Il calo dell’economia italiana dal 2007 ad oggi è cosa più che nota. Ma siamo davvero messi peggio di tutto il resto d’Europa? Così sostiene Renato Brunetta a distanza di una settimana da un’altra sua simile dichiarazione che Pagella Politica aveva già passato al setaccio. Il capogruppo forzista ci ritenta, sarà stato più fortunato?



Usiamo nuovamente i dati del Fondo Monetario Internazionale, rapportando questa volta il livello del Pil a quello del 2007 e vedendo come se la sono cavati i vari Paesi dell’Unione Europea. Qui trovate i nostri calcoli. Non è propriamente corretto dire che “la maggior parte dei Paesi europei” è ritornata sopra a 100, ovvero il livello del Pil nel 2007. Sono infatti 14 i Paesi il cui Pil è previsto tornare sopra a 100 entro fine anno, precisamente la metà. Tra questi, il primato lo detiene la Polonia, il cui Pil, nei 7 anni dalla crisi, sarà aumento di quasi un quarto. I rimanenti 14 membri dell’Ue a fine anno non avranno ancora recuperato il terreno perso negli scorsi 7 anni. Tra questi, oltre all’Italia, vi sono anche i Paesi Bassi, la Danimarca, la Spagna e la Grecia (trovate la lista completa e i nostri calcoli qui).



Ad aprile l’Fmi prevedeva che il nostro Pil sarebbe stato al 92% del livello 2007 a fine anno – uno scarto di 8 punti e non i 9,5 citati da Brunetta. Nel frattempo però le previsioni sono peggiorate: secondo le previsioni dell’Ocse, infatti, avremo una contrazione della nostra economia pari allo 0,4% del Pil nel 2014. Se i calcoli sono giusti, il Pil italiano a fine anno sarà al 91,1% del livello 2007, poco sopra il 90,5 di cui parla Brunetta.



Se le previsioni per lo Stivale non sono positive rallegriamoci almeno del fatto che l’Italia non detiene il primato negativo in questa infelice classifica, come sostiene invece Brunetta. Se il nostro Pil sarà appena al 91,1% del livello 2007, peggio di noi si troveranno tre Paesi dell’Ue: Cipro (90,4), Croazia (89,4) e Grecia (76,8).



Brunetta sballa i numeri sia relativamente alla quota di Paesi la cui economia è migliorata (o almeno non peggiorata) rispetto al 2007 sia alla posizione dell’Italia tra quelli che invece arrancano: “Nì”.