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Le elezioni americane del 3 novembre scorso e la condotta del presidente uscente Donald Trump, che non vuole ammettere la sconfitta che oramai gli viene pressoché unanimemente attribuita e accusa i democratici di brogli elettorali, hanno avuto ripercussioni anche nella politica europea.
I partiti della destra sovranista europea, che hanno tradizionalmente espresso il proprio apprezzamento e il proprio sostegno a Trump, come vedremo si sono generalmente schierati sulla posizione di non riconoscere ancora la vittoria di Joe Biden.
Ma in quali Paesi, tra i principali d’Europa, la destra sovranista si è spinta anche a rilanciare le bufale, le falsità e le accuse infondate che Trump e i suoi sostenitori hanno messo in circolazione negli Stati Uniti?
Grazie all’aiuto dei nostri colleghi europei di Le Monde e Libération (Francia), Maldita (Spagna), Correctiv (Germania) e Full Fact (Regno Unito) abbiamo verificato che la situazione non è omogenea, e che l’Italia e la Germania sono i due Paesi dove l’eco della propaganda pro-Trump è stata più forte.
Andiamo a vedere i dettagli, partendo proprio dall’Italia.
Italia
In Italia il partito e il politico che più si sono schierati a sostegno di Trump sono la Lega e Matteo Salvini. La comunicazione del leader leghista, come abbiamo scritto, ha oramai parecchi punti di contatto con il presidente uscente americano, sia a livello di forma che di contenuti. Ancora la sera del 9 novembre, Salvini dichiarava di non voler riconoscere la vittoria di Biden e di voler aspettare che venisse eliminato qualsiasi dubbio sul risultato. Ma nei giorni prima si era spinto anche oltre, riprendendo le bufale della propaganda pro-Trump.
Il 6 novembre Salvini aveva dichiarato che negli Usa «in alcune contee ci siano più voti che elettori, più schede che cittadini». Come abbiamo raccontato, questa è una falsità che era circolata nei giorni precedenti negli Stati Uniti, ma i dati reali mostrano invece che i voti in tutti gli stati sono inferiori al numero di elettori registrati. Salvini è stato criticato anche all’estero per queste sue parole.
Anche altri esponenti della Lega, prima o dopo il segretario, hanno fatto lo stesso. Il deputato Guglielmo Picchi, ad esempio, aveva scritto il 4 novembre un lungo status su Facebook contenente svariate accuse infondate e bufale. Tra le altre, come abbiamo verificato, che alcuni Stati avrebbero interrotto il conteggio dei voti in maniera sospetta (falso), che l’Arizona fosse stata assegnata ai democratici prima ancora che iniziasse lo scrutinio (falso) e che sempre in Arizona qualcuno avesse manomesso le schede con oggetti appuntiti (falso). E altri esponenti della Lega avevano rilanciato gli stessi contenuti di disinformazione.
Alessandro Pagano, altro deputato della Lega, il 9 novembre aveva poi continuato a portare avanti la linea del sostegno a Trump e alle sue accuse di brogli, riprendendo su Facebook una serie di accuse non dimostrate o false che aveva mosso il giorno prima Sidney Powell, avvocatessa del team di Trump impegnata nel promuovere le azioni legali contro le ipotetiche frodi elettorali.
Insomma nel nostro Paese la Lega di Salvini non solo non riconosce la vittoria di Biden ma, tramite numerosi suoi esponenti tra cui anche il proprio leader, riprende attivamente contenuti falsi e accuse infondate che i sostenitori di Trump diffondono negli Stati Uniti.
Francia
Come ci hanno segnalato i colleghi di Libération e Le Monde, la leader del partito nazionalista di destra Rassemblement National (Rn), Marine le Pen, l’11 novembre ha dichiarato di non riconoscere la vittoria di Joe Biden e di voler aspettare l’esito degli eventuali ricorsi giudiziari. Ma non ci risulta – ad esempio guardando al suo profilo Twitter – che la leader sovranista francese abbia diffuso bufale o specifiche accuse infondate sulle elezioni americane.
Almeno un membro del suo partito però l’ha fatto: l’eurodeputato Jerome Riviere ha parlato il 6 novembre di un presunto arrivo “sospetto” di un blocco di 360 mila voti al 100 per cento per Biden in Pennsylvania. L’accusa è però infondata: al massimo è vero siano arrivati 360 mila voti espressi via posta dall’area di Philadelphia (dunque con un mezzo e da un’area geografica che si sapeva avrebbe favorito i democratici) che al 90 per cento erano per Biden.
Non abbiamo trovato riscontro di altri politici del Rn che abbiano diffuso accuse senza prove di frodi elettorali o altri contenuti falsi, ma non abbiamo avuto modo di verificare tutte le dichiarazioni espresse da tutti gli esponenti del partito francese su tutti i media.
Una posizione ancora più sbilanciata a sostegno di Trump è poi stata espressa, come ci ha segnalato il nostro collega William Audureau di Le Monde, da François Asselineau, fondatore e presidente del partito Union populaire républicaine (Upr), che non è presente in Parlamento e che sostiene la “Frexit”, cioè l’uscita della Francia dall’Ue.
Asselineau ha rilanciato molte delle accuse (infondate) di brogli mosse da Trump e dai suoi sostenitori nei giorni scorsi ed è arrivato anche ad accusare, di nuovo senza prove, il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg di aver pagato centinaia di milioni di dollari per pagare agenti incaricati di rubare voti a Trump negli Stati chiave.
