Ospite alla trasmissione Servizio Pubblico, la neo-eletta leader di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale sostiene le posizioni del suo movimento citando studi di istituti, a suo dire, “autorevoli” in materia.



Come tutti ben sanno, FdI-An sostiene l’uscita dell’Italia dall’euro ed un ritorno alla lira se non venissero ridiscusse le condizioni dell’attuale Patto di Stabilità, ritenuto troppo favorevole alla Germania ed eccessivamente punitivo nei confronti della nostra economia. Tale posizione è stata inoltre sancita dalle Primarie tenute dal movimento il 22 e 23 febbraio del 2014, con il 72% dei voti a favore.



Vediamo innanzitutto il primo studio citato dalla Meloni, che riteniamo essere “Game theory and euro breakup risk premium”, rapporto pubblicato dalla banca americana nel luglio del 2012. Lo studio, pubblicato all’apice della crisi del debito sovrano europeo, riteneva all’epoca quanto fosse improbabile che i Paesi membri della zona euro raggiungessero un consenso unanime sull’introduzione degli Eurobond e sul raggiungimento di un’unione fiscale. In aggiunta, forniva un’analisi costi-benefici sulla permanenza di certi Paesi all’interno della zona euro, utilizzando come metodologia di analisi il famoso “Dilemma del Prigioniero”.



La teoria di fondo è che i Paesi membri sono incentivati alla non-cooperazione (rifiuto del programma di austerity e di riforme importanti da parte della Grecia, rifiuto di Eurobond da parte della Germania), sostenendo infine che, essendo la disponibilità tedesca a concedere sulla condivisione dei debiti sovrani legata alla rinuncia dei Paesi membri della propria autonomia in politica fiscale, ed essendo quest’ultima lontana dal divenire realtà, la zona euro è a forte rischio di rottura a meno che non si indebolisca come valuta.



Infine, lo studio comunica come l’Italia sia tra i Paesi che potrebbero maggiormente beneficiare da un’uscita ordinata dall’euro:



“Even though much of the market focus on exit risk has been on Greece, Italy and Ireland have the highest relative incentive to voluntarily exit the euro, by our analysis. In the case of Italy, it faces a relatively higher chance of achieving an orderly exit and it stands to benefit significantly from competitive gains, growth gains and even balance sheet gains.”



Ora, di tempo ne è passato da quel luglio del 2012. Nei mesi successivi tutti gli Stati membri che avevano ratificato il Fiscal Compact nel marzo di quell’anno hanno proceduto a farlo approvare dai rispettivi parlamenti per permetterne l’entrata in vigore il primo gennaio del 2013. Per quel che riguarda l’introduzione degli eurobond, recenti sviluppi annunciati dalla stampa tedesca fanno credere che ci siano delle aperture addirittura dalla Merkel, nonostante entrambi i principali candidati alla Commissione Europea abbiano espresso, in una intervista alla Spiegel, il loro scetticismo circa la loro rapida introduzione.



Insomma, si vedrà. Fatto sta però che il rapport della Merrill Lynch esiste e dice sostanzialmente quello che sostiene la Meloni (in toni meno catastrofici sul destino della moneta unica). Per quanto riguarda lo studio di Mediobanca, intense ricerche non hanno prodotto risultati. Riteniamo che la Meloni si stesse riferendo ad un articolo pubblicato l’11 marzo scorso da Libero Quotidiano, in cui il giornalista Mario Giordano afferma di aver avuto accesso ad uno studio di 122 pagine rimasto fino ad oggi riservato, che sembrerebbe affermare, a sua dire: “…Che il sistema sta per esplodere e che il nostro Paese sarà costretto a uscire dall’euro”.



Tirando le somme, Per uno studio esistente (e abbastanza ben interpretato, anche se decisamente po’ vecchiotto) ne troviamo invece un altro riportato dai quotidiani ma non disponibile pubblicamente. Non proprio delle fonti aggiornatissime ed attendibili. “Nì”.