Ah, il fact-checking che si misura con il buon vecchio luogo comune in base al quale a causa dell’euro i prezzi sarebbero raddoppiati! Per quanto sia considerato da molti praticamente un dato di fatto, non trova assolutamente riscontro nei dati. Vediamoli.



Partiamo dal potere d’acquisto delle famiglie italiane. L’Istat misura questo indicatore definendolo reddito lordo disponibile delle famiglie in termini reali, ottenuto utilizzando il deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie espressa in valori concatenati con anno di riferimento 2005″. In parole povere, si tratta del reddito lordo delle famiglie al netto dell’inflazione. Nel grafico in basso abbiamo riportato l’andamento di tale potere d’acquisto dal primo trimestre 2002 (quando è entrato in vigore l’euro) al secondo trimestre 2013. Com’è immediatamente percepibile, il potere d’acquisto è effettivamente diminuito ma molto meno del 45%, come denuncia Meloni. Infatti, rispetto al livello “100” al momento dell’immissione dell’euro, il potere d’acquisto è calato al 92,8 nel secondo trimestre 2013. Si tratta comunque di terreno bruciato: il -7,2% è ben lontano dal -45%.






Se il potere d’acquisto non è crollato del 45%, vuol dire che i prezzi non sono raddoppiati? Di questo tema ci siamo occupati nella nostra rubrica di fact-checking a Virus su Raidue qualche settimana fa. La teoria vuole che, sfruttando la confusione sulla moneta unica, i commercianti disonesti abbiano aumentato i prezzi tanto che, invece di 2.000 lire per un euro, la relazione sia stata di 1.000 lire per un euro. In realtà non è andata proprio così.






La linea blu nel grafico in alto è l’andamento dei prezzi, fatto 100 i prezzi nel 2001. La linea rossa tratteggiata è il livello che avrebbero dovuto raggiungere gli stessi prezzi se fossero stati raddoppiati. In 12 anni siamo rimasti ancora ben lontani da quella linea. Un ipotetico paniere di prodotti acquistabile per 100 euro nel 2001 oggi costa 131 euro. Abbiamo provato a scorporare l’andamento dei prezzi per alcune categorie particolarmente sensibili (si veda il grafico riportato in basso) come, per esempio, i trasporti, i cui prezzi sono aumentati di più (del 46% in 13 anni), i vestiti (aumentati del 15% circa), il cibo e le bevande (circa il 32%). Insomma: aumenti variabili ma ben lontani da un raddoppio.






Solo andando nel microscopico si riescono a trovare singoli prodotti i cui prezzi sono raddoppiati. Un’indagine Codacons di due anni fa aveva visto raddoppiare i prezzi di alcuni beni come la pizza margherita, la penna a sfera e il cono gelato. Ma su 100 prodotti studiati, solo una decina erano raddoppiati, cosa che non è successa al resto, tra cui beni quotidiani come il latte, il parmigiano, il caffè al bar.



Inoltre, se diamo uno sguardo agli anni prima dell’introduzione dell’euro (nel 2002), i prezzi non erano fermi. Anzi, l’andamento era più o meno identico. Complessivamente i prezzi, dall’entrata dell’euro sono aumentati del 30%, in linea con quanto era successo precedentemente. Il raddoppio dei prezzi si rivelerebbe, quindi, una banalissima inflazione.






Insomma: il potere d’acquisto è diminuito dell’8% – a voler arrotondare – e i prezzi sono aumentati del 30%. Non c’è stato né un dimezzamento del potere d’acquisto né un raddoppio dei prezzi. La situazione per i consumatori italiani non è affatto rosea, ma da ciò non consegue che la leader di Fratelli d’Italia sia libera di citare numeri in libertà: “Pinocchio andante”.