Nel dibattito sull’acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli di immigrati, il leader della Lega Matteo Salvini si schiera contro lo “ius soli” e in favore del regime attuale, non senza un po’ di confusione.
Come si diventa italiani?
Per Salvini “la Costituzione parla chiaro”. Spiace deluderlo, ma la Costituzione non parla affatto dei modi in cui si acquisisce la cittadinanza italiana. E’ la legge n. 91 del 1992 a disciplinare la materia.
Il principio a cui si ispira la normativa italiana è quello dello “ius sanguinis”, in base al quale la cittadinanza si trasmette per discendenza. Al tempo in cui l’Italia era un Paese a forte emigrazione, lo ius sanguinis mirava ad assicurare che i figli degli emigranti italiani nati all’estero conservassero un legame con la terra d’origine. Altri modi di acquisto della cittadinanza includono l’adozione, il matrimonio con un/a cittadino/a e la residenza nel territorio (per una rassegna completa dei modi e dei requisiti per ognuno si veda l’apposita scheda del Ministero degli Esteri).
Quanti ai figli di immigrati, Salvini ha ragione: l’articolo 4, comma 2, della legge sopracitata afferma che “lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”. I figli di immigrati che invece non sono nati in Italia possono acquistare la cittadinanza laddove i propri genitori siano diventati italiani (ad esempio dopo 4 o 10 anni che risiedono legalmente nel territorio, a seconda che siano comunitari o extracomunitari) e a condizione che vi convivano in modo stabile e effettivo.
Il dibattito sullo ius soli
Nei Paesi investiti da una forte immigrazione si è imposto il principio dello “ius soli”, in base a cui la cittadinanza si trasmette per nascita sul territorio. E’ questo il caso degli Stati Uniti, dove lì sì che la Costituzione parla chiaro: “all persons born or naturalized in the United States […] are citizens of the United States”, recita il 14esimo emendamento. In forme simili, lo ius soli si applica anche in Canada, Brasile e Argentina, per fare qualche esempio.
Recentemente, e a seguito dei notevoli flussi migratori che attraversano la penisola, si è riaperto in Italia il dibattito sull’opportunità o meno di modificare le norme sulla cittadinanza. Tale evenienza si offre a una duplice lettura: un modo per favorire l’integrazione dei figli di immigrati, secondo i sostenitori dello “ius soli”; un pericoloso incentivo a nuove ondate di immigrazione, per i più cauti. Nelle intenzioni del governo la proposta, attesa per fine anno, prevederebbe la cittadinanza per i figli di immigrati che abbiano completato un ciclo scolastico.
Allo stato attuale, Salvini osserva correttamente che i figli di immigrati possono acquisire la cittadinanza soltanto con la maggiore età. Ma la Costituzione non c’entra niente. “C’eri quasi”.