Matteo Renzi interviene alla conferenza State of the Union dell’Istituto Universitario Europeo (Eui) e, dal “suo” Palazzo Vecchio mette l’accento sull’instabilità del sistema elettorale italiano. Dato il contesto europeo, il Premier non si trattiene dal fare anche un confronto con il resto del Vecchio Continente. E’ vero che i nostri 63 governi in 70 anni sono un “unicum nella storia continentale”?



L’Italicum e la garanzia di stabilità



Premettiamo che l’Italicum è diventato legge dopo un complicato iter parlamentare conclusosi con la controversa applicazione della fiducia da parte del governo. La legge sarà “majority-assuring” come scrivono al Centro Italiano Studi Elettorali (Cise), dal momento che la lista vincente che otterrà almeno il 40% delle preferenze (o che vincerà al ballottaggio) vedrà garantiti 340 seggi su 630, una comoda maggioranza. Dire che questo “garantirà” la stabilità è forse prematuro, soprattutto perché il Senato sarà governato dal Porcellum finché non verrà approvata la riforma costituzionale, ma è una previsione che non possiamo verificare in una maniera o nell’altra.



63 governi in 69 anni



Il governo Renzi è il 63° governo della Repubblica italiana, istituita nel 2 giugno 1946. La prima parte della dichiarazione del Premier è quindi corretta. Nonostante la pletora di governi che si sono susseguiti, le legislature sono state appena diciassette (escludendo l’Assemblea Costituente) e i Presidenti del Consiglio ventisette.



Nel resto d’Europa?



Il confronto con gli altri 27 membri dell’Unione Europea non è semplicissimo. Escludiamo a priori tutti i Paesi che sono diventati o tornati ad essere democratici solo con la caduta della cortina di ferro nei primi anni ’90, ovvero i membri del Patto di Varsavia (i tre Paesi Baltici, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Romania) oltre ai Paesi Ue già membri della Yugoslavia di Tito (Slovenia e Croazia). Rimangono così sedici altri Paesi da confrontare con il nostro.

Anche tra questi sedici ce ne sono tre che successivamente alla Seconda Guerra Mondiale hanno vissuto periodi segnati dall’assenza di democrazia: Grecia, Portogallo e Spagna. In questi Paesi la democrazia è ritornata solo negli anni ’70, di conseguenza l’orizzonte di riferimento è molto più breve. Per quanto riguarda la Spagna, dal 1977 ha avuto 47 gabinetti ma molti di questi non erano veri e propri cambiamenti di maggioranza, ma piuttosto rimodulazioni, anche modeste, delle compagini ministeriali. Nello stesso periodo la Spagna ha avuto 10 legislature (11 con la Costituente) e 6 primi ministri. La Grecia ha vissuto una difficile guerra civile che ha lasciato in eredità una enorme instabilità politica e una giunta di colonnelli che ha governato il Paese nel periodo 1967-74. Dall’anno in cui si è avuto il ritorno alla democrazia – il 1974 – si sono susseguiti 21 governi. Infine il Portogallo, che si è dimostrato essere un po’ più prolifico di questi altri due Paesi, con 28 governi “costituzionali” dal 1974 in poi oltre all’attuale (prima il Paese era sotto dittatura Salazar e Caetano).

Discorso a parte anche per Cipro (colonia inglese fino al 1960, invasa dalla Turchia e vittima di una tentata unificazione alla Grecia da parte dei colonnelli) e Malta, la cui indipendenza dal Regno Unito è arrivata nel 1964.



Alcuni competitors



Il Paese che si potrebbe definire più affine all’Italia – almeno per quanto riguarda il numero di governi – è la Francia, con 38 governi nella V° Repubblica (nata nel 1959) e 22 nella IV°. Un totale di 60 governi che risulta non così lontano dal record italiano. Tuttavia occorre ricordare che oltre al cambiamento costituzionale avvenuto nel 1959, il ruolo del Presidente della Repubblica rende diversamente “spendibili” i Presidenti del Consiglio, affidando una minore centralità al governo nella continuità dell’esecutivo stesso.

Altro Paese degno di nota è la Finlandia, che conta 44 governi dal 1945 fino a quello di Alex Stubb immediatamente precedente a quello attualmente in corso di formazione.

Persino il Belgio (che ha impiegato 18 mesi per creare un governo nel 2010-11), ha avuto “appena” 37 governi dal 1946.






Stracciati dall’Italia



In Danimarca i governi dal 1945 sono stati 32, quasi la metà di quelli nostrani (si veda qui e qui). Difficile, invece, avere il numero esatto dei governi svedesi nello stesso periodo, ma incrociando i dati sulle coalizioni e sulle elezioni ci risultano 30 governi diversi. Ancora più limitata è l’alternanza in Austria e Olanda (entrambe ferme a 28), in Irlanda con 25 governi (24 dal dodicesimo parlamento nel 1944 a quello precedente all’attuale), Regno Unito (24 governi dalla fine della guerra) e Germania dove appena 8 cancellieri si sono dati il cambio in 21 governi dal 1949 (20 prima dell’attuale). Il Lussemburgo ha avuto 18 governi (oltre all’attuale formatosi nel 2013).



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Verdetto




L’Italia ha effettivamente avuto 63 governi in 69 anni (dal De Gasperi II, primo governo della Repubblica). Determinare l’unicità europea di sì forte alternanza in seno all’esecutivo è complicato da situazioni istituzionali e contesti democratici molto differenti tra loro. Si può però tranquillamente sostenere che, tra i Paesi membri dell’Ue che sono stati ininterrottamente democrazie dal 1945, l’Italia effettivamente svetta per numero di governi avuti. L’unica ad avvicinarvisi è la Francia, la quale ha però un assetto presidenziale che rende meno centrale il governo nella continuità dell’esecutivo. Medaglia di bronzo, con un certo distacco, va alla Finlandia (44 governi). Renzi si guadagna così un “Vero”.