Oscar Giannino sembra citare quasi letteralmente i dati contenuti in questo articolo del Fatto Quotidiano, pubblicato il 10 dicembre 2011 dove, in effetti, si legge che “il nostro Paese ha ben 325 sedi estere, più dei cinquanta Stati Uniti messi insieme (271)”.
Una più approfondita analisi, però, rivela che i numeri non sono esattamente quelli di Giannino. Secondo quanto riportato nel sito del U.S. Department of State, gli Stati Uniti contano 296 sedi diplomatiche, includendo nel conteggio Ambasciate, Consolati e Rappresentanze Permanenti: 51 in Africa (52 se includiamo l’Africa Regional Services con sede a Parigi), 58 nelle Americhe, 49 nel Pacifico ed Est Asiatico (includendo l’American Institute in Taiwan, una corporazione non profit privata che fornisce servizi consolari), 85 in Europa, 28 nell’area del Medio Oriente e Africa del Nord, 24 in Asia centro-meridionale.
Voltiamo lo sguardo ora alla realtà italiana. Escludendo dal conteggio gli Istituti di Cultura all’estero (non presenti nella lista statunitense) risulta un totale di 229 sedi diplomatiche così ripartite: 90 in Europa, 53 nelle Americhe, 26 nel Mediterraneo e Medio Oriente 26, 24 nell’Africa Subsahariana, 36 in Asia e Oceania. Ergo, 67 in meno degli Stati Uniti. Il numero sale, ovviamente, se si includono gli Istituti di Cultura: 319, di cui però 7 non operativi. Ad ogni modo, non abbastanza da giustificare il differenziale elencato da Giannino.
Per quanto riguarda il corpo diplomatico, la Relazione 2012 sul Costo del Lavoro Pubblico della Corte dei Conti attesta a 1120 unità la dotazione organica della carriera diplomatica, di cui però solo 918 in servizio, come si può leggere qui. Secondo il citato articolo del Fatto, però, tale numero deve essere ampliato, aggiungendo al numero dei diplomatici 41 dirigenti, 3.457 addetti alle aree funzionali, 2.583 come personale di ruolo e 971 di ruolo presso altre amministrazioni e 2.400 dipendenti assunti a contratto, per un totale di 6.816 unità. Anche in questo caso Giannino cita un numero inesatto.
Veniamo, infine, alla questione indennità, dove possiamo dare ragione a Giannino. Ci teniamo però a sottolineare, alla luce della peculiare disciplina nazionale della materia, la difficoltà di una comparazione in tal senso tra diverse realtà nazionali. E’ facilmente intuibile che ad ogni fascia spetti una diversa retribuzione. Prendiamo in considerazione la carica di Ambasciatore. La struttura del trattamento economico dei funzionari appartenenti alla carriera diplomatica è articolata nelle seguenti componenti: stipendio tabellare, retribuzione di posizione e retribuzione di risultato. Come si può leggere in questa tabella riassuntiva, lo stipendio di un Ambasciatore varia da un minimo di 256.965,11 ad un massimo di 389.027,70 euro lordi annui, ovvero quasi 30 mila euro lordi mensili. Compariamo ora queste cifre con la realtà tedesca. Come si legge in questo rapporto del Ministero degli Interni tedesco, ad un Ambasciatore viene corrisposto un livello salariale di grado B 3, pari cioè a 6.635 euro al mese. Un Ambasciatore italiano guadagna quindi circa il 350% in più rispetto al collega tedesco.
Nella sua analisi, però, Giannino parla di indennità; per dovere di cronaca prendiamo quindi in considerazione anche la questione dell’indennità di servizio all’estero. Il trattamento economico all’estero del personale del Ministero degli Esteri è regolato dall’art. 170 del D.P.R. 18 del 5 gennaio 1967, come modificato dal decreto legislativo 27 febbraio 1998, n. 62. Tale norma stabilisce che “l’indennità di servizio all’estero (ISE) tiene conto della peculiarità della prestazione lavorativa all’estero, in relazione alle specifiche esigenze del servizio diplomatico-consolare”. Per ogni posto-funzione previsto negli Uffici all’estero, sono determinate delle indennità di base tabellari. Esse vengono poi moltiplicate per un coefficiente di sede che esprime i seguenti valori: coefficiente di rischio e disagio (variabile da sede a sede, simile al sistema in uso presso la Ue), più maggiorazione per il coniuge e per i figli. Tale coefficiente serve a tenere conto, in una data sede, del costo della vita, del corso dei cambi nonché degli “oneri connessi con la vita all’estero, determinati in relazione al tenore di vita ed al decoro connesso con gli obblighi derivanti dalle funzioni esercitate”. La norma quindi sottolinea la peculiarità del servizio svolto all’estero dal personale che opera nell’ambito degli uffici diplomatico-consolari. Qui troviamo i coefficienti di sede relativamente all’anno 2012 e possiamo procedere con un calcolo esemplificativo. Ad esempio l’Ambasciatore Italiano in Albania percepisce un’indennità di base lorda mensile pari a 1888,68 euro che va moltiplicata per il coefficiente di sede (5,564), raggiungendo un totale di 10.508 euro mensili lordi. In questo rapporto dell’Oecd si legge che la compensazione per il diverso costo della vita è determinato dal Foreign Office Tedesco e si applica al 60% del salario base. Ricordando che lo stipendio di un Ambasciatore in Germania è pari a 6.635 euro mensili, si deduce che l’indennità percepita è pari a 3.981 euro. L’indennità italiana è quindi superiore del 160% circa rispetto a quella tedesca. Ci teniamo comunque a precisare che anche in Germania vengono fatte distinzioni a seconda del Paese di destinazione, come si può leggere qui. Precisiamo che, basandoci sui dati esistenti, abbiamo fatto un calcolo che rendesse plausibile una comparazione.
Alla luce di quanto visto sopra, Giannino ne azzecca una e ne sbaglia due. Ergo, il giudizio di Pagella Politica non può che essere “Pinocchio andante”.