Le principali organizzazioni che si occupano di questo tema sono Freedom House e Reporters sans frontières.
L’ong francese ha stilato la sua classifica sulla base di sei criteri generali:
1. pluralismo (misura il grado di rappresentazione delle opinioni nello spazio mediatico);
2. indipendenza dei media (misura il grado in cui i mezzi di informazione possono lavorare in modo indipendente dalle autorità);
3. ambiente e autocensura (analizza l’ambiente nel quale i giornalisti lavorano);
4. quadro legislativo (analizza la qualità del quadro legislativo e ne misura l’efficacia);
5. trasparenza (misura la trasparenza di istituzioni e procedure con effetti sulla produzione di notizie e informazioni);
6. infrastrutture (misura la qualità dell’infrastruttura a sostegno della produzione di notizie e informazioni).

Beppe Grillo sbaglia di poco: su un totale di 179 Paesi, infatti, l’Italia si colloca in 57ma posizione. Nonostante il salto in avanti rispetto al 61mo posto del periodo 2011-2012, il nostro rimane un Paese “parzialmente libero”; preoccupano soprattutto la mancata depenalizzazione del reato di diffamazione e il Ddl intercettazioni – la cosiddetta “legge bavaglio” proposta dal quarto governo Berlusconi e all’esame della Camera dal 6 ottobre 2011, dopo l’approvazione al Senato del giugno 2010. La situazione non migliora nemmeno con
Freedom House. Nella classifica 2012 ci posizioniamo, infatti, al 70mo posto su un totale di 197 Paesi. Sottolineiamo che l’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea, oltre ad Ungheria, Bulgaria e Romania, ad essere classificato “parzialmente libero”. Come si può leggere nel
rapporto sul nostro Paese, anche in questo caso veniamo puniti per la questione del reato di diffamazione, per il conflitto di interessi e per la scarsa tutela riservata ai nostri giornalisti (viene citato espressamente il caso di Saviano).
Il leader pentastellato si avvicina di molto alla realtà: Pagella Politica non può che premiarlo con un “Vero” dal sapore particolarmente amaro.