Dove è più facile comprare casa in Italia

L’80 per cento circa della popolazione italiana vive in una casa di proprietà. Ma la possibilità di acquistare un immobile cambia da regione a regione a seconda del reddito e dei costi
Ansa
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Nelle ultime settimane la politica italiana è tornata a parlare del costo delle case dopo le proteste degli studenti che si sono accampati in tenda davanti a varie università. 

Ma quante sono le persone che vivono in affitto nel nostro Paese e quante in una casa di proprietà? Quanto è facile comprare una casa e quanto pesano i costi abitativi sul reddito dei cittadini? Vediamo che cosa dicono i numeri.

Chi vive in una casa di proprietà

Secondo i dati più aggiornati di Istat, nel 2021 il 79,5 per cento della popolazione italiana viveva in una casa di proprietà e il 20,5 per cento in affitto. Possedere un’abitazione è la scelta principale della popolazione italiana, indipendentemente dall’età o dal titolo di studio, seppur con alcune differenze. 

La percentuale di persone che vive in una casa di proprietà cresce con l’aumentare dell’età. In Italia vive in una casa di proprietà il 62,7 per cento delle famiglie in cui il membro con il reddito più alto ha meno di 35 anni di età, il 67,8 per cento tra i 35 e i 44 anni, il 76,7 per cento tra i 45 e i 54 anni, l’83,2 per cento tra i 55 e i 64 anni e l’89,8 per cento sopra i 65 anni.
Vive in una casa di proprietà l’82 per cento delle famiglie dove il percettore di reddito principale ha al massimo il titolo di scuola elementare, il 73 per cento di chi ha il titolo di scuola media, l’80,1 per cento dei diplomati e l’86,2 per cento di chi si è laureato. 

Nel Nord-Ovest il 77,1 per cento della popolazione vive in una casa di proprietà, nel Nord-Est il 78,8 per cento, nel Centro l’82,5 per cento, nel Sud il 78,4 per cento e nelle Isole l’84,1 per cento. Le case di proprietà sono più diffuse nei comuni sotto i duemila abitanti (88,1 per cento) rispetto ai comuni con oltre 50 mila abitanti (76 per cento), e nella periferia delle aree metropolitane (78,9 per cento) rispetto al centro (73,8 per cento).

Quanto è accessibile l’acquisto di una casa

Ogni anno l’Osservatorio del mercato immobiliare (Omi) dell’Agenzia delle Entrate calcola il cosiddetto affordability index, un indicatore che calcola quanto è facile per le famiglie italiane comprare un casa. Il calcolo si basa su vari fattori, tra cui il reddito disponibile, il costo del mutuo con i tassi di interesse e il prezzo delle abitazioni. Quando l’indice è sopra lo zero, significa che una famiglia media è in grado di acquistare un’abitazione al prezzo medio di mercato. Più è alto il valore dell’affordability index, più è semplice acquistare casa. Più è basso, più è difficile farlo. 

Alla fine del 2021 l’indice era pari al 14,8 per cento, una percentuale in linea con quella dell’anno precedente, 10 punti percentuali più alta del valore minimo registrato nel 2012 e superiore di quasi 5 punti percentuali al valore della prima metà del 2004, il precedente massimo storico. È probabile però che, con i dati più aggiornati, nel 2022 l’indice scenderà a seguito del forte aumento dei tassi di interesse applicati sui mutui.

L’Agenzia delle Entrate calcola l’affordability index anche a livello regionale. La regione dove la case sono più accessibili è il Molise (20 per cento), seguito da Calabria e Basilicata (tra il 19 e il 20 per cento), mentre la regione dove è più difficile è il Trentino-Alto Adige, con l’indice che si posiziona all’8 per cento, quasi la metà di quello medio italiano. Insieme al Trentino-Alto Adige, le case sono meno accessibili in Liguria e Lazio. La Lombardia è la settima regione con le case meno accessibili (13 per cento).
Le regioni con un indice superiore alla media hanno caratteristiche piuttosto simili per quanto riguarda le caratteristiche del patrimonio residenziale o la loro tipologia di utilizzo. «Sono infatti regioni dotate di patrimonio di pregio (Lazio, Toscana e Campania in primo luogo) e ricettori, non solo per questo, di un notevole flusso turistico che spesso determina l’acquisto di case per vacanze (Liguria, Valle d’Aosta, Sardegna e Trentino Alto Adige)», scrive l’Agenzia delle Entrate in un rapporto pubblicato l’anno scorso.

Quanto pesano i costi abitativi

Quanto pesano complessivamente i costi abitativi sul reddito disponibile? Secondo le stime di Eurostat più recenti, nel 2021 il 18,3 per cento dei cittadini single in Italia spendeva più del 40 per cento del proprio reddito disponibile per i costi abitativi, che includono voci come l’affitto e le bollette. Questa percentuale scende al 5,5 per cento per i nuclei famigliari con due adulti e all’6,4 per cento per una famiglia con figli a carico. Il 40 per cento è la soglia oltre la quale si parla di housing cost overburden rate, ossia quando i costi abitativi sono eccessivi rispetto al reddito disponibile.
Nel 2021 nei 27 Paesi dell’Unione europea l’8,3 per cento della popolazione ha speso in media più del 40 per cento del proprio reddito per la casa. In Italia la percentuale era pari al 7,2 per cento, valore a metà classifica. Percentuali più alte si registravano in Grecia (28,8 per cento), in Danimarca (15,5 per cento), nei Paesi Bassi (12,5 per cento), in Germania (11 per cento) e in Spagna (9,9 per cento). Tra i grandi Paesi europei, la Francia fa meglio dell’Italia con il 5,6 per cento (il dato è aggiornato al 2020). 

Ci sono differenze in base al dove si vive. Il 9,2 per cento di chi vive in città spende più del 40 per cento del proprio reddito in costi abitativi, percentuale che scende al 5,9 per cento tra chi vive nelle cittadine e nei comuni attorno alle grandi città e al 6,4 per cento tra chi vive nelle zone rurali. La percentuale è poi al 26,2 per cento per chi affitta a prezzi di mercato, al 7,5 per cento per chi affitta a prezzi “ridotti” e solo al 2,2 per cento per chi è proprietario con mutuo.

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