Costi della politica: il tema è tra i più caldi, spesso chiacchierato anche se (ahinoi) non sempre affrontato.
Durante “Il Confronto Pd” su Sky, Pippo Civati sostiene di aver trovato nel rapporto di Roberto Perotti su LaVoce.info, citato qualche minuto prima da Matteo Renzi (la cui dichiarazione la trovate verificata oggi su Pagella Politica), un confronto tra la spesa degli organi esecutivi, legislativi e degli affari esteri nostrano con le omologhe britanniche. Sfogliando l’articolo, pubblicato proprio il giorno del dibattito (e il dossier ad esso collegato,) non troviamo però il riscontro ricercato.
Allarghiamo i nostri orizzonti e ci spostiamo da Milano a Torino, dagli economisti de La Voce a quelli dell’Istituto Bruno Leoni. A marzo di quest’anno, Pietro Monsurrò, fellow dell’Istituto, ha pubblicato un breve focus sui costi della politica in Italia. Nelle conclusioni troviamo un passaggio che sembra supportare la dichiarazione di Civati:
“I costi della politica in Italia, intesi come costo dell’apparato legislativo, esecutivo, fiscale e diplomatico, sono elevati rispetto ai principali Paesi europei. Con l’eccezione di Paesi di piccoli dimensioni o con basso reddito pro capite, l’Italia spende la più alta frazione rispetto al Pil, quasi un punto in più rispetto alla Germania, la Francia, la Gran Bretagna e la Spagna. Riducendo quindi i costi della politica per portarli in linea con quelli europei, si potrebbero risparmiare teoricamente circa 15 miliardi di euro”.
Sono somme ingenti, sostiene sempre Monsurrò, che nota che il costo totale dell’Irap pagata dalle aziende (al netto delle partite di giro) sarebbe pari a circa 20 miliardi di euro.
Civati esagera leggermente il risparmio ottenibile se confrontato al paper di IBL; tuttavia un punto circa di Pil, che nel 2013 varrebbe 15,6 miliardi di euro, si può approssimare ai 16 miliardi citati dall’aspirante segretario del Pd: “Vero”.