E’ il caso Shalabayeva a dominare la cronaca politica di questi giorni d’estate. In attesa di chiarimenti su cosa sia effettivamente accaduto, il M5S ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Interno Alfano, firmata anche dai deputati di Sel. Prontamente arriva la risposta del capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, che liquida la proposta come aberrante, perché non sarebbe prevista dalla Costituzione. E’ davvero così?
Effettivamente, la Costituzione non menziona in maniera esplicita la possibilità di presentare una mozione di sfiducia individuale. L’articolo 94 si occupa solo della sfiducia nei confronti dell’intero governo: “Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale […] La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.” Per quanto riguarda i ministri, l’articolo 95 si limita a dire che “i ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri“, senza aggiungere altro.
Quindi un singolo ministro non può essere sfiduciato? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro nel tempo. E’ il 1995 quando Filippo Mancuso, ministro di Grazia e Giustizia nel governo Dini, avvia una serie di azioni disciplinari nei confronti del pool di Mani Pulite, sospettato di aver violato alcune norme procedurali nel corso delle indagini su Tangentopoli. A seguito di questa azione i rapporti del ministro con Dini e il Presidente Scalfaro si incrinano tant’è che, dopo il proscioglimento del pool da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, Mancuso viene investito dalle critiche e il Senato approva per la prima volta nella storia della Repubblica una mozione di sfiducia individuale (per la cronaca, votarono a favore i Progressisti, i Popolari, Rifondazione Comunista e la Lega Nord; il Polo uscì dall’aula al momento del voto). Mancuso non ci sta e fa ricorso presso la Corte costituzionale, sostenendo l’inammissibilità della mozione di sfiducia con cui era stato silurato. La Corte, con sentenza n. 7 del 1996, stabilisce che le mozioni di sfiducia inviduali, per quanto non previste in Costituzione, sono ammissibili. La spiegazione si rifa ai lavori preparatori della Costituzione e all’interpretazione “logica-sistematica” dell’articolo 95 citato sopra:
“Il fatto che l’istituto della sfiducia individuale non sia stato tradotto in una espressa previsione non porta a farlo ritenere fuori dal quadro costituzionale. […] Nella forma di governo parlamentare, la relazione tra parlamento e governo si snoda secondo uno schema nel quale là dove esiste indirizzo politico esiste responsabilità, nelle due accennate varianti, e là dove esiste responsabilità non può non esistere rapporto fiduciario. L’indirizzo politico che si colloca al centro di una siffatta articolazione di rapporti è assicurato, dunque, nella sua attuazione, dalla responsabilità collegiale e dalla responsabilità individuale contemplate dall’art. 95 della Costituzione; responsabilità che fanno capo ai soggetti specificamente indicati dall’art. 92 della Costituzione, vale a dire il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, nella duplice veste di componenti del governo e di vertici dei dicasteri. […] la Costituzione – in particolare nell’art. 95, secondo comma – configura una responsabilità politica individuale che non può non avere correlate implicazioni per quanto attiene alle conseguenze.”
Mancuso verrà ricordato come l’unico ministro sfiduciato, ma le mozioni di sfiducia individuale sono state presentate sia prima che dopo il suo arrivo sulla scena politica: la prima risale al 1984, contro l’allora ministro degli Esteri Andreotti, cui fecero seguito mozioni di sfiducia nei confronti di altri ministri democristiani tra la fine degli anni Ottanta e primi anni Novanta. A dare ulteriore legittimità all’istituto, nel 1986 venne fatta una modifica all’articolo 115 del Regolamento della Camera, in cui si si precisava che la disciplina di sfiducia al governo “si applica alle mozioni con le quali si richiedono le dimissioni di un Ministro”. Nell’ultimo decennio, solo per fare qualche esempio, sono state presentate mozioni di sfiducia individuale nei confronti di diversi ministri, da Lunardi alla Fornero, passando per Padoa Schioppa, Brancher e Bondi.
Insomma, è vero come sostiene Brunetta che le mozioni di sfiducia individuali non sono espressamente previste dalla Costituzione. Tuttavia il messaggio di Brunetta è fuorviante, perché in realtà si tratta di una possibilità ritenuta in linea con la Costituzione dai giudici costituzionali, inserita nel Regolamento della Camera e diffusa ormai da decenni nel nostro sistema politico: “Nì” per Brunetta!