Ospite di Virus, il leader della Lega Nord ha citato alcuni numeri sugli arrivi di migranti in Australia e ha fatto accenno alla politica messa in atto dal Paese per gestire gli arrivi irregolari. A Pagella Politica non resta che verificare che i numeri di cui parla siano giusti e in che cosa consista la “via australiana” nella gestione degli sbarchi.



I numeri



Cominciamo dai numeri. La biblioteca parlamentare australiana ha fornito alcune schede statistiche sugli arrivi dei migranti nel Paese via mare, l’ultima delle quali a settembre 2015. L’autrice specifica che la prima ondata di barche di migranti diretta alle coste australiane risale al 1976, in conseguenza del caos seguito alla fine della guerra nel Vietnam, ma i numeri sono rimasti sotto i mille fino al 1999: sono scesi addirittura a zero tra il 1982 e il 1988, per toccare il massimo di 953 nel 1994. Dalla fine degli anni Novanta le cifre sono cambiate. Riassumiamo i dati dal 1999 in poi nel grafico successivo.



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Dall’analisi degli arrivi possiamo distinguere tre periodi: un primo aumento consistente tra il 1999 e il 2001, diversi anni di sostanziale assenza di arrivi tra il 2002 e il 2008 e poi un nuovo picco tra 2009 e 2013, con numeri ai massimi storici dei quarant’anni precedenti. Tra 2013 e 2014 gli arrivi sono calati da oltre ventimila a 160, più o meno come dice Salvini.



Per il 2015, le statistiche non sono complete (il governo australiano le pubblica a scadenza irregolare) ma per i primi mesi dell’anno la scheda sembra suggerire che gli arrivi siano scesi a zero.



I respingimenti in mare



I drastici cali degli arrivi dopo il 2001 e il 2013 sono dovuti a una precisa scelta politica: quella dei respingimenti in mare dei cosiddetti Suspected Illegal Entry Vessels (“navi sospettate di ingresso illegale”, SIEVs), messa in atto prima dal governo Howard e più di recente dal governo Abbott. Entrambi i premier facevano parte del Liberal Party, il principale partito di centrodestra australiano. È una politica tuttora in vigore, che ha portato al respingimento di un grande numero di navi e ha suscitato grandi proteste in Australia e all’estero.



Il governo australiano non rilascia tutti i dettagli delle barche respinte in mare, che vengono trainate fuori dalle acque territoriali del Paese verso altri stati come l’Indonesia e lo Sri Lanka, con (e talvolta senza) la collaborazione dei Paesi di destinazione. Il numero delle barche “deviate indietro” (turned back, nella terminologia ufficiale) per il 2013-2015 è stata ricostruita dalla Biblioteca parlamentare australiana.



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In totale, dalla fine del 2013 sono state intercettate e riportate indietro circa 20 barche, che trasportavano almeno 633 persone. Notiamo come siano numeri molto diversi dagli arrivi verso l’Italia, dove nel solo 2014 sono sbarcate oltre 170 mila persone.



Costi e critiche



I respingimenti australiani in corso dal 2013 fanno parte dell’operazione Sovereign Borders (“confini sovrani”), guidata dalle forze armate. Il piano ha ricevuto molte critiche: a maggio 2015, l’accademica australiana Gabrielle Appleby ha scritto un commento sul New York Times in cui denunciava i rischi che incontravano i migranti respinti nei Paesi vicini e le condizioni dei campi in Papua Nuova Guinea e a Nauru, dove viene portato chi riesce ad arrivare in Australia (dei campi ha parlato, di recente, una lunga inchiesta dell’edizione australiana del Guardian).



Il governo australiano, infatti, ha stretto accordi con i due poveri Paesi insulari perché tengano sul proprio territorio alcune centinaia di migranti irregolari – 1.379 a febbraio 2016 – in cambio di sostanziosi aiuti economici.



Proprio le risorse necessarie sono un altro dei punti criticati della politica sull’immigrazione australiana. A marzo il Guardian ha scritto che un piano per ricollocare migranti dal centro di detenzione di Nauru alla Cambogia è costato 2 milioni di dollari ed è riuscito a coinvolgere solo cinque persone, di cui solo due sono rimaste nel Paese del Sudest asiatico. Non esistono stime ufficiali del costo del programma dei respingimenti e dei campi di detenzione offshore, ma la biblioteca del parlamento australiano ha condotto un’indagine approfondita in cui si conclude che le cifre complessive “devono chiaramente aggirarsi intorno ai miliardi di dollari. Infatti, i fondi per [i centri di detenzione offshore] sono stimati in 2,9 miliardi [di dollari australiani] solo per il 2013-2014.



Il verdetto



Matteo Salvini cita correttamente i numeri del drastico calo negli arrivi in Australia tra il 2013 e il 2014, dopo che il governo ha reintrodotto la politica dei respingimenti in mare. Abbiamo voluto dare un quadro più chiaro della situazione per rendere conto delle critiche che si porta dietro il programma, ma le cifre sono giuste, per cui il leader della Lega Nord si guadagna un “Vero”.