La dichiarazione del sindaco di Torino cita i dati dei trasferimenti statali risalenti al 2010 e al 2012. Per il 2010 la cifra fornita da Fassino è corretta, stando al bilancio comunale (pag. 11): 361 milioni di trasferimenti dallo Stato, a cui se ne aggiungono altri 100 tra Regione ed “enti diversi”.



Per il 2012, Il bilancio non è ancora disponibile in via definitiva (lo sarà nei prossimi mesi), e le cifre reperibili sono discordanti. Secondo l’ultimo bilancio di previsione, presentato il 20 novembre scorso (pag. 9), i trasferimenti statali sarebbero scesi addirittura a 32 milioni (-91%!), a cui se ne aggiungono 80 tra Regione ed “enti diversi” per un totale di 112 milioni; secondo l’ultima delibera del Consiglio comunale al riguardo – datata 10 dicembre – la cifra totale è un poco più alta, quasi dieci milioni in più. Fassino dunque sembrerebbe sbagliarsi, anche se “in positivo” (i trasferimenti statali parrebbero ancora inferiori a quelli da lui menzionati); forse, però, la differenza va addebitata al “cambiamento di classificazione delle entrate statali” menzionato dal Comune già in estate In mancanza di dettagli al riguardo e nell’attesa dei dati definitivi, sospendiamo il giudizio sull’ammontare esatto dei nuovi trasferimenti.



Sta di fatto, però, che la riduzione dei trasferimenti statali c’è stata, ed è stata considerevole. Perché dunque un “Nì”? Principalmente per quel che Fassino non dice: vale a dire che il sostanziale mantenimento dei livelli di spesa – per i servizi 236 milioni contro 240 del 2010 (pag. 11), in totale 1.328 milioni contro 1.326 (ma lievemente modificati al ribasso il 10 dicembre) – è supportato non tanto da “una strategia di rigore e risanamento finanziario” quanto da un aumento da capogiro delle entrate tributarie, 896 milioni (al 10 dicembre) contro i 450 del 2010. Non solo Imu (il cui peso è del 47% sul totale delle entrate), ma anche Tarsu e addizionale Ire: un gettito fiscale quasi raddoppiato. Si potrebbe anche aggiungere che della “strategia di rigore e risanamento finanziario” c’è chi dubita fortemente, come, per esempio Linkiesta, che evidenzia la mancata riduzione della spesa, e l’aumento di interessi e quote di rimborso dei mutui (pag. 11).



(Si ringrazia Fonderia Oxford per questa analisi)