Il tema dell’innovazione in ambito industriale è sicuramente tra i più delicati per lo sviluppo economico e le possibilità di crescita del nostro Paese. È, inoltre, un tema chiaramente “friendly” per un protagonista politico, come il sindaco di Firenze, che fa della sua giovane età e della sua dimestichezza con i temi della modernità dei tratti capaci di distinguere la sua personalità politica da quella dei colleghi più “navigati”.
La misura cui si riferisce il sindaco Renzi è l’istituzione del Fondo Nazionale per l’Innovazione (Fni), avvenuta con decreto ministeriale il 10 marzo 2009 da parte dell’allora ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola. Lo scopo del suddetto Fondo era quello di aiutare piccole e medie imprese ad affrontare le sfide dell’attuale scenario economico, proponendo “soluzioni operative condivise con tutti gli attori dei processi di innovazione (intermediari finanziari, imprese e settore della ricerca pubblica) sia per valutare l’innovazione sia per creare strumenti finanziari che si avvantaggiano della condivisione del rischio da parte del settore pubblico”. Il Fondo ha due linee di attività: una dedicata al capitale di rischio – ossia investimenti in società di capitale (solo per brevetti) – e una dedicata ai finanziamenti di debito (per brevetti e design) – si veda il sito del Mise.
L’iter attuativo di questa iniziativa è risultato effettivamente lungo e complesso, portando i finanziamenti previsti (che inizialmente ammontavano, per quanto riguarda il contributo pubblico, a 60 milioni di euro, aumentati in seguito fino a circa 80) ad essere disponibili per le imprese solamente a dicembre 2011 (per una prima tranche da 8,35 milioni di euro della prima linea, denominata “attività creditizia” e dedicata a disegni e modelli), e successivamente a dicembre 2012 (per la parte restante della prima linea, dedicata ai brevetti, 29,6 milioni di euro) e ad aprile 2013 (per la linea “capitale di rischio”, 40,9 milioni di euro), cioè rispettivamente 2 anni e 9 mesi, 3 anni e 9 mesi e 4 anni e 1 mese dopo l’adozione del decreto da parte del ministro Scajola. Non sono esattamente i “4 anni” dichiarati da Renzi ma non si è spostato troppo dalla realtà, considerando che soltanto il 10% circa delle risorse è giunto a destinazione entro i primi 3 anni.
Tuttavia, l’affermazione del rottamatore fiorentino risulta fuorviante da un altro punto di vista: facendo riferimento ad una “graduatoria” di composizione ministeriale (in altre interviste Renzi specifica che “per decidere la classifica e liquidare 60 milioni di euro, il Ministero ha impiegato quattro anni”), l’esponente del Pd lascia intendere che i progetti di innovazione siano stati presentati dalle imprese direttamente al Ministero e che quest’ultimo abbia impiegato ben quattro anni per redigere una graduatoria di tali progetti e procedere al finanziamento. Intesa in questo senso, l’iniziativa sarebbe sicuramente da considerare fallimentare (come suggerisce la ricostruzione renziana): in quattro anni un progetto “di innovazione” è chiaramente divenuto obsoleto.
L’iter previsto dal decreto ministeriale non prevedeva però la pubblicazione di un tradizionale bando pubblico e, conseguentemente, di una graduatoria ministeriale dei progetti presentati dalle imprese. Il Ministero ha invece impiegato le risorse pubbliche per stimolare un insieme di soggetti “intermediari” (banche e fondi di investimento), partecipanti con risorse proprie all’iniziativa, ad agevolare i finanziamenti alle imprese per progetti di innovazione. Il Ministero non si è, dunque, rivolto direttamente alle imprese ma ha individuato gli intermediari (Innogest SGR, Mediocredito Italiano, Unicredit e Deutsche Bank), stipulato convenzioni con questi e trasferito risorse “a garanzia” dei finanziamenti di questi soggetti verso i privati. La procedura è così risultata estremamente lunga e farraginosa (per la stipula delle convenzioni sono passati addirittura 2 anni e mezzo), tuttavia l’apertura vera e propria dell’iniziativa ai progetti delle imprese è avvenuta solamente da qualche mese. La valutazione dei progetti – che, tra l’altro, non vengono “messi in graduatoria” ma semplicemente approvati o respinti – è di competenza esclusiva dei soggetti intermediari, quindi il Ministero non ha “fatto” nessuna graduatoria.
L’affermazione di Renzi, in conclusione, risulta, in sostanza, veritiera per quanto riguarda i tempi indicati, imprecisa sul valore complessivo del bando e fuorviante nella sua implicita allusione ad un meccanismo di selezione pubblica dei progetti (con una tempistica scandalosa) che, in realtà, non era previsto dalla normativa e non è, quindi, mai stato messo in atto.
Volendo interpretare la dichiarazione del sindaco come una estrema semplificazione, gli assegniamo un “Nì”.
(Si ringrazia Andrea Scavo per quest’analisi)