Spagna
Il partito di destra nazionalista spagnolo Vox si è unito al coro degli altri sovranisti europei che non riconoscono ancora la vittoria di Joe Biden.
In base a quanto ci riferiscono i nostri colleghi di Maldita, né Vox né altri partiti hanno rilanciato in misura significativa sui social bufale e accuse infondate di brogli provenienti dalla propaganda pro-Trump. Il deputato e responsabile Esteri di Vox, Iván Espinosa de los Monteros, ha scritto in un articolo pubblicato il 6 novembre che «non sappiamo se sia vero o no che ci siano state frodi elettorali (come sostengono molti repubblicani) in Stati chiave come il Wisconsin o il Michigan».
Alcuni altri membri del partito (ad esempio l’eurodeputato Hermann Tertsch, come ci hanno segnalato i colleghi di Newtral), hanno comunque ritenuto fondate le accuse di brogli mosse da Trump e almeno in un caso hanno rilanciato una notizia – quella dei 138 mila voti dati a Biden in Michigan – che non è priva di fondamento, come avevamo spiegato anche in un nostro articolo, ma che non dimostra l’esistenza di brogli (si era trattato di un errore umano rapidamente rimediato).
Una posizione dunque decisamente meno netta di quella assunta dalla Lega in Italia.
Germania
In Germania diversi esponenti del partito nazionalista di destra Alternative für Deutschland (Afd), secondo quanto ci segnalano i nostri colleghi di Correctiv, stanno diffondendo le accuse infondate di brogli nelle elezioni americane.
Ad esempio il deputato Jens Kestner ha pubblicato su Facebook un’immagine e un post in cui sostiene – senza alcuna prova – che grazie a «elezioni rubate» Kamala Harris, la futura vicepresidente, diventerà presto presidente, speculando sul fatto che Joe Biden verrà presto «sostituito» dal Partito democratico.
Secondo quanto riporta il quotidiano tedesco Taz, sono poi molti gli esponenti di Afd che ritengono fondate le accuse di frodi elettorali rivolte da Trump ai democratici e invitano il partito a non credere all’informazione mainstream e a non riconoscere la vittoria di Biden.
Queste reazioni si inseriscono nel quadro di una frattura interna all’Afd, in quanto i due leader, Alexander Gauland e Alice Weidel, hanno invece riconosciuto la vittoria di Biden in un comunicato stampa, pur notando che qualsiasi irregolarità verrà accertata rapidamente attraverso le regole dello stato di diritto.
Possiamo insomma dire che il partito sia spaccato in due, con la dirigenza orientata a riconoscere la vittoria di Biden e diversi membri del partito che invece sposano in pieno la linea di Trump, ritenendo che le elezioni siano state truccate dai democratici.
Regno Unito
Nel Regno Unito, da quanto ci segnalano i colleghi di Full Fact, finora non si è vista circolare molta disinformazione pro-Trump tra i politici britannici.
In effetti anche il più acceso sostenitore di Trump, Nigel Farage, leader del Brexit Party che è stato anche invitato a parlare dal presidente americano a uno dei suoi ultimi comizi della campagna elettorale, ha finora tenuto un atteggiamento soltanto possibilista sulla questione dei brogli.
In un video diffuso sul suo profilo Twitter il 5 novembre ad esempio si dice fiducioso (min. 3:28) che il team di Trump troverà le prove dei brogli, ma subito dopo riconosce che ci sia la possibilità che queste non vengano trovate e il presidente diventi Biden. Lo stesso atteggiamento è stato poi ribadito il giorno successivo da Farage in un articolo pubblicato su Newsweek.
Farage non ha poi rilanciato vere e proprie bufale pro-Trump ma in almeno in un’occasione vi ha alluso: il 6 novembre ha twittato che «Biden ha fatto campagna elettorale dal suo scantinato per solidarietà con molti dei suoi elettori, che a loro volta erano due metri sotto terra», evocando la questione dei voti arrivati ai democratici da elettori deceduti (questione di cui abbiamo parlato anche noi).
Il Partito conservatore e il suo leader brexiter Boris Johnson sembrano invece non aver avuto particolari tentennamenti nel riconoscere Joe Biden come il prossimo presidente americano.
In conclusione
Tiriamo allora le fila di quanto abbiamo visto. Numerosi partiti nazionalisti e sovranisti di Italia (Lega), Francia (Rn), Spagna (Vox), Germania (Afd, in parte) e Regno Unito (Brexit Party) non hanno ancora riconosciuto la vittoria di Joe Biden nelle ultime elezioni presidenziali americane e chiedono di aspettare che vengano chiarite le accuse di brogli. Fanno eccezione appunto i leader di Afd, contestati però da diversi parlamentari del loro partito.
La condivisione di accuse infondate di brogli, bufale e falsità sulle elezioni americane tuttavia non è stata altrettanto diffusa tra le forze politiche europee che abbiamo appena elencato. In Spagna non ce n’è praticamente traccia, così come nel Regno Unito. In Francia poi ne abbiamo trovato solo pochi casi. La situazione è diversa in Germania, dove una parte consistente di Afd ha rilanciato le tesi della propaganda pro-Trump, e soprattutto in Italia.
Il nostro Paese, da quel che è emerso dalle nostre ricerche, è l’unico in cui il leader di uno dei principali partiti del Paese – come Matteo Salvini – ha rilanciato chiaramente una falsità circolata negli Usa a sostegno di Trump. Anche la quantità di contenuti falsi o privi di fondamento condivisa da altri esponenti della Lega non sembra poi avere eguali negli altri grandi Paesi europei.