Sicurezza nazionale e problemi di budget: anche di questo eterno dilemma si è discusso all’ultimo Summit Nato in Galles.
Innanzitutto chiariamo di che cosa sta parlando Matteo Renzi. Nel 2006 i Paesi membri della Nato si sono impegnati a invertire l’andamento di riduzione dei bilanci per la difesa e di portarli al livello del 2% del Pil.
Per verificare le parole del Presidente del Consiglio abbiamo consultato la dichiarazione rilasciata a margine del Summit. Ebbene, la prima parte è ineccepibilmente corretta.
“Allies currently meeting the Nato guideline to spend a minimum of 2% of their Gross Domestic Product (Gdp) on defence will aim to continue to do so. Likewise, Allies spending more than 20% of their defence budgets on major equipment, including related Research & Development, will continue to do so.”
[Gli Alleati che attualmente soddisfano l’impegno di investire almeno il 2% del proprio Pil in difesa cercheranno di continuare a rispettare questo impegno. Allo stesso modo, gli Alleati che investono più del 20% del loro bilancio della difesa in equipaggio, e relative attività di ricerca e sviluppo, continueranno a farlo.]
Vediamo se Renzi è stato altrettanto preciso anche nell’ultima parte della dichiarazione. Partiamo dalla Francia. Secondo il database di Sipri, nel 2013 la Francia ha dedicato il 2,2% del proprio budget alla difesa. Essenzialmente corretto, ma stando ai dati rilasciati dalla Nato, Parigi nel 2013 avrebbe investito poco meno del 2% del Pil in difesa. Tale discrepanza è dovuta alla più stringente definizione adottata dall’Alleanza che esclude le spese per forze che non sono strutturate, equipaggiate ed addestrate per supportare le forze istituzionali della difesa.

E l’Italia? Qui, invece, Renzi canna in pieno. Come riportato nel grafico in alto, sia stando a quanto riportato da Sipri che dalla Nato, la percentuale italiana di budget investito in difesa è superiore rispetto all’1% menzionato dal Presidente del Consiglio.
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