Il ministro degli Esteri ha sostanzialmente ragione: la crisi libica avrebbe potuto rappresentare un ottimo testing ground per l’intervento dell’Unione Europea, attraverso lo strumento diplomatico del Servizio Europeo per l’Azione Esterna, entrato in funzione nel 2010 dopo l’approvazione del Trattato di Lisbona e attualmente guidato dall’inglese Catherine Ashton. 


La Libia è sempre stata, infatti, uno dei Paesi africani più vicini all’Ue, sotto tutti i punti di vista: geografico, socio-politico, ma anche e soprattutto finanziario, commerciale ed energetico, specialmente per un Paese come l’Italia, con cui ha da sempre intrattenuto rapporti molto intensi, anche conflittuali.


Il quadro di riferimento avrebbe dovuto, in linea di principio, indurre l’Ue, e non i singoli stati membri, a mobilitare le sue migliori risorse politiche e diplomatiche fin dalle prime fasi della rivolta che ha rovesciato il regime di Gheddafi. Attraverso i meccanismi della Politica di Sicurezza e di Difesa Comune, Bruxelles avrebbe potuto assicurare, inoltre, un contributo operativo tempestivo e considerevole all’attuazione delle risoluzioni Onu 1970 e 1973 del febbraio e marzo 2011. La prima condannava l’uso della forza da parte del regime libico contro le forze ribelli, imponendo una serie di sanzioni economiche, mentre la seconda invocava un cessate il fuoco immediato e autorizzava la comunità internazionale a istituire una no-fly zone e ad utilizzare tutti i mezzi necessari per la protezione dei civili (aprendo la strada al successivo intervento della Nato).


La risposta dell’Europa unita si è invece rivelata debole, tardiva e frammentata: gli Stati membri, infatti, hanno deciso di procedere in ordine sparso, facendosi guidare dalle esigenze più disparate: la politica interna nel caso di Francia e Germania (la quale, in occasione della risoluzione 1973, si era persino astenuta), il legame transatlantico nel caso della Gran Bretagna o l’indecisione nel caso dell’Italia (senza voler tirare in ballo l’amicizia vera o presunta tra Berlusconi e Gheddafi). L’Unione Europea, quindi, ne è uscita sconfitta, anche a causa di un atteggiamento troppo cauto dei suoi vertici istituzionali, che non hanno voluto, o politicamente potuto, far valere le competenze loro attribuite dai trattati. 


Speriamo solo che non serva un’altra guerra alle porte dell’Europa per mettere davvero alla prova la compattezza dell’Ue in materia di politica estera. Ciò non toglie che Terzi si meriti un bel “Vero”!