Nell’attesissima intervista a Porta a Porta il leader del Movimento 5 Stelle propone tutti i suoi punti forti, tra i quali spicca la lotta alla corruzione in Italia. Fortunatamente l’armamentario di Pagella Politica è ormai poderoso, e possiamo sfoderare tutte le nostre analisi sull’argomento per verificare se ciò che ha detto corrisponde alla verità. E’ vero innanzitutto che la corruzione in Italia costa 60 miliardi? Davvero nessuno ha mai fatto nulla negli ultimi vent’anni per contrastare una tale piaga?



Che il costo annuale della corruzione in Italia ammonti a 60 miliardi di euro annui è una stima sostanzialmente infondata e senza chiare fonti che circola ormai da anni. Recentemente ci è cascata addirittura la Commissione Europea, che in un report pubblicato nel febbraio di quest’anno riprendeva le stime citate dalla Corte dei Conti italiana in merito alla piaga della corruzione nello Stivale. Cifra smentita dal nostro sito sulle elezioni europee, ma ripresa nel corso delle scorse elezioni politiche pure dal magistrato Antonio Ingroia, all’epoca leader della formazione politica Rivoluzione Civile, e più recentemente dal presidente del Senato Pietro Grasso.



La stima proviene in realtà da un rapporto della Banca Mondiale sui costi della corruzione nel mondo, risalente al lontano 2004. Nello studio si stimava che il valore delle tangenti pagate ogni annuo ammontasse ad 1 trilione di dollari, il 3% del Pil mondiale. Cifra grossolanamente applicata sul Pil italiano dell’epoca e magicamente trasformata da dollari in euro. Da quel momento i 60 miliardi hanno preso vita propria, nonostante l’errore fosse stato riportato dal Servizio Corruzione Italiano nella sua relazione al parlamento del 2010 (p. 6). Più recenti sono invece le stime dell’associazione Libera Antimafia, che quantifica il costo annuale della corruzione in Italia in 10 miliardi di euro adattando i risultati di uno studio internazionale sugli effetti della corruzione sulla produttività. La verità è che non esistono stime precise sui costi della corruzione, perché è un fenomeno estremamente difficile da rilevare. Possiamo, tuttavia, tranquillamente smentire i 60 miliardi di euro che continuano a circolare, più volte sbugiardati da fonti autorevoli oltre che, in ultimo, dalla stessa Corte dei Conti.



Passando al fact-checking del dato citato da Grillo, sull’attività legislativa per combattere il fenomeno, basta far riferimento alla ormai conosciutissima Legge Severino (legge n. 190 del 6 novembre 2012), approvata dal governo Monti in seguito ad una delle numerose ondate di scandali che hanno colpito la nostra politica. La legge contiene due articoli, ma è il primo – un colosso da 83 commi – a contenere, secondo un articolo della redazione di Lex de Il Sole 24 Ore, il “primo tentativo di dotare il nostro Paese di un “sistema quadro” contro la corruzione, che non si limiti a misure repressive penali, ma che contenga importanti misure preventive; ciò in linea con le best practices internazionali e con le richieste che più di un organismo internazionale aveva rivolto all’Italia”.



Proprio Transparency International, inoltre, specificava in un suo comunicato come la nuova legge contenesse alcuni elementi utili nel contrastare il fenomeno della corruzione in Italia: “The new bill has some, if not all, of the elements required to overcome the rampant cronyism and influence peddling in Italian politics”.



All’epoca già il Premier Monti si pavoneggiò di essere stato il primo ad avere introdotto uno sforzo legislativo nel contrastare il fenomeno della corruzione, e ci toccò smentirlo parzialmente. Se la Legge Severino era infatti il primo tentativo di riforma organica della materia, già prima del 2012 non mancavano certamente delle norme di contrasto al fenomeno corruttivo. La legge n. 300 del 29 settembre 2000 (con la quale l’Italia ratificava una convenzione Ocse sulla punibilità della corruzione di funzionari esteri da parte di imprenditori italiani), la legge n. 116 del 3 agosto 2009 (ratifica da parte dell’Italia della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione) ed infine la legge n. 110 del 28 giugno 2012 (ratifica della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999) sono tutti esempi dello sforzo legislativo del parlamento italiano per contrastare i fenomeni corruttivi.



Insomma, proviamo a tirare le somme. Non ci sembra che si possano negare degli sforzi precedenti (i cui meriti possono essere ampiamente discussi, ma i cui effetti si sono già fatti pesantemente notare – si veda l’incandidabilità di Silvio Berlusconi in seguito alla condanna per frode fiscale): qui Grillo sbaglia infatti, e pure di grosso. Per quanto riguarda la sua stima sul costo (annuo) della corruzione, ci rifacciamo alle smentite provenute da diversi enti, pur riconoscendo che la cifra è ormai così radicata nel circuito dell’informazione italiano che sfuggirle è divenuto oggettivamente difficile. “Pinocchio andante”.