Recentemente l’Anci, Associazione Nazionale Comuni Italiani, é scesa a Roma per protestare contro il proseguimento del famoso Patto di Stabilitá Interno, ovvero la famigerata legge 133 del 2008 (art. 77, comma 12) che, con varie modifiche negli anni, ha sottoposto un numero sempre crescente di enti pubblici al rispetto di stringenti vincoli di bilancio. 


Erano presenti tutte le personalitá piú o meno conosciute delle amministrazioni locali: dall’oberato Pizzarotti, sindaco 5 Stelle di una Parma subissata dei debiti della precedente amministrazione, a colleghi meno conosciuti come il sindaco di Sant’Egidio, dalla profonda Val Vibrata in Abruzzo. Tra tutti, peró, spiccano i commenti del sempre piú ringalluzzito sindaco di Firenze, Matteo Renzi, avviato momentaneamente ad una scalata trionfale del Partito Democratico e ad un ruolo di leadership nelle elezioni che si terranno, verosimilmente, a breve. A dire la veritá Renzi ci ha abituato alle piccate, continue critiche verso quello che lui stesso definisce ”Patto di Stupiditá”. Avevamo infatti giá analizzato una sua dichiarazione in merito, limitata esclusivamente alle finanze fiorentine. Adesso che peró il ”rottamatore” ha ambizioni nazionali, ci sembra giusto riportare la lente d’ingrandimento sulle sue affermazioni.


Come funziona innanzitutto il Patto di Stabilitá? Stabilisce dei limiti di spesa determinati secondo il seguente percorso:


1) gli enti interessati calcolano una media della spesa corrente nei tre anni precedenti all’anno attuale;


2) a questa media applicano una percentuale predeterminata, che secondo le ultime modifiche (pag. 8) ammonterebbe per il 2013, per i soli Comuni con piú di 1.000 abitanti, al 15,6%;


3) il risultato della moltiplicazione equivale al saldo obiettivo, ovvero al saldo minimo che gli enti interessati devono conseguire all’interno dei bilanci di previsione (le previsioni di entrata e di spesa relative all’esercizio di riferimento). A questo saldo possono essere detratti i tagli dei trasferimenti dallo Stato centrale, qualora questi avvenissero. Il conseguimento dell’obiettivo puó essere messo in atto tramite riduzione di spese correnti come spese in conto capitale, a totale discrezione delle autoritá amministrative.


Ebbene, nel corso degli ultimi anni in cui é stato applicato il Patto di Stabilitá le amministrazioni pubbliche hanno privilegiato il taglio indiscriminato degli investimenti (-32% dal 2004 al 2010), sospendendo i pagamenti alle imprese appaltatrici, contro addirittura un aumento delle spese correnti (+5% nello stesso periodo), almeno secondo uno studio effettuato dall’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili – pag. 8). E’ proprio per far fronte ad uno scenario dai connotati sempre piú allarmanti – all’interno del quale migliaia di imprese vivono il dramma del congelamento dei pagamenti o l’improvvisa carestia di appalti pubblici – che l’Anci e l’Ance hanno recentemente proposto al governo un piano di sblocco di 9 miliardi di euro (pag. 8) in favore dell’avvio di opere infrastrutturali per rilanciare l’economia.


I 9 miliardi di euro di cui parla Renzi, infatti, sono parte integrante dei circa 13,3 miliardi di giacenze di cassa che i Comuni, vincolati dal Patto di Stabilitá, non possono spendere e che sono via via andati accumulandosi nel corso degli anni. La stima, effettuata dalla stessa Ance all’interno del documento ”Ritardi Pagamenti della Pubblica Amministrazione” (ultima pagina) comprende infatti 4,7 miliardi di euro in pagamenti ritardati per opere giá compiute da imprese appaltatrici, piú una somma aggiuntiva di 8,6 miliardi di euro, corrispondenti alla cifra necessaria per ”nuovi lavori pubblici… Per i quali gli enti dispongono di risorse ma che non possono essere avviati a causa del Patto di Stabilitá Interno”. Sono proprio queste le risorse nel mirino delle due associazioni protagoniste della protesta, le quali intendono controbilanciare lo sblocco ricorrendo a maggiori risparmi sulle spese correnti. Tra l’altro, proprio come dice il sindaco di Firenze, tale cifra rappresenta, su un Pil stimato per il 2012 a 1.395 miliardi di euro, proprio lo 0,6% del totale. Insomma, una somma sicuramente ragguardevole.


Per quanto riguarda i 20.000 cantieri ”bloccati”, come dice Renzi, purtroppo non siamo riusciti a trovare delle stime che confermassero la cifra. Sembra, infatti, che si tratti di un’approssimazione abbastanza imprecisa, senza supporto di studi disponibili al pubblico, tant’é che é un comunicato della stessa associazione dei Comuni italiani, citata da Renzi come fonte, a comunicare che ”si parla” di 20.000 cantieri bloccati in tutta Italia, senza fornire ulteriori dettagli. 


Detto ció, Renzi sembra essere padrone dei dati ed esperto della situazione attuale; perde il vero unicamente per la natura traballante della cifra sui cantieri, ma riteniamo che un ”C’eri quasi” non possa proprio levarglielo nessuno.