Tutte le novità del bilancio europeo proposto da von der Leyen

Accentramento, nuove tasse e priorità riviste: perché il testo della Commissione Ue sta facendo discutere
Ansa
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Nelle scorse settimane, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato la nuova proposta di bilancio dell’Unione europea per il periodo 2028-2034. Il documento sarà discusso dalle istituzioni europee nei prossimi due anni e porterà alla stesura definitiva del bilancio dell’Ue.

Nonostante sia ancora all’inizio del suo iter legislativo, la proposta – che punta a ridisegnare in profondità il modo in cui l’Ue raccoglie e spende le proprie risorse – ha già innescato un acceso confronto tra le istituzioni europee e i principali gruppi politici. Il dibattito sul testo, che entrerà nel vivo nei prossimi mesi, sarà decisivo non solo per stabilire quante risorse potrà spendere l’Ue, ma anche chi avrà il potere di gestirle.

Perché il bilancio è importante

La presentazione della proposta di bilancio, avvenuta il 16 luglio, è un passaggio chiave dell’attività legislativa europea per almeno tre motivi. Il primo: a differenza di quanto accade nei governi nazionali, il bilancio europeo non ha validità annuale, ma settennale, e dunque include progetti di lungo respiro.

Il secondo: come ogni bilancio, pur avendo la forma di un atto economico, è in realtà un atto profondamente politico, perché definendo le voci di spesa e il loro ammontare indica con chiarezza le priorità dell’esecutivo in carica. Il terzo: questa proposta in particolare si distingue perché la seconda Commissione von der Leyen ha deciso di rivedere radicalmente il modo in cui il bilancio viene redatto e gestito. Per questo introduce una serie di novità: vediamole con ordine.

Dove prendere i soldi

Il bilancio presentato da von der Leyen, come ha detto la stessa presidente della Commissione, è «il più ambizioso» che l’Ue abbia mai visto: il suo valore complessivo supera i 1.800 miliardi di euro. A questa cifra vanno aggiunti i fondi necessari a ripagare parte dei prestiti del Next Generation EU, il piano europeo pensato per rilanciare l’economia dei 27 Paesi membri dopo la pandemia da COVID-19. 

Il finanziamento previsto per il nuovo bilancio arriva quindi a sfiorare i duemila miliardi di euro. In questo modo, la cifra complessiva supererà di oltre 700 miliardi quella dell’attuale bilancio, riferito al periodo 2021-2027, che era pari a 1.200 miliardi di euro, ai quali si sono poi aggiunti i fondi del Next Generation EU.

Attualmente, escludendo il finanziamento straordinario ottenuto sui mercati per fronteggiare la pandemia, l’Ue dispone di due canali principali per reperire risorse: i versamenti degli Stati membri e le cosiddette “risorse proprie”.

I versamenti degli Stati sono i contributi che ciascun Paese membro è tenuto a versare all’Ue. Ogni Stato deve destinare poco più dell’1 per cento del proprio Reddito nazionale lordo (RNL) al bilancio dell’Unione. Il RNL si calcola aggiungendo o sottraendo al Prodotto interno lordo (PIL) i redditi percepiti o pagati da persone e imprese residenti all’estero. 

I contributi raccolti vengono messi in comune e poi redistribuiti tra i Paesi membri, in base a specifiche esigenze e progetti. I Paesi che versano più di quanto ricevono sono detti “contribuenti netti” – tra cui figura anche l’Italia, escludendo i fondi del Next Generation EU – mentre quelli che ricevono più di quanto versano sono definiti “ricevitori netti”.

Oltre ai contributi statali, ci sono le “risorse proprie”, ossia fondi che l’Ue raccoglie attraverso alcune imposte, una parte dell’IVA, le multe e i dazi doganali. Finora, queste entrate sono state piuttosto limitate.

La proposta di bilancio della seconda Commissione von der Leyen prevede di incrementare le entrate sia aumentando i contributi degli Stati membri sia rafforzando le risorse proprie. In particolare, von der Leyen propone di alzare la quota dei contributi statali dall’attuale 1,1 per cento circa del RNL all’1,15 per cento. Anche se può sembrare una differenza marginale, per un Paese come l’Italia questo aumento potrebbe tradursi in diversi miliardi di euro in più da versare ogni anno all’Ue.

Ancora più significativo è l’intervento previsto sul fronte delle imposte europee. La Commissione Ue intende renderne la riscossione più efficace, poiché finora non lo è sempre stata: per esempio, secondo WTS – uno studio internazionale specializzato in verifiche fiscali – la plastic tax, introdotta nel 2020, ha finora prodotto risultati piuttosto modesti. Oltre a migliorare la riscossione dei tributi già esistenti, la Commissione propone di estendere il campo di applicazione delle imposte, introducendo per esempio una tassa sui rifiuti elettronici (E-Waste), sui prodotti del tabacco, e aumentando i proventi legati al sistema ETS per le produzioni industriali inquinanti.

L’acronimo ETS indica in italiano il “Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Ue”, creato per ridurre le emissioni di gas serra nei grandi impianti dei settori energetico, industriale e dell’aviazione. Questo sistema ha stabilito un tetto unico per le emissioni a livello europeo, non per singoli Stati, consentendo agli operatori coinvolti – come centrali elettriche, fabbriche e compagnie aeree – di acquistare e vendere sul mercato i diritti a emettere gas serra.

