).
Immagine 1. La dichiarazione patrimoniale del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega), pubblicata sul sito della Camera – Fonte: Camera dei deputati
Immagine 1. La dichiarazione patrimoniale del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega), pubblicata sul sito della Camera – Fonte: Camera dei deputati

Norme generiche e inapplicate

Il codice di condotta della Camera prevede poi altri due obblighi più generici: in base al primo, i deputati «nell’esercizio delle loro funzioni» non devono accettare regali o doni, salvo quelli di valore inferiore ai 250 euro; in base al secondo, la Camera garantisce la trasparenza di tutte le spese di viaggio, alloggio e soggiorno dei deputati pagate da terzi, come per esempio gli organizzatori di un evento a cui partecipa un deputato. 

Questi due obblighi presentano una serie di problemi e rimangono di fatto applicati solo sulla carta. «Il fatto che il codice circoscriva l’obbligo per i deputati di non accettare doni solo nell’esercizio delle loro funzioni, depotenzia e rende praticamente ininfluente l’obbligo stesso. Che cosa vuol dire infatti la formula “nell’esercizio delle loro funzioni”? Se un deputato riceve doni e regali fuori dalla sua attività di parlamentare questo è ammissibile?», ha sottolineato a Pagella Politica Serena Sileoni, professoressa di Diritto costituzionale all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e consigliera di Mario Draghi quando è stato presidente del Consiglio. Sulla questione dei regali il codice di condotta del Senato è ancora più vago e non prevede nemmeno una soglia specifica, ma tutto è a discrezione dei singoli senatori. «I senatori verificano che il valore dei doni accettati nell’esercizio delle proprie funzioni sia conforme alle consuetudini di cortesia», recita infatti l’articolo 5 del codice di condotta del Senato.

Alla Camera l’altro obbligo previsto dal codice di condotta, quello relativo alle spese dei deputati, non è mai stato applicato. Dal 2016 a oggi, infatti, la Camera non ha mai stabilito nel dettaglio le linee guida per garantire la trasparenze delle spese dei deputati per alloggi, viaggi e soggiorni pagati da soggetti terzi, sebbene organismi internazionali come il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) – un organo di controllo contro la corruzione del Consiglio d’Europa – lo abbiano più volte richiesto in questi anni. La richiesta di stabilire delle linee guida dettagliate sulla trasparenza delle spese dei deputati è presente in tutte le valutazioni del GRECO sull’Italia (2017, 2018, 2021, 2022 e 2024). 

Il compito di formulare queste linee guida spetta al Comitato consultivo sulla condotta dei deputati, un organo previsto dal codice di condotta che ha deve vigilare sull’applicazione del codice. Fonti istituzionali hanno spiegato a Pagella Politica che il Comitato consultivo della Camera ha iniziato la discussione su come garantire la trasparenza delle spese dei deputati nel 2018, sotto la presidenza della deputata del Movimento 5 Stelle Francesca Businarolo, senza però arrivare a un risultato, complici i vari cambi di governo e di maggioranza avvenuti nel frattempo. 

Dopo la caduta del primo governo Conte, sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle, e la nascita del secondo governo Conte, sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Partito Democratico, Businarolo è stata sostituita dal deputato Luca Pastorino, all’epoca eletto con Liberi e Uguali. A giugno 2022 Pastorino è riuscito a presentare al comitato e all’Ufficio di presidenza della Camera un testo con le linee guida per la trasparenza sulle spese dei deputati, che però non è mai stato approvato complice la fine anticipata della legislatura e alcune divisioni all’interno del comitato stesso. «Nella scorsa legislatura siamo arrivati a proporre un testo condiviso, nonostante ci fossero idee diverse tra i parlamentari del comitato sulle spese precise da rendicontare», ha spiegato a Pagella Politica Pastorino, oggi deputato del gruppo Misto e ancora membro del Comitato sulla condotta dei deputati. In questa legislatura, il Comitato della Camera ha ripreso la discussione su come garantire la trasparenza delle spese il 19 aprile 2023, sotto la guida del nuovo presidente Riccardo Zucconi (Fratelli d’Italia) che ha adottato come base di partenza la proposta di Pastorino. Questa proposta prevede che i deputati pubblichino nella loro pagina istituzionale sul sito della Camera tutte le spese per viaggi, alloggi e soggiorni pagate da soggetti terzi, fatta eccezione per quelle inferiori a 250 euro. In più è esclusa la pubblicazione delle spese se queste sono state pagate da organi costituzionali, come la Camera stessa; altre amministrazioni pubbliche, come le regioni o le province; organizzazioni internazionali, come lo stesso Consiglio d’Europa; e i partiti, le fondazioni e le confessioni religiose.
Immagine 2. Luca Pastorino, ex presidente del Comitato consultivo sulla condotta dei deputati – Fonte: Ansa
Immagine 2. Luca Pastorino, ex presidente del Comitato consultivo sulla condotta dei deputati – Fonte: Ansa
Pastorino ha detto a Pagella Politica che la proposta sarà approvata dal Comitato consultivo il 31 luglio, e sarà poi inviata all’Ufficio di presidenza della Camera a cui spetterà il compito di dare il via libera definitivo, e quindi renderla operativa a tutti gli effetti. 

