La Siria torna a calcare le scene di Pagella Politica e lo fa con quello che può essere considerato lo spartiacque tra la politica di appeasement, adottata negli ultimi due anni dalle potenze occidentali, e l’approccio interventista: l’utilizzo delle armi chimiche da parte del regime di Bashar al Assad lo scorso 21 agosto.
Nella dichiarazione in esame, il nostro ministro degli Esteri ci informa che l’utilizzo delle armi chimiche rientra nella fattispecie dei crimini di guerra. Avrà ragione? Di sicuro è dello stesso parere anche il Segretario Generale dell’Onu, Ban Ki Moon che l’ha annunciato di fronte al Consiglio di Sicurezza. Pagella Politica, come di consuetudine, ricerca però delle fonti ancora più obiettive dell’autorevole parere del massimo vertice del Segretariato delle Nazioni Unite.
Innanzitutto, occorre partire con la definizione di crimini di guerra. Premesso che tale concetto da solo riempie intere ore di lezione all’università ed è pertanto difficile da sintetizzare nelle poche righe di una nostra analisi, cominciamo con lo Statuto del Tribunale di Norimberga. Tale statuto fornisce una prima definizione di tre tipologie di delitto per cui il Tribunale aveva giurisprudenza: crimini contro la pace, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. La lettera B dell’articolo 6 è dedicata alla tipologia di nostro interesse.
“Crimini di guerra: vale a dire la violazione delle leggi e degli usi di guerra. Queste violazioni includono, senza esserne limitate, l’assassinio; il maltrattamento o la deportazione per lavori forzati, o per qualsiasi altro scopo, delle popolazioni civili dei territori occupati o che vi si trovano; l’assassinio o il maltrattamento di prigionieri di guerra o di naufraghi; l’esecuzione di ostaggi; il saccheggio di beni pubblici o privati; la distruzione ingiustificata di città e di villaggi, ovvero le devastazioni non giustificate da esigenze d’ordine militare”.
Tale definizione è stata poi estesa dalla Convenzione sull’imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini contro l’umanità (qui il testo in italiano), aperta alla firma il 26 novembre 1968 ed entrata in vigore due anni dopo. Il testo definisce tali crimini ed impegna gli Stati a considerarli imprescrittibili quale che sia la data alla quale sono stati commessi. La Convenzione è stata elaborata a seguito del fatto che, a metà degli anni ’60, alcuni dei criminali tedeschi della Seconda Guerra Mondiale, non ancora catturati, avrebbero potuto tranquillamente evitare la condanna a causa della scadenza dei termini di persecuzione applicabile per i crimini da loro commessi. Che cosa ci dice la Convenzione? Per crimini di guerra si intendono quelli così
“definiti nello Statuto del Tribunale militare internazionale di Norimberga dell’8 agosto 1945 e confermati dalle risoluzioni 3 (I) e 95 dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, in data 13 febbraio 1 e 11 dicembre 1946, in particolare i “reati gravi” elencati nelle Convenzioni di Ginevra 12 agosto 1949 per la protezione delle vittime di guerra”.
Le Convenzioni di Ginevra consistono in quattro trattati adottati nel 1949 (in questa pagina di Wikisource trovate i rispettivi link) che costituiscono la base legale ed il quadro normativo per la condotta della guerra sotto il profilo del diritto internazionale. Tali norme sono universalmente considerate diritto internazionale consuetudinario, applicabile ad ogni situazione di conflitto armato nel mondo. Le prime due Convenzioni sono dedicate al miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle forze armate rispettivamente in campagna e sul mare; la terza convenzione verte invece sul trattamento dei prigionieri di guerra mentre l’ultima dispone sulla protezione delle persone civili in tempo di guerra. E’ in quest’ultima, all’articolo 3, che troviamo un elenco di quei “reati gravi” menzionati nella sopracitata Convenzione dell’Onu; nello specifico vi si legge che sono e rimangono vietate, in ogni tempo e luogo, nei confronti delle persone che non prendono parte alle ostilità:
“le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assassinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi;
la cattura di ostaggi;
gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti;
le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili”.
Per una precisa definizione di crimine di guerra ci rifacciamo, però, allo Statuto della Corte Penale Internazionale, adottato nel 1998 e meglio noto come Statuto di Roma; sottolineiamo che questo non viene considerato diritto internazionale consuetudinario. L’articolo 8 identifica diverse categorie di crimini di guerra; a noi interessa la lettera b) che così definisce anche
“altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all’interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno dei seguenti atti: [paragrafo xviii] utilizzare gas asfissianti, tossici o aItri gas simili e tutti i liquidi, materiali e strumenti analoghi”.
Questo lungo viaggio nei meandri del diritto internazionale non può che portarci alla seguente conclusione: Emma Bonino si merita un “Vero”!