Ingroia ha fatto tre affermazioni diverse. Analizziamo la loro veridicità una alla volta.
“Si parla di circa 120 miliardi di euro l’anno di costo dell’evasione fiscale…“
E’ vero, se n’è parlato. Secondo quanto pubblicato dal Sole24ore il 4 marzo 2012, l’evasione fiscale ammonta, effettivamente, ad un costo totale di 120 miliardi annui. Questa cifra è stata diffusa dallo stesso Befera, Segretario dell’Agenzia delle Entrate e presidente di Equitalia, in occasione di un suo intervento a Che tempo che fa (minuto 4:47).
Ma da dove proviene questo dato? La metodologia applicata non è direttamente consultabile, ma uno spunto potrebbe provenire dal sintetico rapporto Istat sul sommerso, a pagina 12. L’evasione fiscale è calcolata sul cosiddetto tax gap, ovvero la differenza tra quanto lo Stato ritiene possa essere raccolto in un anno e quanto viene effettivamente raccolto, il tutto diviso per quanto lo stato si aspetta di raccogliere. La stima viene effettuata dalla stessa Agenzia delle Entrate sulla raccolta dell’Iva, in quanto tale evasione “genera anche evasione di altri tributi”. Ebbene, secondo le ultime stime disponibili (sempre a pagina 12 del documento), il tax gap relativo all‘Iva del 2009 (ultimo aggiornamento pubblicamente disponibile) ammontava ad un totale di 15,25%. Proviamo a fare un po’ di conti di prova sulle stime Istat del Pil 2009.
Il risultato non è male, considerato che si tratta di un dato 2009 e che la stessa Agenzia delle Entrate specifica come la cifra possa variare dai 100 ai 120 miliardi di euro. E’ bene però specificare che tale stima è considerata universalmente poco attendibile, sia dall’Istat che dall’Agenzia delle Entrate, e che rappresenta un punto di partenza assolutamente migliorabile.
“…Di 60 miliardi di euro l’anno di costo della corruzione…”
Falsissimo. Ma non ci è cascato solo Ingroia. La cifra è diventata virale nel panorama politico italiano grazie ai maggiori giornali, tutti inclusi: da Repubblica a Libero, da il Sole 24 Ore al Fatto Quotidiano, perfino all’estero con Reuters e il Washington Post. Vi spieghiamo l’origine. Nel 2004 la Banca Mondiale ha pubblicato un rapporto sui costi economici della corruzione nel mondo. L’analisi ha stimato che il valore delle tangenti pagate ammontava a 1 trilione di dollari, il 3% del Pil mondiale all’epoca. Tanto è bastato a qualcuno per immaginare un’analogia: se è il 3% del Pil del mondo, sarà anche il 3% del Pil italiano: per l’appunto, circa 60 miliardi di dollari (che nei giornali sono, peraltro, diventati inspiegabilmente euro). La stima è poi stata pubblicizzata come il costo totale della corruzione italiana. L’errore è stato denunciato dallo stesso Servizio Anticorruzione italiano, nella sua relazione al parlamento 2010 (p. 6), facendo tra l’altro riferimento all’esame effettuato dalla Commissione Europea sul fenomeno, il quale stima il costo totale della corruzione a livello europeo a 120 miliardi di euro. Insomma, l’Italia sarà pure uno dei Paesi più corrotti dell’Unione Europea, almeno secondo le cifre del Corruption Perception Index, ma che metà del costo europeo generato da “attività di corruzione” possa essere attribuibile al solo stivale sembra, diciamo, abbastanza inverosimile. Un approfondimento sul tema in un post di Quattrogatti.info.
Adattando i risultati di uno studio internazionale sull’effetto della corruzione sulla produttività, l’associazione Libera Antimafia ha comunque suggerito che il costo economico del fenomeno potrebbe aggirarsi attorno ai 10 miliardi l’anno. Molto meno, ma comunque estremamente significativo.
“…E ancora di più sono le stime riguardo al costo dell’economia mafiosa”
Il costo dell’economia mafiosa è costituito dai danni che la mafia comporta nell’economia legale e nella società italiana (tramite, per esempio, la distorsione della competizione nei mercati, l’infiltrazione nelle aziende e l’insicurezza negli investimenti). Da non confondere con il fatturato mafioso, che invece si riferisce a quanti soldi le cosche fanno con le loro attività.
Non esistono stime dei costi del crimine organizzato nel nostro Paese. Questi è fuso con il tessuto economico italiano da troppo tempo per poter distinguere il suo effetto da altri fattori. Uno studio della Banca d’Italia suggerisce che le mafie potrebbero causare una caduta di quasi il 15% del Pil pro capite nelle Regioni colpite più recentemente (quali la Puglia e la Basilicata). Mancano, tuttavia, ulteriori dati e analisi che confermino la cifra per il contesto nazionale.
L’impatto dell’economia mafiosa è sicuramente enorme e da combattere, ma dire che esistono stime a riguardo è, purtroppo, falso.
Un c’eri quasi quindi per la prima parte, ma due pinocchi andanti alla fine… Per Pagella Politica è un “Pinocchio andante” complessivo.
(Si ringrazia Stefano Gurciullo di Quattrogatti.info per questa analisi)