La dichiarazione di Renzi inizia con quella che sembra essere una promessa, e in quanto tale, poichè esprime un “desiderata”, non è oggetto del nostro fact-checking. E’ oggetto di verifica, invece, la seconda parte della dichiarazione. Avrà abbassato l’Irap e le altre tasse?
Andiamo con ordine, partendo dall’Irap. Il famoso decreto legislativo del 15 dicembre 1997, n. 446 – con cui si istituiva l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive – specificava che l’imposta era determinata applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 3,9%, salvo quanto previsto in alcuni casi particolari. Con il decreto legge del 24 aprile 2014, n. 66 – “Misure urgenti per la competitività’ e la giustizia sociale” – l’aliquota viene abbassata al 3,5%. Anche le evenienze particolari citate vedono le aliquote diminuire in praticamente tutti i casi.
Fin qui Renzi ha ragione. Poi il Premier si lancia in un’ulteriore osservazione; “abbiamo iniziato ad abbassare le tasse”. E qui il discorso diventa più opinabile. Già dallo stesso decreto vediamo infatti come, sebbene al capo I si sia annunciata una “riduzione del cuneo fiscale”, al capo II si parla di un aumento dell’imposizione sulle rendite finanziarie (Bot esclusi) dal 20 al 26%.
Tale strategia a quale effetto netto porterebbe (l’osservazione del quale ci dice se Renzi ha ragione o no)? Leggendo il DEF 2014 (Programma di Stabilità 2014, pag. 19) del governo Renzi e l’aggiornamento al DEF 2013 (Nota di aggiornamento del settembre 2013, pag. 29) del governo Letta, apprendiamo che l’attuale esecutivo prevede un aumento della pressione fiscale – da 43,8 (2013) al 44,0 percento – rispetto alla diminuzione prevista dal governo Letta, in cui si passava dal 44,3 al 44,2 tra 2013 e 2014. Bisogna, tuttavia, tenere in conto che i valori considerati per il 2014 dal governo Renzi sono più bassi rispetto alle valutazioni dell’esecutivo Letta. Quindi secondo l’esecutivo attuale la pressione crescerà (con un aumento delle tasse rispetto al Pil) ma i valori in gioco saranno più bassi rispetto a quanto previsto l’anno prima.
Una “vittoria di Pirro” che non dà propriamente ragione al Premier (comunque le tasse sono aumentate nell’anno in corso rispetto al Pil) che perde il “Vero” per un “C’eri quasi”.