A distanza di quasi un anno torniamo ad occuparci di asili nido a Torino. Ne abbiamo parlato in quest’analisi di febbraio e, sebbene a prima vista la situazione possa sembrare immutata, in realtà oggi dobbiamo aggiungere un elemento importantissimo che ci ha permesso di comprendere le parole di Piero Fassino: il prezioso contributo dell’Ufficio Stampa del Comune di Torino e della Direzione Servizi Educativi.



Ma andiamo per ordine, e vediamo cosa abbiamo scoperto cominciando dalla verifica del dato a livello nazionale. Lo scorso 25 luglio l’Istat ha pubblicato il nuovo rapporto sull’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia, relativa all’anno scolastico 2011/2012. Secondo quanto calcolato dall’Istat, “la quota di domanda soddisfatta rispetto al potenziale bacino di utenza (residenti tra zero e due anni) è passata dal 9% dell’anno scolastico 2003/2004 all’11,8% del 2011/2012.” A prima vista, Piero Fassino sembrerebbe aver sbagliato di 0,8 punti percentuali; un’inezia, insomma. Gli asili nido strettamente comunali non esauriscono, però, la totale realtà dei servizi educativi per la prima infanzia. A questo computo, infatti, occorre aggiungere i servizi integrativi o innovativi, che comprendono i “nidi famiglia”, ovvero i servizi organizzati in contesto familiare, con il contributo dei Comuni e degli enti sovracomunali. Sommando gli utenti degli asili nido e dei servizi integrativi, la quota di bambini che si avvale di un servizio socio educativo pubblico o finanziato dai Comuni risulta pari al 13,5%. Ultimo tassello di questo puzzle sono le strutture private; l’Istat ha calcolato che nel 2011, il 18,7% dei bambini di 0-2 anni frequenta un asilo nido pubblico o privato.



Ora passiamo al vaglio la realtà torinese. Grazie al contributo dell’Ufficio Stampa del Comune, siamo venuti a conoscenza di “Crescere 0-6”, un percorso di approfondimento sui servizi per l’infanzia avviato dalla Direzione Servizi Educativi che ha coinvolto diversi attori strategici per lo sviluppo delle politiche cittadine per l’infanzia (a questo link potete trovare maggiori dettagli sui partecipanti). All’interno della pagina web di “Crescere 0-6” è disponibile tutto il materiale prodotto; ai fini di quest’analisi si è rivelato particolarmente utile il “Documento informativo per aprire la discussione tra cittadini, genitori e operatori”. Innanzitutto occorre quantificare i potenziali beneficiari di questi servizi; a pagina 7 leggiamo che, nel 2012, erano 23.338 i bambini compresi nella fascia 0-2 anni. Sfogliando il documento, a pagina 11 troviamo una chiara tabella con tutte le informazioni relative all’offerta di questi servizi, sempre nel 2012. Il sindaco di Torino non ha precisato se la percentuale da lui citata si riferisca alle realtà pubbliche, a quelle private o al totale; per questo motivo procederemo al calcolo separato per ognuna di queste voci.



Cominciamo dall’offerta pubblica, che garantisce 4.416 posti coprendo quindi il 18,9 percento della relativa fascia di popolazione (in linea con quanto abbiamo verificato nella scorsa analisi). Per dovere di cronaca, informiamo i nostri lettori che all’interno del documento si parla anche di un’offerta pubblica pari a 4.455 posti; ebbene, lo stesso direttore della Direzione Servizi Socio Educativi ha controllato il dato e ci ha confermato, tramite l’Ufficio Stampa, che si tratta di un refuso.



Passiamo poi all’offerta privata che, con un totale di 3.138, copre da sola il 13,4 percento della popolazione tra 0-2 anni. Siamo ancora lontani dalla percentuale citata da Fassino che, desumiamo, deve aver considerato servizi pubblici e privati nel loro insieme. Se, infatti, sommiamo le due tipologie, il totale di posti disponibili (7.554) garantisce una copertura di servizio al 32,4 percento dei bambini torinesi.



Concludiamo l’analisi con una nota storica, e verifichiamo se effettivamente il tempo pieno è nato a Torino negli anni ’60 grazie allo sforzo di Giovanni (detto Gianni) Dolino. Come leggiamo in questo editoriale di TuttoScuola, il tempo pieno nella scuola elementare nasce proprio in quegli anni da forme aggregative spontanee, spesso gestite dai patronati scolastici in funzione meramente assistenziale, ossia il cosiddetto “doposcuola”. La legge 820 del 1971 consolidò quella sperimentazione passandola ad ordinamento e prevedendo che “le attività integrative della scuola elementare, nonché gli insegnamenti speciali, con lo scopo di contribuire all’arricchimento della formazione dell’alunno e all’avvio della realizzazione della scuola a tempo pieno, saranno svolti in ore aggiuntive a quelle costituenti il normale orario scolastico, con specifico compito, da insegnanti elementari di ruolo”. Ma sarà stato merito di Giovanni Dolino, come afferma Fassino? Per rispondere a questa domanda ci serviamo del lavoro de “L’Associazione tra i consiglieri comunali di Torino” che allo scopo di contribuire ad una ricostruzione dei principali aspetti connessi alla vita amministrativa di Torino dall’immediato dopoguerra a tutti gli anni ’80, ha ricostruito l’impegno di eminenti personalità torinesi che hanno svolto un significativo ruolo in Consiglio comunale, tra cui, appunto Giovanni Dolino. Nella testimonianza resa da Bianca Guidetti Serra leggiamo che Dolino, in qualità di direttore didattico della Scuola Casati, sarà tra i primi, forse il primo a Torino, a sperimentare la scuola a “tempo pieno”, la refezione scolastica, il doposcuola ed altre innovazioni “degne del suo passato”.



Cerchiamo di tirare le somme di quanto emerso, premesso che il ricordo dell’impegno di Dolino è ineccepibilmente corretto. In primis, va sottolineato che risulta essere fuorviante comparare dati pubblici e privati a livello locale con quelli esclusivamente pubblici a livello nazionale. Infatti, se consideriamo l’offerta totale, Piero Fassino è corretto nel riportare i dati locali ma non altrettanto sul piano nazionale; viceversa se consideriamo la sola offerta pubblica. Per chiarire ulteriormente la questione, il sindaco di Torino starebbe stato inequivocabilmente corretto se avesse dichiarato quanto segue: “Qui, 32 bambini su 100 trovano posto nei nostri asili nido (pubblici e privati), mentre la media nazionale (di offerta pubblica e privata) si ferma al 19%”; oppure ancora “Qui 19 bambini su 100 trovano posto negli asili nido comunali o sovvenzionati dal comune, mentre la media nazionale si ferma al 14 su 100”.



Ad ogni modo, occorre evidenziare come Torino, su entrambi i fronti (offerta pubblica e offerta totale), faccia meglio della media nazionale. Ringraziamo nuovamente l’Ufficio Stampa del Comune di Torino e la Direzione Servizi Educativi per il prezioso supporto fornito nella realizzazione di questo lavoro.