Pochi giorni fa il leader della Lega Nord ha riportato su Facebook un fatto di cronaca avvenuto il giorno stesso alla periferia di Milano, commentando che la pena carceraria «non basta» e che per casi di violenza sessuale come quello citato bisognerebbe introdurre, tra le pene, la castrazione chimica «come in altri Paesi europei».
Siamo andati a controllare se davvero ci sono Paesi in Europa che prevedono la castrazione chimica. In effetti la risposta è sì: alcuni l’hanno introdotta come obbligatoria proprio negli ultimi anni – una rilevante e discussa novità legale nel contesto europeo. Bisogna però fare alcune precisazioni a proposito dei modi e dei casi in cui questa viene effettuata.
Che cos’è la castrazione chimica
La castrazione chimica è un procedimento tramite cui viene ridotto drasticamente il desiderio sessuale di una persona per via farmacologica, solitamente con iniezioni periodiche di ormoni che abbassano i livelli di testosterone. Generalmente si tratta di una procedura reversibile.
Nel corso del XX secolo, la castrazione chimica è stata utilizzata in molti Paesi: il caso più celebre è probabilmente quello di Alan Turing, lo scienziato britannico che nel 1952 accettò di sottoporsi a un trattamento a base di estrogeni come alternativa alla pena detentiva. Turing era stato condannato nel marzo di quell’anno perché aveva una relazione omosessuale, perseguibile penalmente nel Regno Unito in base a una legge del 1885. I pesanti effetti del trattamento sarebbero stati decisivi nel causare la morte di Turing nel 1954, considerata da alcuni un suicidio.
La castrazione chimica si è progressivamente sostituita, a partire dagli anni Sessanta, alla ben più invasiva – e irreversibile – castrazione fisica o chirurgica, di cui era l’alternativa. Ci sono solo due Paesi europei – Repubblica Ceca e Germania – in cui si è fatto ricorso alla castrazione chirurgica in anni recenti. In particolare, un rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa ha stabilito nel 2008 che in Repubblica Ceca almeno 50 persone condannate per reati sessuali sono state sottoposte a castrazione chirurgica tra il 2001 e il 2006.
L’altro Paese europeo è la Germania, per la quale il Cpt ha registrato un numero di casi intorno alla decina tra il 2000 e il 2013. La Germania, come la Repubblica Ceca, è stata invitata dal Cpt a interrompere la pratica. In entrambi i Paesi l’operazione avviene con il consenso della persona condannata e dopo un esame del caso da parte di un gruppo di esperti. Il Cpt ha però sottolineato che in alcuni casi avvenuti in Repubblica Ceca il consenso degli interessati non era facilmente accertabile, visto che si trattava di individui con deficit mentali o alcolizzati.
In quali Paesi se ne fa uso
Tornando alla castrazione chimica, ci sono parecchi Paesi europei che la prevedono come condizione a cui un condannato può dare il suo assenso per avere accesso alla libertà vigilata, ridurre il proprio periodo di incarcerazione o diminuire il rischio di recidiva. Uno studio statunitense del 2013 pubblicato sul Journal of Bioethical Inquiry chiarisce che «l’approccio dominante in Europa è quello di offrire la castrazione chimica come un intervento formalmente opzionale».
L’International Handbook of Penology and Criminal Justice (CRC Press, 2007) riassume così la situazione (a pag. 141):
«Parecchie nazioni europee permettono l’uso della castrazione chimica per controllare la devianza sessuale, anche se ci sono importanti limitazioni alla pratica. Per esempio, Svezia, Finlandia e Germania hanno limitazioni in base all’età minima [del condannato], che vanno dai 20 ai 25 anni. L’uso della castrazione chimica non è necessariamente per punire o controllare i colpevoli di reati sessuali di per sé. Piuttosto, la Finlandia permette la procedura solo se allevierà l’angoscia mentale del soggetto riguardo i suoi impulsi sessuali, mentre Danimarca, Germania e Norvegia permettono la castrazione se si può dimostrare che il soggetto potrebbe essere costretto a commettere crimini sessuali a causa di istinti sessuali incontrollabili. La Svezia permette la castrazione chimica nel caso in cui il soggetto ponga una minaccia per la società, e la pratica è strettamente volontaria, con l’obbligo che il soggetto sia pienamente informato di tutti i possibili effetti collaterali».
Alla lista di chi permette la castrazione chimica, con condizioni simili a quelle dei Paesi già citati, vanno aggiunti la Francia e il Belgio. Nel Regno Unito è in corso un programma pilota diretto ai detenuti per pedofilia. In Italia, invece, non viene fatto uso di questo strumento farmacologico.
Una svolta recente
Negli ultimi anni alcuni Paesi, principalmente nell’Europa orientale, hanno introdotto leggi che adottano un approccio differente, imponendo la castrazione chimica ad alcuni condannati per reati sessuali, ossia facendola diventare una sorta di pena e non un’opzione possibile.
Il già citato studio del 2013 ricorda un provvedimento approvato nel 2009 in Polonia, che impone la procedura farmacologica per alcuni condannati alla fine della loro pena detentiva. Gli autori dello studio sembrano implicare – come questo editoriale del Guardian e più chiaramente l’Economist – che si tratti del primo caso in cui la castrazione chimica è stata resa obbligatoria in Europa.
Lo studio statunitense dice che «alcuni condannati per reati sessuali possono essere obbligati dal tribunale, dopo un consulto psichiatrico, a sottoporsi a castrazioni chimica dopo il rilascio». Le agenzie di stampa internazionali precisarono, al momento dell’introduzione della legge, che essa riguarda i colpevoli di stupro verso minori di 15 anni e parenti stretti (la legge è arrivata sull’onda di diversi casi di cronaca molto discussi in Polonia).
Altri Paesi hanno seguito di recente l’esempio della Polonia. Alla fine del 2011, la Russia ha introdotto la castrazione chimica obbligatoria come pena che un tribunale può comminare ai condannati di reati sessuali contro minori di 14 anni, sentito il parere di uno psichiatra forense. Nel 2012 lo ha fatto la Moldavia, imponendo la castrazione chimica per i colpevoli di stupro verso minori di quindici anni, ma pochi mesi dopo, a luglio 2013, la corte costituzionale del Paese ha bocciato la misura. A febbraio del 2014 la castrazione chimica per i pedofili recidivi è stata approvata dal parlamento della Macedonia.
Il verdetto
Se interpretiamo la frase di Salvini come un invito a inserire nell’ordinamento italiano la castrazione chimica obbligatoria per i colpevoli di violenza sessuale, questa misura non esiste in alcun Paese europeo. Infatti, anche dove è prevista, interessa soltanto un particolare gruppo di condannati e non tutti i colpevoli di reati sessuali.
Un piccolo numero di Paesi (Polonia, Russia e Macedonia) ha posto negli ultimi anni la castrazione chimica tra le pene possibili da comminare ai condannati per pedofilia. La grande maggioranza dei Paesi europei che la prevedono (Svezia, Finlandia, Germania, Danimarca, Norvegia, Belgio, Francia) ne fanno un uso limitato, opzionale e subordinato al consenso del condannato.
In definitiva, la dichiarazione di Salvini, secondo cui «in altri Paesi europei» è prevista la pena della castrazione chimica per lo stupro, è falsa, ma in alcuni Paesi rientra nelle misure possibili, anche se subordinata a molte condizioni. Per noi è un “Pinocchio andante”.