Cosa c’entra la sindrome di Down con la Legge di Stabilità 2016? Durante la rituale conferenza stampa, Matteo Renzi ha ribadito il suo impegno per l’approvazione della legge sul “Dopo di noi”, ovvero quella serie di misure volte a tutelare le persone con disabilità dopo aver perso i genitori. Secondo il Premier si tratterebbe non solo di una vera “riforma strutturale” per il Paese ma anche una necessità, alla luce dell’allungamento dell’età media delle persone con questa sindrome. Avrà citato i numeri in maniera corretta? Pagella Politica è andata a investigare.



Aspettativa di vita o età media? Questo è il dilemma



Cominciamo con una dovuta premessa terminologica. Come chiarisce l’Istat – e come si intuisce dal termine stesso – l’età media è la media delle età, ponderata con l’ammontare della popolazione in ciascuna classe di età. Con “aspettativa di vita” (o speranza di vita), viene invece designato l’indicatore della durata media della vita a partire da un’età data (di solito la nascita). In altre parole, la prima misura l’età media di chi è attualmente in vita (in una data popolazione) mentre la seconda misura quanto a lungo dura la vita a partire da una certa età (ad esempio a partire dalla nascita). Veniamo adesso all’oggetto della questione.



Non è facile verificare questa dichiarazione in quanto mancano rilevazioni sistematiche sulla popolazione con sindrome di Down. Abbiamo quindi contattato le associazioni specializzate e, da quanto ne è emerso, Matteo Renzi sembra proprio aver confuso l’età media con l’aspettativa di vita delle persone con sindrome di Down. Si tratta di un’imprecisione comune, di cui è rimasto vittima anche Wired. In un recente articolo pubblicato in occasione della Giornata Mondiale per la Sindrome di Down, infatti, vengono riportate le parole di Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’Aipd (Associazione Italiana Persone Down):






Abbiamo quindi contattato l’Associazione, ricevendo la risposta proprio di Anna Contardi, la quale ha affermato che:



“L’aspettativa di vita è di 62 anni, c’è un errore nel come è stata ripresa la mia dichiarazione da Wired. […] Per i dati a mia disposizione, la vita media oggi si aggira intorno ai 45 anni”.



La parola di Anna Contardi, per quanto autorevole, non può però considerarsi esaustiva. Vista la mancanza di rilevazioni sistematiche, abbiamo quindi fatto riferimento ad alcune pubblicazioni scientifiche che hanno stimato, su base campionaria, l’età media e l’aspettativa di vita della popolazione con sindrome di Down. Uno studio basato in Italia e relativo al periodo 1995-1998 ha stimato percentuali di sopravvivenza dell’88,3% ad un anno dalla nascita e dell’82,6% a dieci anni dalla nascita, con una speranza di vita pari, in media, a 41,6 anni. Più recentemente, in un articolo del 2004, Arosio et al. affermano che



“In Italia i dati epidemiologici del Centro Internazionale dei Difetti Congeniti (CIDC) confermano i dati della letteratura internazionale [aspettativa di vita di 60 anni, ndr]: la vita media dei soggetti con SD è di 45-46 anni, con una percentuale di sopravvivenza nella fascia d’età fra i 45 ed i 65 anni pari al 13%”.


Tale dato è confermato anche dal Centro Documentazione per l’Integrazione di Ravenna:



“Rispetto al passato le aspettative di vita sono decisamente aumentate. In meno di cento anni si è passati da 10 a 60 anni circa.”


Ma com’era quindi la situazione negli anni ’70? Secondo Bittles e Glasson, in uno studio citato circa 200 volte, negli Stati Uniti l’aspettativa di vita era di 30 anni (pagina 283), mentre secondo la Global Down Syndrome Research Foundation era leggermente inferiore, circa 25 anni.



Il nostro verdetto



Matteo Renzi confonde età media con aspettativa di vita. I dati citati però, sebbene etichettati in maniera erronea, sono corretti. Per questo motivo, Pagella Politica valuta questa dichiarazione con un “Nì”!



Concludiamo condividendo con voi una precisazione del direttore esecutivo dell’Associazione genitori e persone con sindrome di Down. E’ scorretto l’utilizzo del termine “affetto da…” riferito alla persona con sindrome di Down in quanto questa è una condizione genetica e non una malattia. In altre parole, sarebbe un po’ come dire che una persona è “affetta da capelli biondi”.