L’8 maggio scorso la Giunta capitolina ha approvato una memoria con cui si incarica il Dipartimento Risorse Economiche di  elevare la detrazione per l’esenzione dell’imposta per le abitazioni principali dei nuclei familiari che presentano un ISEE non superiore a 15 mila euro. Quest’operazione è consentita dai maggiori introiti derivanti dalla rivalutazione delle rendite catastali che, come recita il testo, dovrebbero aggirarsi intorno a 116 milioni di euro (terzo punto della quarta pagina).


La novità prevista dal documento è che, al fine dell’esenzione, il calcolo ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) viene corretto con il Quoziente Roma che prevede una maggiorazione del coefficiente per i nuclei familiari numerosi, in presenza di componenti minori di 25 anni, di disoccupati o inoccupati. Nella casisitica, come dalla tabella inclusa nella memoria, rientra anche la presenza di un disabile ( invalido tra 67% -100%). In questo caso, la maggiorazione del coefficiente ISEE prevista è pari a 0,5 per ogni disabile.


Stando a questo, è evidente che la misura mira a ridurre il peso dell’Imu per le famiglie che vivono in condizioni di particolare disagio economico-sociale. Tuttavia, dalla memoria di Giunta sembra difficile dedurre che “nessuna famiglia” che ha a carico un disabile rischia di pagare la tassa, poiché il criterio discriminante fondamentale per ottenere l’esenzione è quello ISEE e non la presenza di un disabile in famiglia. In altre parole, la presenza di un figlio disabile nel nucleo familiare è uno dei criteri che facilità l’ammissibilità all’esenzione. L’ultimo paragrafo del documento, in linea con quanto detto da Alemanno riguardo alla tempistica, prevede il rimborso dell’Imu già versata dai soggetti che risulteranno in possesso dei requisiti richiesti.


Aspettando che il dipartimento Risorse Economiche provveda a mettere in essere gli atti per attuare l’indirizzo formulato dalla Giunta di Roma, diamo ad Alemanno un “Pinocchio andante”.  


Nota: il decreto legge 201 del 2011 (art. 13) prevede che l’Imu si applichi sul valore dell’immobile, ottenuto moltiplicando il valore della rendita catastale, rivalutata del 5 %, per un coefficiente diverso a seconda del tipo di immobile. Per l’abitazione principale, alla base imponibile va applicata un’aliquota dello 0,4 % che i Comuni possono aumentare o diminuire fino allo 0,2%.