In un’intervista a La Repubblica, il capogruppo forzista alla Camera Renato Brunetta riassume i suggerimenti che ha mandato via lettera a Renzi per mettere fine all’Europa “della burocrazia e del rigore”. Tra questi, quello di esigere la riduzione del surplus (commerciale) tedesco.



A chi non piace il surplus tedesco



Innanzitutto, di cosa stiamo parlando? Ci sono due surplus a cui potrebbe riferirsi Brunetta (si veda qui per maggiori dettagli):



  • Il surplus commerciale: esportazioni – importazioni di beni

  • Il surplus delle partite correnti: (esportazioni – importazioni di beni) + (esportazioni – importazioni di servizi) + reddito netto da investimenti.



Qual è il problema se la Germania esporta più di quanto importa? Per molti versi tale sproporzione dovrebbe essere sintomo di un’economia competitiva. La questione è però più complicata dal momento che il Paese fa parte di un’unione economica e monetaria, come fa notare Ben Bernanke, già governatore della Federal Reserve. E infatti la Commissione Europea ha aperto una procedura di squilibrio macroeconomico contro la Germania, includendo il surplus delle partite correnti tra i problemi evidenziati. Lo squilibrio macroeconomico in questo caso viene registrato quando un Paese ha un surplus che supera il 6% (o è inferiore al -4%) in media nei tre anni precedenti.



I dati



Sia che Brunetta intendesse il surplus commerciale sia che si riferisse al surplus di partite correnti il “7 per cento” (del Pil) si tratta di un corretto punto di riferimento. La bilancia commerciale tedesca ha registrato un surplus del 6,9% del Pil nel 2012 e 2013, aumentato al 7,5% nel 2014. Guardando ai dati del Fondo Monetario Internazionale sulle partite correnti tedesche, queste erano in surplus del 7,14% del Pil nel 2012; 6,74% del Pil nel 2013 e 7,45% nel 2014. Il Fondo prevede che questi livelli si mantengano alti nel 2015 e 2016 (così come fa anche l’Ocse).



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Il verdetto



Brunetta cita correttamente il valore del surplus tedesco (commerciale o delle partite correnti) e porta a casa un “Vero”.