Con i consueti toni a cui ci ha ormai abituato, Beppe Grillo critica l’elezione dell’onorevole Laura Boldrini – meglio nota come presidente della Camera dei Deputati – e del suo partito, Sinistra Ecologia e Libertà; cerchiamo di vederci un po’ più chiaro.



Partiamo con la questione “nomina versus elezione”. Sebbene non venga espressamente specificato, in questo caso, Beppe Grillo fa riferimento al fatto che Laura Boldrini, insieme ad altri 22 colleghi, non è passata attraverso l’iter delle primarie, ed ha ragione. Come viene infatti riportato in questo articolo di Repubblica, ciò è dovuto ad una precisa scelta politica, in quanto, dice testualmente Vendola, “sono nomi che illustrano il senso del nostro progetto politico, un importante pacchetto di mischia che, al di là dei dirigenti di partito, avranno la testa di lista” (nell’articolo trovate l’intero elenco). Ed è altrettanto vero che non è stata personalmente votata. Per capire meglio la questione, è necessario illustrare il funzionamento della legge elettorale che ha regolato le elezioni dello scorso febbraio, ossia la legge 270 del 2005, nota ai più con l’indicativo epiteto di “Porcellum” (così definita dal suo stesso ideatore: video). A chi non è propriamente pratico della giurisprudenza italiana, consigliamo la lettura di questa Guida del Ministero dell’Interno alle Elezioni di Camera e Senato (chi invece volesse ancora più informazioni, può trovarle nel Manuale Elettorale disponibile nel sito della Camera dei Deputati). Ebbene, gli elettori italiani non possono manifestare “voto di preferenza”; la lista di candidati è, infatti, “bloccata”, cioè i nominativi sono presentati in un ordine prestabilito al momento del deposito della lista stessa. Per capire se la presenza in lista si tramuti effettivamente in un seggio parlamentare occorre considerare le cosiddette soglie di sbarramento che determinano quali partiti (e quindi, a monte, quali candidati) entrano in parlamento e quali restano invece fuori.



Prendiamo in esame la Camera dei Deputati. La prima soglia di sbarramento si riferisce ad ogni partito che decida di “correre da solo”, fuori da ogni coalizione. In questo caso, per ottenere dei seggi, tali partiti devono conseguire sul piano nazionale almeno il 4% dei voti. E’ invece più bassa la soglia per i partiti che si coalizzano. Premesso che passano solamente quelle liste che riescano ad ottenere almeno il 10% dei voti, per i partiti all’interno di queste liste la soglia di sbarramento scende al 2%. Va, infine, menzionato il caso del “miglior perdente”; partecipa, infatti, alla ripartizione il primo partito al di sotto di questa soglia all’interno della stessa coalizione. Vediamo ora di capire come questo quadro teorico si sia configurato nelle elezioni dello scorso febbraio. Alla Camera dei Deputati, la coalizione di centrosinistra “Italia. Bene Comune” ha ottenuto circa il 30 percento dei voti (superando quindi la relativa soglia di sbarramento del 10%). Il partito di Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, ha ottenuto il 3,20% dei voti: avesse deciso di presentarsi da solo, quindi, sarebbe effettivamente rimasto fuori dal parlamento in quanto sotto la soglia del 4% (tale sorte, ad esempio, è toccata a Rivoluzione Civile di Ingroia che ha totalizzato solo il 2,25%). Essendo parte di una coalizione, a Sel (e, sottolineiamolo, a tutti i partiti parte di una coalizione che supera il 10% dei voti sul piano nazionale) viene invece applicata la soglia di sbarramento pari al 2%.



Per dovere di cronaca, ci teniamo a gettare un po’ di luce sugli altri partiti della coalizione che, pur attestandosi sotto il 2%, sono riusciti ad ottenere dei seggi: Centro Democratico e Svp. Ebbene, nel caso di Centro Democratico si applica la regola del “miglior perdente”; un po’ più complesso è invece il caso della Svp sudtirolese. Secondo il “Porcellum“, all’interno di una coalizione che superi il 10% dei voti, riesce ad ottenere dei seggi anche quella lista collegata, rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, che abbia avuto almeno il 20% dei voti nella propria circoscrizione. Consultando i dati del Ministero dell’Interno relativi alla circoscrizione Trentino Alto Adige, vediamo che questo è proprio il caso della Svp: 24,21% dei voti espressi.



Tralasciando i toni, e precisando che la scelta di correre come coalizione non è una truffa bensì una possibilità regolamentata dalla legge, la sostanza della dichiarazione è corretta: “Vero”!