Alfano entra nella discussione riaperta dall’attuale ministro dell’Integrazione Kyenge, e Pagella Politica, che già aveva affrontato l’argomento, ritorna a fare fact checking sul tanto dibattuto tema dello ius soli.


Secondo la definizione del Ministero dell’Interno, lo ius soli si riferisce all’acquisizione della cittadinanza come risultato della nascita sul territorio di uno Stato, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Questo sistema di acquisizione del diritto di cittadinanza si contrappone allo ius sanguinis, in cui il figlio acquisisce la cittadinanza posseduta dai genitori.


In Italia, in base alle legge 91 del 1992, vige il principio dello ius sanguinis. L’acquisizione automatica della cittadinanza è limitata solo ai figli di ignoti o apolidi, ossia se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.


In base all’articolo 4, comma 2 della stessa legge, un bambino nato in Italia da genitori immigrati può chiedere la cittadinanza al compimento dei 18 anni, purchè abbia risieduto legalmente, e senza interruzioni, nel nostro Paese.  Se queste condizioni sono rispettate esiste una finestra di tempo di un anno in cui il diciottenne può chiedere la cittadinanza. Questo tipo di provvedimento viene anche chiamato “naturalizzazione agevolata” e può essere considerato una forma “molto light” di ius soli (da 1 a 7, nei diversi tipi di ius soli – con 1 pari alla forma più debole – la naturalizzazione agevolata è pari a 3).


Dunque, quanto affermato da Alfano è parzialmente corretto: quello che lui descrive come ius soli in realtà è una naturalizzazione agevolata. “C’eri quasi”!