Sull’onda di quanto accaduto oltralpe, dove il Consiglio Costituzionale francese ha definitivamente ratificato la legge sulle nozze gay, la presidente della Camera, Laura Boldrini, commenta quella che, a suo avviso, risulta essere una grave lacuna nel panorama normativo italiano.


Pagella Politica ha già avuto modo, in diverse occasioni, di intervenire sulla mancanza di una legge contro l’omofobia (si vedano le dichiarazioni di Vendola e di Renzi). In questo caso, però, viene criticato un altro tipo di mancanza, ovvero il non riconoscimento giuridico delle unioni tra coppie omosessuali (gay e lesbiche). Diversamente da quanto tendono a fare i suoi colleghi, Laura Boldrini, sfoggiando una certa sicurezza, cita un dato molto preciso: sarà vero che nell’Unione Europea ben 18 Paesi riconoscono questo tipo di unioni? Senza dubbio l’Unione Europea si è mostrata particolarmente gay friendly: nella risoluzione del Parlamento Europeo sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Ue, oltre alla richiesta – già formulata – di favorire il riconoscimento delle coppie di fatto, eterosessuali od omosessuali esse siano (punto 81), con sollecitudine viene richiesto agli Stati membri di attuare il diritto al matrimonio e all’adozione di minori da parte di persone omosessuali (punto 77). 


Anche per quest’analisi ci facciamo aiutare dalla sezione europea dell’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association. Per ragioni di spazio ci limitiamo a consultare la Rainbow Map, che sintetizza graficamente la situazione giuridica di gay, lesbiche, bisex e transgender nei diversi Paesi europei; invitiamo i lettori particolarmente interessati a queste tematiche a consultare lAnnual Review of the Human Rights Situation of LGTBI People in Europe 2011, oppure la sezione country-by-country del sito dell’ILGA, dove è possibile trovare informazioni specifiche per ogni singolo Stato. 


Come riportato nella Rainbow Map, esistono diverse tipologie di riconoscimento giuridico di queste unioni e la prima fattispecie è, ovviamente, l’istituto del matrimonio. L’apertura di siffatto istituto alle coppie dello stesso sesso è, in tutto il mondo, una delle principali rivendicazioni della militanza omosessuale (si veda a questo proposito la pagina appositamente dedicata al matrimonio omosessuale nel sito dell’Arcigay). Tale richiesta nasce dalla volontà di eliminare le differenze di trattamento fra unioni eterosessuali e unioni omosessuali, sul presupposto che il diritto al matrimonio sia un diritto individuale inalienabile della persona. Ebbene, sono sette i Paesi dell’Unione Europea ad aver esteso l’istituto del matrimonio tradizionale anche alle coppie dello stesso sesso, nell’ordine: Paesi Bassi (2001), Belgio (2003), Spagna (2005), Svezia (2009), Portogallo (2010), Danimarca (2012) e Francia (2013). Precisiamo che i casi di Danimarca e Francia non sono segnati sulla Rainbow Map in quanto successivi al maggio 2012: rispettivamente luglio 2012 per la Danimarca e maggio 2013 (se vogliamo considerare la conferma del Consiglio Costituzionale come data di riferimento) per la Francia. 


Oltre al matrimonio, però, esistono altre tipologie di riconoscimento giuridico che offrono un maggiore o minore spettro di diritti garantiti e che sono sintetizzate con l’espressione “unioni civili”. Finora, nell’Unione Europea, questo tipo di riconoscimento è stato previsto in nove Stati: Austria, Repubblica Ceca, Finlandia, Germania, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Slovenia e Regno Unito.


Se la matematica continua a non essere un’opinione, sono sedici (e non diciotto) i Paesi dell’Ue in cui viene prevista una qualche forma di riconoscimento giuridico. Il numero aumenta se guardiamo oltre i confini dell’Unione; il matrimonio tra coppie dello stesso sesso è consentito, infatti, in Norvegia ed in Islanda, mentre Svizzera, Andorra e Liechtenstein riconoscono le unioni tra coppie omosessuali.


Una lieve imprecisione, quella di Laura Boldrini, che le costa però il primo premio: “C’eri quasi”!