Due numeri secchi per Matteo Renzi che prontamente ci mettiamo a verificare. Avrà ragione il segretario del Partito Democratico?
Per quanto riguarda le rendite finanziarie, l’ “Annuario del contribuente” – capitolo IV “Rendite Finanziarie e Tassazione Beni di Lusso” redatto dall’Agenzia delle Entrate – ci viene in aiuto. Qui ci viene spiegato come, dal primo gennaio 2012, i redditi di capitale (interessi, utili e proventi derivanti dall’impiego di un capitale) e i redditi diversi di natura finanziaria (plusvalenze e altri redditi derivanti da atti di negoziazione) sono tassati ad un’aliquota unica del 20%, in sostituzione alla precedente tassazione che prevedeva una doppia aliquota del 12,5% o del 27%.
Fanno, in realtà, eccezione a questa tassazione i Titoli di Stato, i buoni fruttiferi postali e i piani di risparmio appositamente istituiti, la cui aliquota resta al 12,5%. Tuttavia, trattandosi di strumenti finanziari di natura diversa, Matteo si porta comunque a casa un “Vero” per questa prima parte di dichiarazione (curiosità: segnaliamo che a pag. 8 di questo rapporto si può trovare la tassazione nei vari Paesi dell’Ue, per chi fosse interessato ad una panoramica più completa).
Più complessa la questione delle tasse sul lavoro. Se guardiamo i dati sul cuneo fiscale nei Paesi Ue – ovvero la differenza tra il costo del lavoro e lo stipendio ricevuto – l’Italia si colloca al quinti posto con il 44,5%, dopo Belgio, Ungheria, Francia e Germania. Secondo i dati Ocse, che separano dai contributi sul reddito, i contributi previdenziali di dipendente e datore di lavoro (si veda la tabella sotto), la nostra tassazione sarebbe poco più alta.
Prima parte ineccepibile per Renzi, mentre la seconda viene salvata da un “praticamente” abilmente buttato lì dal segretario: la tassazione è infatti lievemente inferiore al 50%. “Vero” per il sindaco di Firenze.