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Salvini ha ragione sul ruolo dei decreti “Sicurezza” nell’arresto degli attivisti che hanno imbrattato il Senato

| 03 gennaio 2023
La dichiarazione
«Grazie ad una modifica del codice penale introdotta dai decreti sicurezza bis, quando ero Ministro dell’Interno, i vandali che hanno imbrattato il Senato sono stati arrestati e rischiano una pena che va da uno a cinque anni di reclusione»
Fonte: Twitter | 3 gennaio 2023
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Verdetto sintetico
Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha ragione
In breve
  • I tre attivisti per il clima, arrestati il 2 gennaio per aver imbrattato la facciata esterna del Senato, sono accusati di danneggiamento aggravato. TWEET
  • L’aggravante del reato di danneggiamento nel caso di manifestazioni pubbliche è stata effettivamente introdotta dal decreto “Sicurezza bis”, approvato nel 2019 dal primo governo Conte, di cui la Lega faceva parte. TWEET
  • Prima dell’aggravante, la pena prevista dal “semplice” danneggiamento non avrebbe permesso l’arresto TWEET
Il 3 gennaio il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini (Lega) ha espresso la sua soddisfazione per l’arresto di tre dei cinque attivisti per il clima, appartenenti al movimento Ultima generazione, che il 2 gennaio hanno imbrattato per protesta la facciata esterna del Senato. I tre attivisti sono accusati di danneggiamento aggravato e, dopo l’udienza di convalida dell’arresto, sono stati scarcerati in attesa dell’inizio del processo, previsto per il 12 maggio. In questa occasione, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Public Policy, il Senato si costituirà come parte civile. «Grazie ad una modifica del codice penale introdotta dai decreti sicurezza bis, quando ero Ministro dell’Interno, i vandali che hanno imbrattato il Senato sono stati arrestati e rischiano una pena che va da uno a cinque anni di reclusione», ha scritto su Twitter Salvini, intestandosi almeno in parte i meriti dell’arresto. 

Ma è davvero così? Abbiamo verificato e, codice penale alla mano, il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture ha ragione: l’arresto è stato possibile in larga parte grazie alle modifiche introdotte da uno dei cosiddetti “decreti sicurezza”.

L’accusa contro gli attivisti

Cinque attivisti per il clima, lunedì 2 gennaio, hanno imbrattato per protesta la facciata esterna del Senato: in una nota hanno detto di aver scelto un giorno in cui non c’erano politici presenti e di aver utilizzato «vernice arancione lavabile». 

Poco più tardi, tre di loro sono stati arrestati dalle forze dell’ordine con l’accusa di danneggiamento aggravato, ossia un’aggravante del reato di danneggiamento previsto dall’articolo 635 del codice penale, che nella sua forma “semplice” punisce chiunque «distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili», tra gli altri, gli «edifici pubblici».

L’aggravante è stata introdotta dal cosiddetto decreto “Sicurezza bis” (all’art. 7), approvato a giugno del 2019 dal primo governo Conte, in cui Salvini era vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno. Prevede che chiunque distrugga o danneggi un edificio o qualsiasi altra cosa («cose mobili o immobili altrui», dice il codice) in una circostanza particolare, cioè durante una manifestazione pubblica, rischia una pena da un minimo di uno a un massimo di cinque anni di carcere. Dunque una pena più severa rispetto a quella prevista per il “semplice” danneggiamento, che invece va da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni di carcere. 

Come correttamente riportato da Salvini, l’arresto dei tre attivisti è stato possibile in virtù di questo aumento della pena. In base all’articolo 381 del codice penale, infatti, l’arresto per un reato non colposo, ossia un reato commesso intenzionalmente, è possibile solo se per quel reato è prevista una pena massima superiore ai tre anni di carcere. «Superiore ai tre anni» significa di almeno tre anni e un giorno: in sostanza, dunque, il generico reato di danneggiamento – pena massima “solo” tre anni – non avrebbe permesso alle forze dell’ordine di arrestare gli attivisti.

Considerato il danno non permanente all’edificio del Senato – ricordiamo che la vernice era lavabile – secondo gli stessi attivisti il reato che sarebbe più corretto per il loro gesto è quello di “imbrattamento”. Previsto dall’articolo 639 del codice penale, punisce chi «deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui» senza però causare danni permanenti. In questo caso non si sarebbe potuto procedere all’arresto. La pena massima prevista infatti è di sei mesi di reclusione.

Il verdetto

Secondo Salvini, l’arresto di tre attivisti per il clima che il 2 gennaio hanno imbrattato il Senato è avvenuto grazie «ad una modifica del codice penale introdotta dai decreti sicurezza bis». 

Abbiamo verificato e Salvini ha ragione. L’aggravante del reato di danneggiamento, introdotta dal decreto “Sicurezza bis”, ha aumentato la pena prevista a un massimo di cinque anni nel caso in cui il reato sia commesso durante una manifestazione pubblica. Prima dell’aggravante, la pena prevista dal “semplice” danneggiamento non avrebbe permesso l’arresto.

Inoltre l’arresto è stato possibile perché il reato ipotizzato è appunto il danneggiamento, che prevede danni permanenti, e non l’imbrattamento, che invece sanziona anche danni riparabili facilmente.

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