In occasione della chiusura del semestre italiano di presidenza del Consiglio Europeo, Beppe Grillo si dirige all’Europarlamento per affrontare il difficile tema del fondamentalismo islamico. Qui coglie l’opportunità anche di mettere in prospettiva il “progresso” relativo nel campo della parità di genere in Europa, sottolineando alcuni ritardi clamorosi.



L’uxoricidio



Per “uxoricidio” si intende l’omicidio del coniuge che fino a poco tempo fa, in Italia, veniva considerato “delitto d’onore”. Quest’ultimo consisteva nella riduzione della pena per chi avesse ucciso il coniuge, la figlia o la sorella scoperti nell’atto di “illegittima relazione carnale”, al fine di difendere il suo onore o quello della famiglia. Il diritto d’onore era regolamentato dall’articolo 587 del codice penale attuale, anche conosciuto come “Codice Rocco” (dal nome del ministro della Giustizia fascista che lo propose, Alfredo Rocco) e che entrò in vigore nel 1930. Ricordiamo inoltre che l’articolo 559 dello stesso codice prevedeva la punizione dell’adulterio della moglie e non del marito, e che l’articolo fu finalmente definito incostituzionale nel 1968 e 1969.






L’abolizione del “delitto d’onore”



Dovettero passare diversi anni tra la dichiarazione d’incostituzionalità dell’articolo che regolava l’adulterio e l’abolizione del “delitto d’onore”. Il 5 agosto 1981, sette anni dopo la legittimazione del divorzio, la legge 442 abrogò l’articolo 587 del codice penale. Vale la pena notare che la stessa legge abrogò il cosiddetto “matrimonio riparatore” che, secondo l’articolo 554 del codice penale, prevedeva che, per i delitti di violenza carnale, il matrimonio avrebbe estinto il reato dell’autore cosi come quello dei suoi complici. Grillo è un po’ impreciso con le date, ma ricorda comunque una triste realtà non troppo distante nel tempo.



La democrazia elvetica ed il voto alle donne



Dopo l’Italia, Grillo prende di mira la Svizzera, che definisce “patria della democrazia” per via del suo sistema di democrazia diretta, sistema promosso dal Movimento 5 Stelle in quanto prevede la sovranità del popolo e non dei suoi eletti, come sottolinea il titolo quarto della Costituzione federale.



Fino al 1971 la democrazia diretta elvetica negò tuttavia il diritto di voto alle donne: nel 1959, due terzi della popolazione – o meglio, della parte maschile – rifiutarono infatti la proposta parlamentare che avrebbe concesso il voto femminile.



Ricordiamo però che il sistema federale svizzero – e l’autonomia che ne deriva – permise di legiferare a livello cantonale, ed è per questo che nel 1957 un piccolo Comune del canton Vallese rese possibile il voto femminile. E’ inoltre interessante notare che nel 1968 Ginevra vantava un sindaco donna, che non poteva però votare alle elezioni federali.



In seguito al rifiuto svizzero di aderire alle sezioni riguardanti la parità dei sessi della Convenzione dei Diritti Umani del Consiglio d’Europa (che causò grande scalpore), il parlamento propose una nuova legge ed il popolo fu chiamato a votare nel 1971, quando la maggioranza degli uomini svizzeri decise di concedere il diritto di voto alle donne.



Il Verdetto



Grillo riporta a galla un capitolo raccapricciante della storia italiana con un po’ di confusione. Si dimostra invece più preparato sulle vicende svizzere, e si merita un “C’eri quasi”.