Continua inesorabile la triste galoppata all’insù del tasso di disoccupazione italiano. Risale infatti al primo aprile il più recente aggiornamento Istat sul numero di disoccupati per il mese di febbraio, e purtroppo non si tratta di un pesce d’aprile. Il 13,0% segnalato dall’istituto di statistica nazionale è sostanzialmente stabile dal punto di vista congiunturale (sul mese precedente), ma segna un aumento di 1,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Adesso bisogna però verificare se i tassi comparati tra Regno Unito e Italia si sono veramente evoluti negli anni, come citato dal Premier. Per far ciò basta aprire i dati Eurostat sulla disoccupazione annuale: qui notiamo che nel 2011 i due Paesi registravano effettivamente dei tassi di disoccupazione attorno all’8% (8,4% in Italia, 8,0% nel Regno Unito). Con il passare degli anni, però, la crisi si è fatta sentire in Italia, contribuendo a distaccare il nostro tasso di disoccupazione dalle cifre britanniche.
Mentre, infatti, Londra vedeva calare la percentuale di disoccupati sulla popolazione attiva fino ad arrivare al 7,5% nel 2013, in Italia questo indice schizzava in alto, raggiungendo il 12,2% nello stesso anno.
Che dire, infine, della disoccupazione giovanile (totale dei disoccupati tra i 15-24 anni sul totale degli attivi – sempre tra i 15 ed i 24 anni di età)? Purtroppo Renzi ha ragione pure qui. Sempre secondo i dati Eurostat, nel 2011 l’Italia partiva già con un altissimo 29% mentre il Regno Unito viaggiava sul 21%. Nel corso degli anni i due Paesi hanno imboccato due direzioni opposte, con Roma che raggiungeva il 40% nel 2013 e Londra che declinava lentamente, fino a raggiungere il 20,5%.
Per essere precisi, il 42,3% è il dato di febbraio appena divulgato dall’Istat, che non è propriamente comparabile al dato per il Regno Unito riportato da Eurostat, ma poco cambia.
Insomma, per quanto dispiaccia, il Premier dice la verità.