Botta e risposta tra i due candidati alla poltrona di sindaco di Roma: il sindaco uscente della capitale, Gianni Alemanno, risponde al candidato sindaco del Pd, Ignazio Marino, sulla paternità berlusconiana dell’Imu.


L’esponente del Pdl fa una precisazione doverosa: l’Imu è stata sì introdotta da Berlusconi, ma nella sua versione originaria non avrebbe dovuto colpire le prime case, eccezione poi rimossa dal governo tecnico guidato da Monti. L’Imu è stata, infatti, presentata dal governo Berlusconi con il d. lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 (articoli 7, 8 e 9), che ne stabiliva l’entrata in vigore a partire dal 2014. Così come era stata prevista dal leader del Pdl, tale imposta avrebbe sostituito l’Ici (Imposta Comunale sugli Immobili), entrata in vigore con il governo Amato, ma avrebbe mantenuto le caratteristiche care all’elettorato del Pdl: il presupposto dell’imposta non comprendeva, infatti, l’abitazione principale (art. 8, comma 2°, d. lgs. 23/2011), come aveva promesso lo stesso Berlusconi nel 2006 e come era stato poi effettivamente deciso con il decreto legge 93/2008 (articolo 1, comma 1: “A decorrere dall’anno 2008 è esclusa dall’imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo”). Come già anticipato, il governo Monti che ne ha dato attuazione, ne ha anche cambiato significativamente la natura, anticipandone l’entrata in vigore, applicandola alle prime case e rivedendo le rendite catastali (vedere il decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, “recante disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” poi convertito nella legge n. 214 del 22 dicembre 2011, art. 13, comma 1 e 2). Inoltre, per il primo anno di applicazione, il gettito non è stato riservato esclusivamente ai Comuni. 


Alemanno ha ragione e di conseguenza non può che portare a casa un “Vero”.


P.S.: Pagella Politica ha già avuto modo di verificare dichiarazioni simili di Monti e Bersani.