Al Senato, invece, il discorso è diverso: il codice di condotta non prevede nessuna norma per garantire la trasparenza delle spese per alloggi, viaggi e soggiorni dei senatori e pagate da soggetti terzi.

Regole non vincolanti

Il problema di fondo del codice di condotta dei deputati è che, a differenza di quello dei senatori, non è vincolante. Il codice di condotta dei senatori è infatti previsto espressamente dal regolamento del Senato e questo rende le disposizioni del codice a tutti gli effetti vincolanti per i senatori stessi. Al contrario, il codice di condotta dei deputati non è previsto nel regolamento della Camera: ciò lo rende non vincolante e l’unica sanzione prevista per i deputati che non rispettano le regole è l’annuncio pubblico durante una seduta dell’aula. In base alle verifiche di Pagella Politica, dal 2016 a oggi questo tipo di sanzione è stata applicata solo una volta, il 6 giugno 2017, nei confronti di dieci deputati che non avevano inviato alla Camera la dichiarazione sugli incarichi ricoperti prima della loro elezione. 

In questi anni il GRECO ha più volte invitato la Camera a inserire il proprio codice di condotta nel regolamento dell’assemblea, per renderlo vincolante, ma anche questa richiesta non è ancora stata rispettata. Il 10 aprile 2024 il deputato del Gruppo Misto Manfred Schullian, esponente della Südtiroler Volkspartei, ha presentato un emendamento alla proposta di riforma del regolamento della Camera per introdurre il codice di condotta dei deputati nel regolamento. Questo emendamento però, come anche gli altri presentati, non è finora stato votato perché l’esame della riforma del regolamento della Camera è bloccato da mesi. 

Al Senato le sanzioni per i senatori che non rispettano il codice di condotta sono più severe e prevedono la sospensione dai lavori fino a un massimo di dieci giorni. Al Senato però non esiste un comitato di controllo sul codice di condotta come alla Camera: tutte le decisioni sulle sanzioni per il mancato rispetto del codice spettano al Consiglio di Presidenza, di cui però non sono disponibili resoconti delle sedute.

Il senso dei codici di condotta

Insomma, in Italia i codici di condotta dei deputati e dei senatori presentano diversi problemi, legati soprattutto alla loro genericità e all’assenza di vincoli precisi. 

Secondo Sileoni è comunque fisiologico che i codici di condotta non riescano a garantire piena trasparenza sui comportamenti dei parlamentari. «Questo è dovuto per esempio al fatto che i controllori sono di fatto gli stessi controllati. Ma d’altronde anche affidare il compito a un’autorità terza, come un giudice, sarebbe persino peggio, perché costituirebbe una specie di stato di polizia sul Parlamento», ha spiegato Sileoni, che a gennaio 2020 ha pubblicato uno studio sul tema intitolato “I codici di condotta per i parlamentari, tra diritto e politica”.

Per Sileoni i codici di condotta di Camera e Senato hanno un valore più che altro simbolico, per ricordare come certi comportamenti non si addicano a un parlamentare. E questo non è necessariamente un male. «A mio parere estremizzare il principio della trasparenza, pretendendo di sapere tutto sui nostri rappresentanti, è qualcosa di controproducente e sbagliato, perché a volte anche la riservatezza è fondamentale. Per esempio, i resoconti delle sedute delle commissioni parlamentari sono solo sommari e non integrali, e questo secondo me è un bene, perché nella dialettica tra maggioranza e opposizioni ciò consente un dialogo più tranquillo e franco», ha aggiunto la professoressa. 

Secondo Sileoni ciò non toglie comunque che ci siano codici di condotta migliori rispetto a quelli italiani, come quelli per i membri del Parlamento europeo e della Commissione europea. Entrambi questi codici impongono per esempio una disciplina più rigida e chiara sugli incontri svolti dai parlamentari europei e dai membri della Commissione Ue con i rappresentanti di interesse, meglio conosciuti con il termine “lobbisti”. Sia il codice di condotta del Parlamento europeo sia quello della Commissione Ue impongono infatti ai membri dei due organi di pubblicare sulle proprie pagine personali un elenco dettagliato degli incontri svolti, che in Italia non è previsto né per i deputati, né per i senatori né per i membri del governo. Solo alla Camera è attivo un registro dove hanno l’obbligo di iscriversi i lobbisti che vogliono accedere ai locali di Montecitorio, ma non ci sono obblighi per i singoli deputati.

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