Secondo le previsioni della Commissione, l’introduzione e l’efficientamento delle imposte europee potrebbero portare nelle casse dell’Ue circa 58 miliardi di euro all’anno.

Un unico grande fondo

Nel bilancio 2021-2027 attualmente in vigore, due delle principali voci di spesa sono rappresentate dai fondi di coesione e da quelli destinati all’agricoltura. Ciascuna di queste due categorie assorbe circa il 30 per cento del totale. Nella maggior parte dei casi, i fondi vengono gestiti dalle regioni dei singoli Stati membri, che li assegnano ai beneficiari attraverso bandi, sussidi e sovvenzioni.
Secondo la Commissione Ue, questo sistema andrebbe modificato, poiché sarebbe all’origine di dispersioni e sprechi di risorse. Per questo motivo von der Leyen ha proposto di accorpare le voci di spesa relative ad agricoltura e coesione in un’unica nuova voce: l’European Economic, Territorial, Social, Rural and Maritime Sustainable Prosperity and Security Fund. La gestione di questo fondo potrebbe non essere più affidata alle regioni, ma ai governi nazionali, seguendo il modello usato per il Next Generation EU.

Il dibattito su chi dovrà amministrare i finanziamenti europei provenienti da questa nuova voce è però particolarmente acceso. La gestione dei fondi Ue, infatti, presenta da tempo numerose criticità, sia in termini di utilizzo effettivo delle risorse, sia di efficacia dei risultati. A dicembre 2024, per esempio, l’Italia aveva speso solo il 4,6 per cento dei fondi europei assegnati. Inoltre, nel marzo dell’anno precedente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva criticato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, accusandolo di aver impiegato i fondi di coesione per finanziare con decine di migliaia di euro una serie di sagre e feste locali.

Stati o regioni?

Diversamente, i fondi del Next Generation EU sono stati affidati direttamente agli Stati, e a differenza di quelli per la coesione sono stati vincolati a una precisa tabella di marcia e al raggiungimento di traguardi e obiettivi puntuali. In questo senso, secondo la Commissione, trasferire la gestione dei fondi ai governi centrali potrebbe assicurare un controllo più rigoroso e una maggiore efficacia nell’impiego delle risorse.

D’altro canto, le amministrazioni regionali rivendicano il proprio ruolo, sostenendo di essere, per ragioni di prossimità, le più adatte a gestire questi fondi. Secondo la presidente del Comitato europeo delle Regioni, Kata Tütto, le regioni sarebbero infatti più consapevoli delle specificità e delle esigenze dei singoli territori. Questa posizione è condivisa anche dalle due principali forze politiche che sostengono la Commissione von der Leyen: il Partito Popolare Europeo (PPE) e il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). 

Il 16 luglio, i quattro relatori della proposta di bilancio – Siegfried Mureșan e Danuše Nerudová per il PPE, insieme a Carla Tavares e Sandra Gómez López per il S&D – hanno dichiarato che «il punto di partenza della proposta dimostra una sorprendente mancanza di ambizione» e che, così come è formulato, il nuovo bilancio potrebbe «indebolire il ruolo delle autorità regionali e locali nella gestione dei fondi, contrapponendo agricoltori alle regioni o regioni ai governi nazionali».

Le altre voci di spesa

Oltre alla principale voce di spesa, ossia quella dedicata al fondo che unisce i fondi agricoli e quelli di coesione, la pianificazione del nuovo bilancio proposta dalla Commissione Ue prevede anche altre uscite rilevanti. 

In particolare, 450 miliardi di euro saranno destinati al “Fondo per la competitività”, una voce in cui potrebbero confluire sia investimenti per la difesa sia quelli per la transizione energetica. In quest’ultimo ambito, von der Leyen punta in particolare sulle infrastrutture energetiche, con l’obiettivo di quintuplicarne il finanziamento, passando dagli attuali 6 miliardi a 30 miliardi.

Un altro capitolo di spesa, pari a circa 11 miliardi di euro, sarà dedicato a un piano per affrontare crisi di natura meteorologica o sanitaria. Altri 200 miliardi finanzieranno invece il piano “Europa globale”, un fondo che comprende aiuti e assistenza ai Paesi vicini all’Unione europea, inclusi quelli candidati all’adesione. Per il fondo destinato alla sicurezza dei confini europei sono previsti 81 miliardi di euro, mentre ulteriori 50 miliardi saranno riservati a progetti di carattere educativo e culturale, come il nuovo programma Erasmus+.

Tutte queste voci di spesa, così come gli stanziamenti e l’intera struttura della proposta di bilancio, al momento rappresentano soltanto una proposta. Nei prossimi anni spetterà infatti a tutte le istituzioni europee – dal Parlamento al Consiglio dell’Unione europea – il compito di esaminare, discutere e, se necessario, modificare ogni singola voce di entrata e di uscita, fino a giungere, nel 2027, all’approvazione definitiva di un bilancio che accompagnerà l’Unione europea fino al 2034.
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