Il 24 febbraio, ospite a Che tempo che fa su Rai 1, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha sottolineato l’importanza di realizzare la Tav Torino-Lione, dicendo che l’opera «è parte di un progetto molto più ampio che collega Palermo fino a Kiev». (min. 02:04:45)
Ma è davvero così? Abbiamo verificato.
Che cosa sono i Corridoi europei?
La basi fondamentali della politica comunitaria in tema di reti transeuropee (Tens) nei settori energetici, dei trasporti e delle telecomunicazioni sono delineate nel Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue).
Il Tfue stabilisce infatti che «per consentire ai cittadini dell’Unione, agli operatori economici e alle collettività regionali e locali di beneficiare pienamente dei vantaggi derivanti dall’instaurazione di uno spazio senza frontiere interne, l’Unione concorre alla costituzione e allo sviluppo di reti transeuropee nei settori delle infrastrutture dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia» (art. 170).
In particolare – come spiega un dossier della Camera dei deputati di marzo 2018 – le reti transeuropee per i trasporti (Ten-t) sono pensate per creare un unico spazio, in cui vanno integrate le diverse modalità di trasporto, come quello ferroviario, marittimo e terrestre. In questo ambito, le sfide maggiori ancora da affrontare riguardano «i collegamenti mancanti», come quelli nelle zone transfrontaliere; le cosiddette “strozzature”, che riguardano la «notevole disparità sotto il profilo della qualità e della disponibilità di infrastrutture tra e all’interno degli Stati membri»; l’intermodalità, ossia «la frammentazione dell’infrastruttura dei trasporti tra i diversi modi di trasporto»; e l’interoperabilità, ossia l’integrazione tra i diversi requisiti e norme presenti nei vari Stati membri.
Il 1° gennaio 2014, con due modifiche legislative ai regolamenti europei (Ue n. 1315/2013 e Ue 1316/2013) è entrata in vigore una revisione dei progetti sulle reti transeuropee per i trasporti, che si è posta entro il 2030 l’obiettivo di realizzare una rete centrale, composta da nove corridoi (due Nord-Sud, tre Est-Ovest, quattro diagonali). Gli obiettivi sono una riduzione del 60 per cento delle attuali emissioni di gas serra e l’aumento dell’efficienza dei trasporti.
Oltre alle infrastrutture cosiddette “lineari” (ferroviarie, stradali e fluviali), queste reti sono un insieme di infrastrutture “puntuali” (nodi urbani, porti, interporti e aeroporti) considerate rilevanti a livello comunitario. La rete centrale (chiamata anche core network), spiega il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, «è costituita dai nodi urbani a maggiore densità abitativa, dai nodi intermodali di maggiore rilevanza e dalle relative connessioni».
Che tragitto hanno questi corridoi?
Come abbiamo visto, in totale i corridoi della rete centrale Ten-t sono nove – ognuno con un proprio “coordinatore”, una figura di riferimento che fa capo alla Commissione europea:
• Corridoio Atlantico: collega Lisbona, in Portogallo, con Le Havre, in Francia.
• Corridoio Baltico-Adriatico: collega Gdynia, in Polonia, con i porti italiani di Venezia, Trieste e Ravenna.
• Corridoio Mediterraneo: collega il porto di Algericas, nel sud della Spagna, con Vasarosnameny, al confine tra Ungheria e Ucraina.
• Corridoio Mare del Nord-Baltico: collega il porto di Helsinki, in Finlandia, con quello di Amsterdam, in Olanda.
• Corridoio Mare del Nord-Mediterraneo: collega il porto di Cork, in Irlanda, con quello di Marsiglia, in Francia, passando per la Gran Bretagna.
• Corridoio Oriente-Est Mediterraneo: collega la città di Dresda, in Germania, con Atene, in Grecia.
• Corridoio Reno-Alpi: collega il porto di Genova, in Italia, con Olanda e Belgio.
• Corridoio Reno-Danubio: collega Strasburgo, in Francia, con Bucarest, in Romania.
• Corridoio Scandinavo-Mediterraneo: collega Helsinki, in Finlandia, con i porti di Ancona, Napoli, Bari e Palermo in Italia.
Quindi, sul totale dei nove corridoi transeuropei, quattro interessano il nostro Paese, e in particolare coinvolgono nove “nodi urbani”, 11 aeroporti, 14 porti marittimi e cinque fluviali, e 15 interporti.
Figura 1. I nove Corridoi della rete centrale Ten-t.
Che cosa c’entra la Tav Torino-Lione?
Oggi la Torino-Lione fa parte del cosiddetto Corridoio Mediterraneo – il numero 3 –, che è lungo circa 3 mila km e nasce per collegare il Mediterraneo occidentale con l’Europa centrale.
In un documento pubblicato nel 2016 dal coordinatore della Commissione Ue per il Corridoio Mediterraneo, l’olandese Laurens Jan Brinkhorst, il progetto del nuovo asse ferroviario tra Francia e Italia è chiamato Progetto prioritario n. 6 ed è considerato una «sezione chiave» dell’intero corridoio.
Secondo i promotori della Tav, infatti, l’attuale linea storica che collega Torino e Lione, con il traforo al valico del Frejus a 1.338 metri sul livello del mare, è vista come una «strozzatura», ossia – secondo il Regolamento Ue n.1316/2016 – come «una barriera che compromette la continuità dei flussi su lunghe distanze».
