Quanto sono affidabili i risultati delle primarie?

Il voto, che ha visto la vittoria di Elly Schlein, non è certificato da un ente terzo e in passato ci sono stati dubbi sulla sua regolarità
ANSA/MATTEO CORNER
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Domenica 26 febbraio, dalle ore 8 alle 20, gli elettori del Partito democratico hanno votato alle primarie del partito, che hanno sancito la vittoria della deputata Elly Schlein sul presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Al momento non sono ancora disponibili i dati definitivi della votazione: fonti interne al Partito democratico hanno spiegato a Pagella Politica che saranno pubblicati nella serata di lunedì 27 febbraio. Per il momento gli unici dati disponibili sono quelli divulgati a poche ore dalla chiusura delle urne dalla presidente della Commissione nazionale per il Congresso, la deputata Silvia Roggiani. Al voto avrebbero partecipato «circa un milione di elettori», secondo quanto dichiarato dal partito: il 53,8 per cento delle preferenze sarebbe andato a Schlein, il 46,2 per cento a Bonaccini. 

Il dato sull’affluenza alle primarie di quest’anno è quindi il più basso nella storia del Partito democratico. Nonostante l’affluenza sia diminuita rispetto alle precedenti primarie, un milione di voti rimane comunque un dato significativo per un’elezione di partito, soprattutto a fronte del calo generale dell’affluenza registrato in tutte le elezioni italiane negli ultimi anni. A differenza delle elezioni politiche, europee, regionali o comunali, le primarie del Partito democratico non sono comunque previste dalla legge, e il loro funzionamento è regolato dal partito stesso, che attraverso i suoi militanti e i suoi elettori organizza una votazione su tutto il territorio nazionale. In altre parole il regolare svolgimento della votazione e i risultati non sono certificati da nessun ente terzo, ma sono sottoposti solo al controllo degli organi interni del Partito democratico. Secondo i dati diffusi dallo stesso Partito democratico, per le primarie del 26 febbraio sono stati organizzati 5.500 seggi in tutta Italia, gestiti da circa 20 mila volontari.

La gestione privata di un’elezione nazionale solleva sempre alcuni dubbi sul corretto svolgimento del voto e degli scrutini. In passato, soprattutto in occasione delle primarie del 2017, non sono mancati brogli e contestazioni in alcuni seggi del Sud Italia. In occasione delle primarie del 2019, invece, i dati sui voti raccolti in valore assoluto da ognuno dei tre candidati corrispondevano a percentuali precise, senza decimali, un fatto piuttosto strano, che aveva suggerito ci fosse stata una modifica di un qualche tipo per “arrotondare” le percentuali.

Tra chi lamenta scarso controllo sull’accesso alle urne e chi sospetta scarsa trasparenza sullo spoglio dei voti, anche in queste primarie non sono mancate le contestazioni. Ma quanto sono affidabili i risultati delle primarie? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

Le operazioni di voto

Per votare alle primarie del 26 febbraio bisognava presentarsi nel gazebo più vicino al proprio comune di residenza tra quelli allestiti dal Partito democratico in tutta Italia. Potevano votare tutti i cittadini italiani dai 16 anni di età in su e i cittadini stranieri residenti in Italia. Anche studenti e lavoratori fuori sede hanno potuto votare alle primarie: per farlo però dovevano pre-registrarsi entro il 24 febbraio sulla piattaforma online del Pd, inserendo la documentazione richiesta e selezionando il gazebo della zona in cui si vive. In base al regolamento elettorale distribuito dal Partito democratico alle sue varie commissioni provinciali, l’elettore doveva presentarsi al seggio con un documento di identità e con 2 euro da versare come contributo obbligatorio per l’organizzazione della consultazione. Oltre al documento d’identità, nei comuni con più di un seggio gli elettori dovevano portare con sé anche la tessera elettorale. 

Questo meccanismo, pensato per evitare che una persona potesse votare più volte in seggi diversi, non sempre sembra essere stato rispettato. Per esempio a Brescia, in Lombardia, un militante di estrema destra si è fatto filmare mentre votava in cinque diversi seggi elettorali della città. Pagella Politica ha verificato che anche a Milano, almeno in un seggio, si poteva votare senza essere pre-registrati.

Come funziona lo spoglio

Lo spoglio dei voti delle primarie è stato caratterizzato da più fasi. Al termine delle operazioni di voto i presidenti di seggio hanno dovuto verificare la corrispondenza tra il numero di elettori registrati e il numero di schede depositate nelle urne. In seguito si è proceduto con lo spoglio dei voti e l’annotazione dei risultati. 

Durante lo scrutinio il presidente di seggio ha svolto un ruolo fondamentale, perché ha avuto il compito di decidere sulle schede dubbie, per esempio quelle dove è stato difficile stabilire a quale candidato sia andato il voto. In questo caso, il presidente si è consultato con gli altri componenti del seggio e ha deciso se convalidare o annullare le schede. In questa fase, un altro ruolo importante è stato svolto dai rappresentanti di lista. Questi ultimi rappresentano i candidati alla segreteria, vigilano sulle operazioni di scrutinio e contestano eventualmente le schede dubbie. I rappresentanti di lista vengono nominati dai rappresentanti dei candidati a livello regionale. Un volontario del Partito democratico di Milano ha spiegato a Pagella Politica che, una volta terminate le operazioni di voto, le urne elettorali sono state portate nelle sedi locali del partito, dove è avvenuto lo spoglio delle schede alla presenza di un rappresentante per ogni candidato, in modo da avere un doppio controllo ed evitare brogli.

Fuori dalle grandi città, però, non sempre i rappresentanti di lista sono stati presenti in tutti i seggi. Per esempio fonti del Partito democratico del circolo di Cologna Veneta, un comune di circa 8 mila abitanti in provincia di Verona, hanno spiegato a Pagella Politica che nei seggi dei comuni più piccoli molto spesso i rappresentati di lista non sono stati designati, sia per mancanza di risorse sia perché i rappresentanti di lista sono concentrati nelle città più grandi di ciascuna provincia, dove sono presenti più seggi.

Una volta concluso lo spoglio, i presidenti di ogni seggio hanno raccolto le schede scrutinate e le hanno portate nella sede della commissione provinciale delle primarie, con il verbale dei risultati e il ricavato delle quote versate dai votanti. La commissione regionale ha verificato i risultati e la regolarità dei verbali ricevuti e li ha inviati alla commissione nazionale del partito. Quest’ultima svolge un’ulteriore verifica dei risultati e comunica i risultati ufficiali, convocando entro sette giorni l’Assemblea nazionale del partito. 

Le eventuali segnalazioni e le contestazioni sulle procedure di voto e scrutinio delle primarie devono essere rivolte alla commissione nazionale, che ha il compito di decidere su ciascuna questione entro 48 ore dalla segnalazione. Sulla decisione della commissione nazionale è possibile fare ricorso di fronte alla commissione nazionale di garanzia, che a sua volta deve decidere entro 24 ore dalla segnalazione. La commissione nazionale di garanzia è un organismo interno al Partito democratico che si occupa di giudicare e risolvere i ricorsi interni al partito. 

Il controllo sulla regolarità delle primarie è affidato dunque agli organi interni del Partito democratico. Sia il regolamento del congresso che il regolamento distribuito dal Partito democratico alle commissioni provinciali non prevedono infatti un ente terzo che certifichi la regolarità delle operazioni di voto.

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