Semplificando: senza la Tav, il rischio è quello di mancare gli obiettivi fissati dall’Ue, che con il Libro bianco dei trasporti del 2011 ha rafforzato l’intenzione di spostare entro il 2050 su rotaia il 50 per cento – il 30 per cento entro il 2030 – di tutte le merci che, trasportate su strada, superano i 300 km di percorrenza.
Secondo i contrari all’opera, la storia degli stessi Corridoi europei dimostrerebbe però come il progetto delle reti transeuropee – così come concepito – sia destinato a fallire.
I progetti, infatti, sono cambiati parecchio negli ultimi anni. Con le Conferenze paneuropee di Creta nel 1994 e di Helsinki nel 1997, si iniziò a parlare per la prima volta dei cosiddetti “corridoi paneuropei”: vie di comunicazione tra l’Europa occidentale e quella orientale pensate per favorire la mobilità di persone e merci, attraverso percorsi stradali, navigabili, aerei e ferroviari.
Uno di questi corridoi – il numero 5 – coinvolgeva l’Italia, e si estendeva da Kiev, in Ucraina, a Lisbona, in Portogallo, includendo l’area della linea Torino-Lione. Ma, negli anni successivi – come abbiamo visto – l’Unione europea e soprattutto i Paesi che avrebbero dovuto promuovere i lavori nei propri territori hanno progressivamente e di fatto abbandonato il progetto o ne hanno rimandato e rallentato all’estremo l’esecuzione – come mostrato da diverse inchieste giornalistiche, anche in Italia.
A che punto siamo?
In concreto, ad oggi – come mostra la mappa interattiva della Commissione europea e le singole pagine tematiche dedicate ai corridoi – nessun corridoio è stato però completato e molte sezioni sono ancora nelle fasi relative agli studi. Discorso analogo vale proprio per il Corridoio Mediterraneo.
Questo tracciato prevede infatti la realizzazione di almeno 25 progetti e nodi di connessione, in cui i lavori di realizzazione nella maggior parte dei casi non sono ancora iniziati. Come indica il sito della Commissione europea, è nella fase di studio il tratto ferroviario Zagabria (Croazia) e Ljubljana (Slovenia), così come la linea ad alta velocità Mestre-Trieste, in fase di progettazione.
Riepilogando: secondo Tajani, la mancata realizzazione della Torino-Lione metterebbe comunque a rischio un progetto più grande, che coinvolge tutto il continente europeo. Una linea di argomentazione sostenuta anche da alcuni commentatori, che pensano che senza Tav a essere avvantaggiati sarebbero Paesi come la Germania – anche se attualmente è già previsto che passino entro i confini tedeschi sei dei nove corridoi.
Quanto ha già investito l’Ue nella Tav?
Il coinvolgimento europeo garantisce che parte dei finanziamenti venga dall’Ue. La sezione transfrontaliera della Tav – quella su cui si stanno concentrando i lavori attuali – ha un costo certificato di 8,6 miliardi di euro (in valuta 2012), o 9,6 miliardi di euro (rivalutazione del Cipe nel 2017, tenendo conto del possibile aumento dell’inflazione). Di questi soldi, il 57,9 per cento è a carico dell’Italia e il 42,1 per cento della Francia. Vanno però considerati i contributi dell’Unione europea, che sono il 50 per cento per gli studi e il 40 per cento per i lavori.
Dal 2000 al 2015, l’Ue ha erogato finanziamenti a fondo perduto per la Torino-Lione per un valore di circa 414 milioni di euro. Tra il 2015 e il 2019, è previsto un finanziamento comunitario per la sezione transfrontaliera di 813,7 milioni di euro: i beneficiari sono sia Francia che Italia, che hanno sottoscritto l’accordo con Inea (Innovation and Networks Executive Agency) della Commissione europea (qui il testo integrale).
Il 19 febbraio, Telt – società promotrice per la realizzazione della sezione transfrontaliera – ha pubblicato un comunicato stampa in cui dice che il consiglio di amministrazione ha deciso «un breve rinvio sulla pubblicazione dei bandi di gara». Telt ha anche aggiunto che «nel corso del consiglio il rappresentante della Commissione Europea ha reso nota una comunicazione ufficiale di Inea che indica come condizione per la conferma dell’intera contribuzione di 813 milioni di euro la tempestiva pubblicazione dei bandi, mentre in caso contrario verrà applicata una riduzione di 300 milioni».
In generale, per l’intera rete transeuropea dei trasporti l’Ue ha previsto uno stanziamento di oltre 24 miliardi di euro, nell’ambito delle azioni del quadro finanziario comunitario dei sette anni tra il 2014 e il 2020.
Il verdetto
Nel dire che la Tav serve per collegare Palermo con l’Europa dell’est, Tajani ha in un certo senso ragione, anche se è leggermente impreciso.
È vero infatti che la Torino-Lione fa parte di un progetto di trasporti più ampio, che comprende nove corridoi europei – il cui completamento è però ancora lontano. Quello Mediterraneo di cui fa parte la Tav è pensato per unire i porti del sud della Spagna con il confine tra Ungheria e Ucraina. Ma non con Kiev, com’era stato progettato il tragitto continentale negli anni Novanta.
Questo corridoio, secondo i progetti europei, si incontrerebbe a Verona con quello Scandinavo-Mediterraneo, che collegherà, appunto, il Sud Italia con il Nord Europa.
In conclusione, Tajani merita un “C’eri quasi”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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